Il ritorno del marinero, nuovo romanzo di Emilio Martini (pseudonimo delle sorelle milanesi Elena e Michela Martignoni), inizia con il protagonista, il commissario Gigi Bertè, in sospeso su una scelta importante: dopo anni di permanenza in Liguria il suo sogno di tornare alla Questura di Milano ha una concreta possibilità di avverarsi. Ma subito un altro, tragico cambiamento fa irruzione nella sua vita: la compagna Marzia perde il bimbo di cui era in attesa. E’ quindi un Bertè incerto ed amareggiato quello che si accinge a indagare sul delitto che è il perno narrativo del romanzo: Sebastian Scettro, detto Marinero, scapestrato rampollo di una facoltosa famiglia di Lungariva, delizioso paese della riviera ligure, riappare inatteso in una grigia giornata di novembre, dopo aver trascorso nove anni per mare senza dare notizie. Ma riappare piuttosto morto. Il suo cadavere, con tre proiettili in petto, viene ritrovato all’interno del suo sloop ormeggiato al molo di Lungariva. Bertè, conducendo un’indagine che richiama i gialli di stampo classico (ed è rigorosamente documentata sulle procedure di polizia) scopre la cupa scia di rancori e rapporti compromessi che Sebastian si era lasciato alle spalle. Tra fratelli che lo detestavano, innamorate non corrisposte, vecchie frequentazioni criminali ed amici delusi, i candidati al ruolo di colpevole non mancano. Ed attraverso i loro racconti e le loro testimonianze Bertè arriva a definire la figura del “Marinero”: uomo libero ma irresponsabile, leggero ma talora profondo e soprattutto dotato di un fascino irresistibile che a tratti sembra contagiare anche il nostro commissario.

Svolgendo con rigore e metodo i nodi che avviluppano complessi rapporti personali del Marinero, l’autore dà forma a una storia gialla solida, in cui i personaggi collaterali ben tratteggiati (in particolare la nonna di Sebastian, donna di notevole statura morale) e soprattutto in cui la figura della vittima, cosa insolita per un giallo, arriva ad avere uno spazio non meno rilevante del protagonista.
Le storie di Bertè e di Sebastian si intrecciano, ma il nostro commissario non indulge mai in simpatie di maniera. Profondamente empatico, Bertè pare avere un talento particolare più per le sfumature dell’animo umano che per le prove ed il ragionamento deduttivo (nel quale peraltro ben si difende). Ed è proprio come un viaggio intorno all’animo umano che questa indagine di presenta, non meno lungo e accidentato di quello che Sebastian Scettro ha compiuto per tornare a casa. Ma certo compiuto da un finale migliore. Dovremo aspettarci quindi un ritorno a Milano o il nostro Bertè rimarrà nella splendida Lungariva?
Un interrogativo la cui soluzione è rimandata al prossimo romanzo e che è fra le molte ragioni per cui il commissario scrittore Bertè merita di esser seguito con attenzione anche nelle opere future del bravo Emilio Martini.

Recensione di Alberto Odone

Libri della serie "Gigi Berté"

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