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Lee Child (nome d’arte per Jim Grant) è nato a Coventry, il 29 ottobre 1954, ma ha passato gli anni formativi della sua infanzia e adolescenza a Birmingham, vincendo una borsa di studio per la stessa high school frequentata da J.R.R. Tolkien. Seguono quindi studi di Legge a Sheffied, alcuni incarichi in teatro e l’approdo in televisione in quello che viene considerato un momento d’oro per la tv britannica: sbarca infatti a Granada Television, si occupa della programmazione degli show, è una di quelle persone che si assicurano che il giusto programma venga trasmesso alla giusta ora.

Siamo quindi distanti da uno dei modelli più ricorrenti all’interno della letteratura di genere, quello dello scrittore che per lunghi anni lavora come camionista, lavapiatti e giardiniere, scrivendo di notte fino a quando finalmente un suo romanzo viene accettato.
Lee Child si trova bene a lavorare come autore/programmatore televisivo ma patisce parecchi contrasti con il suo boss, un “ugly, twisted little man” che arriva alla tv e comincia a fare epurazioni in pieno stile thatcheriano.
Probabilmente Jack Reacher non sarebbe mai nato se mamma tv avesse continuato a mantenere Child: così non avviene e nel 1995 il nostro viene licenziato, trovandosi quindi senza lavoro a quarant’anni.
È interessante notare come Lee perde il lavoro: il boss licenzia un sindacalista e affida il suo ruolo a Child, promettendo di licenziare altri sindacalisti; il futuro scrittore, che ha visto smembrato un gruppo di ottimi lavoratori, non ci sta e si schiera, finendo senza lavoro in poco tempo.

Cosa fare? Semplice, comprare carta e matita per una spesa totale dichiarata di soli sei dollari e cominciare a scrivere. Ne esce fuori una storia che parte da un pochino prima, da quando odiava il suo boss in tv e durante i meeting fantasticava su come vendicarsi su quell’uomo, e in generale dalla sua tendenza a schierarsi con i deboli.
Quei sei dollari di carta e grafite si trasformano in Killing Floor, che trova velocemente la via della pubblicazione e trasforma immediatamente Lee Child in un caso editoriale di prima grandezza: è il 1997, il titolo arriverà da noi tre anni dopo con il titolo di Zona Pericolosa, nasce Jack Reacher, l’alter ego letterario di Lee Child che già di suo è un nome fittizio.
“reacher” perché è un omone alto, un po’ come Child che però è ben più magro: quando lo scrittore si reca al supermercato spesso prende articoli dagli scaffali più alti, per le persone basse, e la moglie lo prende in giro dicendogli che se non riuscirà ad avere una carriera letteraria potrà fare il “reacher” nei supermercati.

Anche Jack è vittima del ridimensionamento di una “azienda”, l’Esercito, e trova seconda vita nelle vesti di un angelo nomade, un semidio granitico, dalle mille risorse, che non sopporta i soprusi e finisce con il vendicarsi per conto dei suoi assistiti.
L’universo morale in cui si aggira questo angelo vendicatore si sviluppa da un DNA che appartiene al thriller americano e prende le mosse più dalla televisione americana vista dagli occhi di un inglese che dal “Paese reale”. È un universo piuttosto manicheo, con i poveri, belli, deboli e dignitosi che giocano il ruolo delle vittime e i criminali sono di volta in volta avvocati, signori della droga o generali.

Lo stesso Child è molto chiaro: “si tratta di storie di vendetta, a un ceto punto qualcuno combina qualcosa di molto sbagliato e Reacher vendica la malefatta”.
Il resto è la vicenda di un successo planetario che è tale anche in virtù della natura televisiva della psico-socio-geografia childiana: ci è tutto ancora più riconoscibile, ancora più familiare in quanto lo abbiamo visto mille volte prima nel tubo catodico.

Jack Reacher è un vigilante dal passato misterioso, Child lascia volutamente trapelare poche informazioni sulla sua creatura: madre francese, l’uomo è stato ferito a Beirut nei primi Anni Ottanta e sembra vivere in una sorta di circolo polare emotivo, offrendo pochi appigli all’empatia, e molto spesso rimane in silenzio, facendo parlare le sue azioni.

