La casa delle spie di Daniel SilvaCon una puntualità, una precisione e una capacità di preveggenza che sembra ormai magica, Daniel Silva torna a colpire nelle librerie italiane con La casa delle spie.
Pubblicato in lingua originale nel 2017 con il titolo di House of Spies, La casa delle spie giunge ora anche a noi grazie ad HarperCollins Italia, con la traduzione di Giovanni Zucca.

La casa delle spie è il diciassettesimo volume della serie dedicata al “James Bond israeliano” Gabriel Allon: restauratore d’arte, killer, agente segreto e ora, finalmente, a capo del Mossad.
Il ciclo è iniziato nel 2000 con The Kill Artist (Il restauratore, 2001) e il romanzo che precede La casa delle spie è The Black Widow, del 2016, da noi arrivato nel 2017 come La vedova nera.

In un certo senso, a fronte di una produzione stupefacente per ritmo e qualità, diventa sempre più difficile recensire Daniel Silva. “Difficile” nel senso buono, perché lo scrittore statunitense ti obbliga continuamente a trovare modi nuovi e diversi per cercare di spiegare quanto sia bravo e come, grazie a uno degli stili più eleganti in circolazione, continua a tenerci incollati alla pagina.
Torneremo a parlare dei meriti di quest’autore dopo avervi esposto per sommi capi la trama de La casa delle spie.

Dopo aver seminato morti, terrore e distruzione a Washington, l’apparentemente inarrestabile Saladino, oltre ad aver compreso la reale identità di Natalie, è già pronto per tornare a colpire. Questa volta l’obbiettivo è il West End di Londra, devastato in apertura di romanzo da un attacco tanto feroce, spietato e crudele quanto brillante e pianificato con una cura per i dettagli quasi maniacale.

E in quel “quasi” si annida la possibile debolezza del terrorista dell’Isis, che ha trascurato un minimo particolare che potrebbe portarlo alla rovina.
Gabriel Allon, nel frattempo, ha raggiunto il culmine della sua carriera ed è a capo del Mossad, ma è in grado di continuare a dare la caccia a Saladino grazie anche al fatto che Uzi Navot, un tempo suo acerrimo rivale per la conquista di quella posizione, collabora con lui e lo aiuta a sbrigare vari incarichi “da ufficio”.

Allon si trova quindi a capo di una task force internazionale formata da agenti di vari Paesi e, in modo brillante, trova il modo per arrivare a quello che ormai non è più solo il nemico pubblico numero uno ma anche una sua nemesi con la quale deve saldare anche dei conti privati.

Jean-Luc Martel, narcotrafficante francese enormemente ricco e la sua compagna, Olivia Watson, stella della moda inglese, sono il possibile collegamento con Saladino, che proprio grazie al commercio di stupefacenti può accedere alle ricchezze necessarie per attuare i suoi piani.

Piani che questa volta comprendono l’impiego di una dirty bomb con materiale radioattivo, piani che occorre assolutamente fermare, a ogni costo…

Daniel Silva comincia, in senso buono, a far paura. La sua comprensione dello scacchiere mondiale e di come opera il terrorismo contemporaneo, che sicuramente gli deriva dal passato di giornalista, lo mette due passi avanti a moltissimi altri autori di spy story.

Sempre più spesso, lo scrittore nato a Detroit si rivela Cassandra, con gli avvenimenti del mondo reale che imitano quanto da lui scritto poco tempo prima: non possiamo far altro che sperare che ne La casa delle spie Silva finalmente si stia sbagliando di grosso, perché l’alternativa sarebbe troppo terribile e letteralmente insopportabile.

Gli elementi che continuano a far tornare i lettori alla serie di Gabriel Allon sono tutti presenti anche in questo nuovo romanzo, in primo piano il vasto “cast” di personaggi ricorrenti, dal passato complicato e intricato e dal presente spesso cangiante.

Questo è, volendo cercare almeno un difetto per amor di equilibrio nel recensire, anche il punto debole di Silva, che da un lato forza il lettore novellino a una grossa mole di informazioni e a una conoscenza pregressa utile (sebbene non indispensabile) per godersi in pieno ogni volume, e d’altro canto ripete spesso dati già noti ai fan.

Ed è stupefacente proprio il fatto che, nonostante questo ostacolo, ogni suo libro brilli così intensamente, riesca a intrattenere e ad assorbire completamente, trovi nuove soluzioni e vie per superare ogni ripetizione. Lo abbiamo già scritto parlando de La vedova nera, ma occorre ribadirlo: fra tutti coloro che possiamo definire come “scrittori seriali”, Daniel Silva ci sembra quello più capace di mantenere una qualità alta e una freschezza continua.

Riesce a farlo grazie alla già menzionata conoscenza degli avvenimenti mondiali di riferimento, ma anche per via di uno stile molto elegante e ricercato, inusuale per il genere e certo non comune a molti suo colleghi.

In La casa delle spie è riuscito, fra l’altro, a evitare di relegare Allon dietro una scrivania, come sembrava dovesse accadere una volta giunto a capo del Mossad. È riuscito a farlo grazie, appunto, al gran cast di comprimari a sua disposizione, un insieme di personaggi secondari che questo scrittore non esita a “modificare” a seconda delle sue esigenze: Uzi Navot in precedenza era narrativamente utile in qualità di “concorrente”, ora lo è come aiutante e collaboratore.

Ma il più grande cambiamento viene riservato a uno dei co-protagonisti più amati da chi ha seguito l’intera serie, ovvero Christopher Keller: non voglio anticiparvi nulla ma ne vedrete delle belle.

E Daniel Silva, infine, non ha solo grandi capacità di preveggenza per quanto riguarda gli attacchi terroristi in sé. Ne La casa delle spie ci mostra altre due cose che stanno accadendo nel mondo: da un lato il cambiamento negli scopi di Isis, ormai meno interessata a costruire un califfato e più orientata a colpire indiscriminatamente l’Occidente, con ogni mezzo possibile, variando spesso tattiche; dall’altro lato la evidente perdita di potere degli USA, che sono avviati ad abbandonare la supremazia che avevano fino a poco tempo fa.

Leggere Daniel Silva è allo stesso tempo un piacevole abbandonarsi sulle ali della fantasia e un continuo reality check.