La stanza degli orrori – Douglas Preston e Lincoln Child

La stanza degli orrori – Douglas Preston e Lincoln Child

Giuseppe Pastore
Protocollato il 20 Novembre 2008 da Giuseppe Pastore con
Giuseppe Pastore ha scritto 1254 articoli
Archiviato in: Recensioni libri ed Etichettato con: , ,

Torna la coppia Preston-Child qui al Thriller Cafè, e con loro l’agente Pendergast, messo a dura prova da un assassino che emula le gesta del serial killer Enoch Leng, soprannominato l’Imbalsamatore.

Il titolo può trarre in inganno: non si tratta di una stanza, ma di una fossa comune ritrovata sotto un cantiere di Manhattan. Al suo interno, 36 cadaveri smembrati, risalenti a più di un secolo prima. Uno di loro porta un messaggio cucito con il filo della disperazione: nome e indirizzo scritti con il proprio sangue. Voleva essere ritrovata. Voleva essere riconosciuta.

Un dettaglio così potente da gelare il sangue anche al lettore più esperto.

E come in ogni buon thriller newyorkese, dove c’è una scoperta macabra, non può mancare Aloysius Pendergast, l’enigmatico agente dell’FBI con il guardaroba di un becchino e il cervello di un’enciclopedia. Nonostante sia ufficialmente assegnato alla sede di New Orleans, l’istinto lo guida a indagare. Perché questa non è solo una scoperta archeologica. È un omicidio multiplo. Anzi, una lunga serie.

Alla fossa dimenticata si somma un nuovo incubo: un serial killer attivo nel presente, che sembra emulare l’antico macellaio ottocentesco. Le vittime sono diverse, ma tutte mutilate nello stesso modo. È solo un imitatore? O c’è un filo invisibile che lega le morti di ieri e di oggi?

Accanto a Pendergast troviamo Nora Kelly, archeologa del Museo di Storia Naturale, e il giornalista Smithback, tanto indisponente quanto necessario. La squadra si addentra tra lettere dimenticate, formule alchemiche, segreti di famiglia e scienza deviata, fino a scoprire che dietro tutto potrebbe esserci una ossessione: l’immortalità.

Dopo le apparizioni in “Relic” e “Reliquary“, Pendergast in questo romanzo non è più una presenza laterale ma il protagonista assoluto. Intelligente, spiazzante, inquietante nel suo aplomb vittoriano, è un detective fuori dal tempo, capace di citare Plutarco mentre spara a un assassino. Una figura indimenticabile, degna di un posto accanto a Sherlock Holmes e Hannibal Lecter (senza le abitudini gastronomiche del secondo, fortunatamente).

La stanza degli orrori” è il punto di svolta della saga di Pendergast: più gotico, più profondo, più avvincente. Un thriller storico-scientifico che mescola l’orrore alla curiosità, la logica alla follia, l’investigazione al misticismo. Un libro che ti fa chiedere: fino a dove può spingersi l’uomo pur di non morire?

Con una trama densa, personaggi tridimensionali e una scrittura che alterna alta tensione e raffinatezza, Preston & Child confezionano uno dei capitoli migliori della serie, ricco di colpi di scena e momenti memorabili.

Incipit

(dalla traduzione di Andrea Carlo Cappi per l’edizione Sonzogno)

Pee-Wee Boxer si guardò intorno nel cantiere, disgustato. Il capo era uno stronzo, gli operai un branco di falliti. E, peggio di tutti, il coglione alla guida del Cat non sapeva nemmeno come cominciare a manovrare uno scavatore idraulico. Forse c’erano di mezzo i sindacati, forse era amico di qualcuno. In ogni caso, da come guidava il macchinario sembrava che quello fosse il suo primo giorno al Queens Vo-Tech. Boxer rimase fermo a guardare, le robuste braccia incrociate, mentre lo scavatore addentava il cumulo di mattoni del vecchio edificio. La pala si piegò, si fermò all’improvviso tra uno di stantuffi e ripartì, oscillando. Cristo, ma dove trovavano quei buffoni?
Sentì uno scalpiccio alle proprie spalle e si voltò verso il capocantiere, che gli si stava avvicinando, il volto coperto di strato di polvere e sudore. “Boxer! Hai comprato i biglietti per lo spettacolo, o che?”
I muscoli si tesero sulle braccia massicce. Boxer finse di non sentire. Era l’unico in tutto il cantiere a intendersene di costruzioni ed era per questo che gli altri ce l’avevano con lui. A lui non importava. Preferiva stare da solo.
Sentì lo scavatore vibrare mentre attaccava il solido, vecchio muro di pietra. Stavano venendo alla luce gli strati inferiori di edifici precedenti, messi a nudo come una ferita aperta: di sopra asfalto e cemento, di sotto mattoni, pietrisco, altri mattoni. E ancora sotto, terra. Occorreva scavare in profondità, se si voleva che le fondazioni del grattacielo si piantassero bene nel suolo. Boxer guardò oltre la recinzioni: fuori dal cantieri, le tipiche case in arenaria del Lower East Side se ne stavano rigidamente in fila sotto la luce brillante del pomeriggio. Alcune erano state ristrutturate da poco, altre lo sarebbero state presto, trasformando l’area in una zona residenziali di lusso.