Nulla si distrugge - Marco Vichi

Saranno in molti, tra voi, cari avventori del Thriller Cafè, a salutare con entusiasmo una nuova avventura del commissario Franco Bordelli, che Marco Vichi ci regala con il suo ultimo romanzo: “Nulla si distrugge”, edito da Guanda nella collana Guanda Noir.

Siamo nel 1970, il commissario Bordelli è appena andato in pensione, ma non riesce a staccarsi dal suo lavoro in Questura. Così aiuta il fido Piras a sbrogliare qualche caso quotidiano. Ma è un caso del passato che continua a tormentarlo, l’uccisione di un rampollo di una famiglia industriale avvenuta nel 1947, mai risolto. Oggi lo chiameremmo un cold case. In più, a rituffare il commissario Bordelli nel passato, contribuisce anche il ritrovamento di uno scheletro in un bosco delle colline toscane. Saranno queste due storie che ritornano con prepotenza dal passato a tenerlo impegnato, in un insieme di ricordi, vita degli anni Settanta e riflessioni sulla storia del nostro Paese durante le due guerre mondiali.

Vichi scrive un libro sulla memoria, sulle tracce profonde che il passato lascia sulla nostra vita quotidiana. Un libro che si compone di racconti a più voci, che ci illustra narrazioni e confronti serrati, che scaturiscono da quanto i personaggi raccontano ad amici o a gruppi di amici. Una vicenda corale costituita da numerosi contrappunti che finiscono per disegnare la Storia del nostro Paese nel secondo dopoguerra. In questa matrioska narrativa, ci sono nette distinzioni (anche nel carattere del testo) tra i filoni principali che hanno per protagonista il commissario Franco Bordelli e le storie narrate che hanno per protagonisti tante persone comuni, che si compongono in una sorta di puzzle a disegnare un affresco dell’Italia contemporanea.

Sono storie di guerra, dell’orrore eterno della guerra vista con gli occhi dei soldati e non dei generali. Con gli occhi delle famiglie che in guerra hanno perso i propri cari. Storie che parlano di come un Paese in ginocchio, stremato da due Guerre Mondiali, reduce da una guerra civile, abbia avuto la forza di rialzarsi, di continuare a credere a immaginare con coraggio e un pizzico di incoscienza il proprio futuro. All’interno di questa trama principale ce n’è un’altra: quella che ci parla della vita delle donne. Donne che lavorano duro per aiutare la famiglia a sostentarsi, donne che in guerra si portano sulle spalle tutto il peso della quotidianità, con i mariti e i compagni al fronte, donne che fanno fatica a far emergere i propri sentimenti e li devono tenere nascosti, donne che subiscono violenza e che non posso reagire. Vichi scegli emblematicamente una scrittrice realmente esistita, Alba de Cespedes, partigiana, femminista ante litteram, da troppi relegata nella narrativa rosa, a rappresentarle tutte nella loro lotta continua per l’emancipazione.

In fondo è proprio questo uno dei messaggi forti che ci vuole lanciare Vichi: se leggiamo la Storia diversamente da come l’abbiamo letta finora, ci sono donne di cui dobbiamo assolutamente parlare. Donne grazie al cui sacrificio ci è stato possibile superare i momenti più bui della nostra esistenza ed essere quelli che siamo oggi. E proprio da questo messaggio arriva allora una riflessione: chi come Vichi (per esempio l’amico scrittore Leonardo Gori citato ripetutamente in questo romanzo) ama raccontare il passato, non lo fa per idolatrarlo in luce nostalgica, ma per farci capire che proprio dal passato dobbiamo trarre gli insegnamenti più utili per il presente.

Tra questi, tra le righe ma non troppo, ne emergono alcuni degni di nota. Non crediate, cari lettori, che quello che si è vissuto nel passato possa permetterci di essere immuni dalle grandi catastrofi umane. Di guerre l’umanità ne ha combattute molte, ma come vediamo proprio ai nostri giorni, questo non è servito a evitarne di nuove. E chi crede che i regimi oppressivi e liberticidi ci abbiano “vaccinato” dalle restrizioni delle libertà e dalle dittature, sarà bene che mantenga alta la soglia di vigilanza, perché gli uomini imparano dalla storia meno di quello che dovrebbero.

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Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 144 articoli:

Libri della serie "Commissario Bordelli"

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