Non mostra il minimo rimorso se si tratta di uccidere qualcuno ma la natura chiaramente destrorsa del vigilante viene qui miscelata a spunti più democratici, a uno schierarsi per immigranti o condizioni di vita dei gay, in un contrasto che, come hanno fatto notare alcuni critici statunitensi, genera un accettabile modello di vigilante progressista.

Naturalmente non è mai possibile, s si opera un esame poco accomodante, ottenere tale figura: come nel caso di tutti i suoi parenti, da Tex a Paul Kersey passando per l’Ispettore Callaghan, il punto di crisi è sempre lo stesso, ovvero la concentrazione dei poteri in un solo uomo. Questa crisi viene sempre risolta nell’unico modo possibile, attraverso un espediente narrativo che manipola l’opinione del lettore: il vigilante di turno ha ragione, i criminali sono sempre davvero colpevoli di soprusi atroci, terminare le loro vite migliora la società e non dobbiamo rifletterci molto sopra, come non riflettiamo sulla morte di una zanzara dopo averla spiaccicata sul muro.

Quasi inutile ricordarvi il seguito di questa storia: successo, soldi, premi. Pubblico e critica amano l’autore e la sua creatura, arriva Hollywood che sì, magari sbaglia l’attore principale, ma poco male perché in Jack Reacher – La prova decisiva, per la regia di Christopher McQuarrie (2012), ci sono alcuni momenti per nulla malvagi e Werner Herzog incarna un antagonista fenomenale, da brividi.

Leggenda (o realtà) vuole che ogni anno, il primo settembre, in memoria di quel fatidico giorno che ha dato il via alla sua carriera, Lee Child si sieda di fronte alla pagina bianca del suo word processor e aspetti che Jack Reacher, che alle volte l’autore, smaliziato, descrive come una persona realmente esistente, si palesi per raccontargli la sua ultima avventura nomade.
Child scrive, di solito una sola stesura, grezza e splendida come il volto del suo personaggio, e noi, per ringraziarlo di questa annuale magia, non possiamo far altro che metterci in coda a leggerlo.
Peccato solo che in Italia Longanesi abbia confermato la lunga e disastrosa tradizione tutta nostra di sfasamento delle uscite editoriali, con alcuni romanzi che non sono stati pubblicati nel giusto ordine e alcuni che attendono ancora la pubblicazione, ma è ormai inutile anche solo protestare contro questa attitudine, radicata da decenni.

E di decenni di vita ne auguriamo ancora tanti a Reacher: ci sono un sacco di strade da percorrere, bagaglio leggero e buone scarpe, un sacco di torti da raddrizzare, un sacco di deboli da aiutare.
E tante zanzare da schiacciare al muro.

Bibliografia di Lee Child, racconti esclusi

2000 Zona pericolosa (Killing Floor, 1997)
2001 Destinazione inferno (Die Trying, 1998)
2002 Trappola mortale (Tripwire, 1999)
2003 Via di fuga (Running Blind/The Visitor, 2000)
2004 Colpo secco (Echo Burning, 2001)
2006 A prova di killer (Without Fail, 2002)
2007 La vittima designata (Persuader, 2003)
2005 Il nemico (The Enemy, 2004)
2008 La prova decisiva (One Shot, 2005)
2014 Un passo di troppo (The Hard Way, 2006)
2009 Vendetta a freddo (Bad Luck and Trouble, 2007)
2010 Niente da perdere (Nothing To Lose, 2008)
2011 I dodici segni (Gone Tomorrow, 2009)
2012 L’ora decisiva (61 Hours, 2010)
2013 Una ragione per morire (Worth Dying For, 2010)
2014 La verità non basta (The Affair, 2011)
2015 Il ricercato (A Wanted Man, 2012)
2015 Punto di non ritorno (Never Go Back, 2013)
2016 Personal (Personal, 2014)
2017 Prova a fermarmi (Make me, 2015)

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