Sempre qui, cari amici del Thriller Cafè, a proporvi quest’oggi l’ultimo romanzo di Marco Vichi dal titolo “Non tutto è perduto”.

Dopo “Ragazze smarrite” avevamo lasciato l’ormai noto e amato commissario Bordelli raggiungere la fatidica pensione, lasciando quel dubbio agro-dolce dell’incognito futuro.

Ci siamo chiesti, nel tempo trascorso in attesa di questo nuovo romanzo, quale potesse essere ora la strada che l’autore avrebbe fatto intraprendere al nostro beniamino, e finalmente otteniamo una risposta.

Il commissario Franco Bordelli deve fare i conti con la sua nuova vita da ex sbirro, una vita che prima lo spaventava ma che ora inizia ad apprezzare, ad assaporare chiacchiera dopo chiacchiera, passeggiata dopo passeggiata, nonostante i vecchi vizi siano difficili da abbandonare.

Infatti, il commissario Bordelli nel compiere un esame della sua carriera e della sua vita nella Pubblica Sicurezza sa bene di aver avuto dei grandi successi, ma un cruccio, un unico neo in tutta la sua storia, non gli dà pace. Un caso di omicidio del 1947 che non riuscì a risolvere, o meglio, che gli venne intimato di non risolvere e lui, da bravo giovane commissario, accettò la decisione dall’alto, accogliendo la motivazione data. Ora però, dopo più di vent’anni, ormai in pensione, vuole chiudere la partita e risolvere, se possibile, quell’unico caso che macchia la sua carriera e la sua coscienza.

Perciò, tra una serata con la sua bella e giovane Eleonora e una passeggiata nei boschi con il fido Blisk, Bordelli cerca in tutti i modi di rispolverare una storia morta e sepolta da tempo, non senza il necessario aiuto del fidato e insostituibile – neo vice-commissario – Pietrino Piras.

Bordelli è uno sbirro e non riesce a togliersi di dosso la divisa, ormai gli è penetrata nella carne e gli risulta impossibile far a meno di indagare. Su questo e su altri casi.

Questo nuovo romanzo è una nuova pietra sulla strada che l’autore sta lastricando. In essa abbiamo apprezzato storie fantastiche, memorabili, altre più lente, altre più dolci. Abbiamo conosciuto il protagonista e la sua psiche, abbiamo letto dentro un personaggio costruito in maniera eccezionale, impossibile da non amare, ancor più impossibile da non stimare.

Abbiamo parlato spesso, qui tra gli amici del Thriller Cafè, di quanto l’autore fosse di talento, ma oggi qualche parola in più deve essere spesa per il nostro commissario Bordelli. È un uomo vero, è reale, è sincero, è trasparente anche nelle sue segrete confidenze, anche nei ricordi di quel duro e triste passato che ci riporta, tante volte, alla Guerra. Un uomo che buca le pagine del romanzo, che appare accanto al lettore il quale lascerebbe ogni sua occupazione per seguirlo, anche solo per fare una passeggiata nei boschi con lui.

Marco Vichi riesce ad emozionare con i suoi scritti, tocca corde dell’animo che difficilmente altri autori riescono a sfiorare. Fa riflettere e fa commuovere.

In questo suo ultimo lavoro, come sempre, i casi, gli omicidi e le indagini sono solo apparentemente protagonisti della scena, palesandosi poi come lo sfondo in cui si muovono le vite e le storie.

Le storie. Quelle belle, quelle tristi, quelle che danno un pugno in faccia. Le storie della vita vera, della miseria, della Guerra, della Pace. Le storie raccontate all’immancabile cena della Confraternita, oggi ancora più nutrita, per la gioia di noi lettori.

Insomma, Vichi ci propone un nuovo vecchio Bordelli in un nuovo vecchio romanzo dei suoi, in un altro tuffo nella vita e nella storia che ormai da più di 10 anni ci racconta. E che ovviamente non delude, mai.

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Non tutto è perduto. Un'avventura del commissario Bordelli
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