Il giro di chiave - Ruth Ware

Nell’ultimo romanzo della giallista inglese Ruth Ware, Il giro di chiave, edito in Italia da Corbaccio (2021), la trama prende l’avvio tramite un intrigante espediente letterario (presente anche in chiusura): il lettore sfoglia le proverbiali lettere provenienti dal carcere.

Una babysitter sta raccontando al suo avvocato difensore di non essere colpevole dell’omicidio di una bambina alla quale avrebbe dovuto badare. Successivamente la narrazione si fa più tradizionale ed entriamo nel mondo della protagonista. Rowan Caine è il personaggio centrale ideato dalla Ware per il suo nuovo thriller psicologico. Una ragazza giovane e carina, entusiasta ma spesso contrastata dagli avvenimenti, alla ricerca di nuove opportunità professionali e di vita.

Legge un annuncio che quasi non le sembra vero: vitto e alloggio inclusi, un ottimo stipendio mensile per un incarico da babysitter. Il luogo prescelto è Heatherbrae nelle Highlands scozzesi, presso una villa antica e di grande valore. L’edificio è stato ammodernato tramite la tecnologia domotica, sorvegliata ventiquattr’ore al giorno; tutto quanto è automatizzato, fino all’eccesso. Rowan si occupa delle figlie del proprietario, un uomo di successo e affascinante, e fa amicizia con il maggiordomo della tenuta, individuo onesto – e leale nei confronti della protagonista. L’atmosfera diviene sempre più tetra e soffocante (come appunto nella tradizionale villa infestata), ma una serie di complesse rivelazioni snoda questo intreccio, una verità di carattere concettuale e familiare, più che orrorifica e inspiegabile. In questo senso, sempre notevole importanza ricoprono i twists descritti nell’epistolario dell’oramai distrutta Rowan.

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Il paragone con Il giro di vite, classico della letteratura di Henry James, forse non è del tutto appropriato: in questa storia infatti non vi sono elementi sovrannaturali o paranormali, né compaiono fantasmi, come invece nel romanzo breve di James.

Sicuramente lo stile è gotico, ma patinato e tendente al realismo. In questo senso la Ware si pone nel solco delle giovani e talentuose autrici che hanno avuto la possibilità di esprimere la propria voce a seguito del successo di Paula Hawkins, con La ragazza del treno del 2015 (edito in Italia da Piemme e trasposto in un film dal grande successo commerciale) o, in minor misura, dalla statunitense Gillian Flynn con, tra i vari, L’amore bugiardo, anche questo portato al cinema da David Fincher (Gone girl, prodotto impeccabile da un punto di vista formale, benché ovviamente Fincher sia abituato a raggiungere tutt’altre vette metafisiche, si pensi a Zodiac o all’ultimo Mank). A seguire si sono imposte nel mercato editoriale, con le loro storie psicologiche e conturbanti, la Ware, Ali Land, Dolores Redondo, Alafair Burke e via discorrendo. Quali sono le differenze strutturali rispetto alle autrici di bestseller note in tutto il mondo da svariati decenni (Tess Gerritsen, Mary Higgins Clark, Danielle Steel, eccetera)? Anzitutto la Ware e queste altre giovani autrici, molte delle quali inglesi, quasi sempre rinunciano alla serialità e dunque alla creazione di saghe; il loro pubblico non ha la possibilità né l’intenzione di affezionarsi a un cast a prova di bomba (si pensi ad esempio ai personaggi ideati da Kathy Reichs). Piuttosto mettono in scena le azioni di donne sole, afflitte da qualche tipo di depressione o disagio esistenziale, il che sicuramente non ha una funzione consolatoria e riporta il racconto a uno stato di purezza primigenia. Quel che si intende dire è che attraverso la classica tecnica minimalista (less is more), il lettore può apprezzare un distillato letterario più intenso, privo di fronzoli. Si rinuncia sì a un ricco apparato didascalico, scientifico, tipico appunto del thriller d’azione, scientifico, di spionaggio, medico-legale, eccetera; al contempo è però possibile effettuare un’immersione – forse dolorosa? – nell’universo di questi protagonisti difettosi e senza speranza (di qui il paragone con l’esistenzialismo, l’angoscia e dunque con S. Kierkegaard, cfr. La malattia mortale, SE edizioni, 2008). Queste nuove autrici, tra cui la Ware, che hanno messo a punto i termini del loro successo nel recentissimo passato (circa un lustro) condividono con le più anziane colleghe statunitensi l’attenzione per la suspense e i fatti di cronaca nera, ma assomigliano nei nuclei tematici alle scrittrici giapponesi contemporanee (ad es. Natsuo Kirino oppure Yoko Ogawa), anche loro dedite a esplorare il vacuum e il dolore umano, spesso scandagliando i fatti sociali più indicibili, al fine esatto di denunciarli, portarli alla luce e dunque condurli a giusta eliminazione (la violenza, lo stupro, la prevaricazione fisica o morale nei confronti dei soggetti inermi).

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Il giro di chiave
  • Ware, Ruth (Autore)

Articolo protocollato da Claudio Mattia Serafin

Nato nel 1989. Autore di narrativa e saggistica (Il sangue e la sua memoria, Cortocircuito culturale), insegna deontologia giuridica e letteraria presso la Luiss. Editorialista per Formiche.net, Thriller Café, Sugarpulp e altre riviste, interviene come ospite o moderatore in numerose tavole rotonde a carattere culturale. E' appassionato di cinema e di musica soul.

Claudio Mattia Serafin ha scritto 25 articoli: