La mano tagliata

La mano tagliata

Giuseppe Pastore
Protocollato il 21 Ottobre 2011 da Giuseppe Pastore con
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Chi bazzica il bancone del Thriller Café da un po’ sa che l’agente speciale Aloysius Pendergast non è tipo da lasciar correre. Quando si tratta della morte di sua moglie Helen, la questione non è mai stata archiviata: è un dolore che ha covato sotto la pelle per dodici anni, fino a trasformarsi in puro fuoco vendicativo.

Eppure, in “La mano tagliata“, la vendetta che dovrebbe saziare si trasforma in un nuovo, inquietante enigma.

La storia riparte dove “L’isola della follia” ci aveva lasciati con il fiato sospeso, ma stavolta la pista porta Pendergast tra le brughiere scozzesi, i bassifondi di New York, e ancora una volta nelle paludi della Louisiana. Solo che stavolta non sta inseguendo solo dei nemici. Sta inseguendo una verità troppo grande da contenere: e se Helen avesse contribuito alla propria morte?

Sì, perché il passato della donna che credeva di conoscere comincia a sgretolarsi tra file polverose, nazisti fuggitivi, e un complotto occulto che affonda le radici nel secondo dopoguerra. Quello che era un dolore personale si espande, muta forma, e diventa una cospirazione globale dai contorni quasi esoterici.

Per chi conosce la serie di Pendergast, siamo ormai lontani dal personaggio iniziale, quello scienziato, etnografo e osservatore spietato del comportamento umano. Qui il nostro Aloysius veste più i panni di un vendicatore da spy-thriller internazionale, con inseguimenti, sparatorie, colpi di scena e acrobazie al limite del verosimile. Ma è un cambio di tono voluto, e in parte riuscito.

La scrittura resta tesa, precisa, scenografica, come sempre nel duo Preston & Child. I dialoghi sono brillanti, e certi momenti – come il risveglio “miracoloso” di Pendergast o l’intervento provvidenziale di Corrie Swanson – valgono da soli il prezzo del biglietto.

Detto questo, anticipiamo che – come in ogni buon secondo atto – si avverte una certa aria di “transizione”: tante domande e poche risposte, con la storia che rischia di perdersi tra culti segreti, retroscena storici da brividi e rivelazioni scioccanti. Ritroviamo però con piacere Corrie Swanson, la punk intelligente già vista in “Natura morta“, e la sempre enigmatica Constance Greene. Entrambe aggiungono colore, umanità, e un pizzico di imprevedibilità al mondo sempre più oscuro del nostro agente.

Chiudo consigliando di leggere questo romanzo dopo aver letto il precedente, primo capitolo della Trilogia di Helen.

Intanto aspettiamo la prossima tappa, già sapendo che una volta attraversato questo ponte, non si torna indietro.

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