I Bastardi di Pizzofalcone: recensiamo oggi il nuovo romanzo di Maurizio De Giovanni (qui una nostra intervista), che lascia a riposo il suo commissario Ricciardi per riproporci l’ispettore Giuseppe Lojacono, già protagonista de Il metodo del coccodrillo.
Titolo: I bastardi di Pizzofalcone
Autore: Maurizio De Giovanni
Editore: Einaudi – stile libero
Anno: 2013
L’appellativo ‘bastardo’ definisce una ‘razza’ non pura o qualcuno che intenzionalmente reca disagio ad un altro, che possiede una personalità non canonica. Un appellativo il più delle volte dispregiativo ma che può anche significare avere un lignaggio diverso, perché un ‘incrocio’ è spesso più vitale, più resistente, ha una forgia inalterabile, una caratura superiore. Pizzofalcone invece è una zona di Napoli che fin dalle sue origini era considerata un nucleo non facente parte del tessuto urbano. Metti dunque insieme un gruppo di persone escluse dal sistema perché considerati poco inclini alle regole e mal compresi e una località che fin dalla storia antica sembra aver cercato la sua ‘individualità’, e viene fuori un commissariato di agenti reietto preceduto dalla propria nomea e su cui nessuno, ma proprio nessuno scommetterebbe. Ed è proprio questo il motivo per cui sono stati scelti, il loro certo fallimento nell’assicurare i cattivi alla giustizia. Puntare su una partita data per persa può essere rischioso ma può considerarsi anche un vantaggio nel caso in cui la posta in gioco diventa davvero alta.
La nuova serie dell’autore del Commissario Ricciardi, ovvero Maurizio De Giovanni, ci presenta tutto ciò in “I bastardi di Pizzofalcone” edito da Einaudi (Stile Libero). Personaggi che il lettore inizia a conoscere un poco alla volta senza nessuna forzatura che li possa appesantire. Veri… autentici… ed è bello conoscere tutte queste personalità, ognuna con le sue peculiarità, quelle riconducibili a un piccolo microcosmo come quello di Pizzofalcone appunto. Nel commissariato hanno tutti il desiderio di riscattarsi, non solo di fronte ad una città che li ha già presi a calci in faccia senza neanche conoscerli, ma di una società nel senso più ampio del termine che tende a giudicare le persone e a non concedergli una seconda possibilità, il beneficio del dubbio. Loro ci credono, in ciò che fanno, perché amano il loro lavoro, perché lo stesso lavoro gli permette anche di evadere dalle difficoltà, dalla solitudine, dall’ambiguità, dalla riservatezza delle loro vite. Così la loro missione diventa anche quella del lettore che calato nei loro panni, li vuole vedere vincitori a tutti i costi. Non sono supereroi, forse non hanno neanche particolari doti ma sono speciali, ognuno a modo proprio, perché rappresentano la rivalsa quando tutto sembra andare storto, il coraggio quando nessuno crede che si possa farcela, la forza di tornare in campo quando si sono presi troppi goal, quando solo i fuoriserie sembrano impadronirsi del pallone. Non ci sono ‘ma’ e non ci sono ‘se’ che tengano, sono personalità uniche che è facile imparare ad amare.
Anche se abbiamo già conosciuto l’ispettore Giuseppe Lojacono nel precedente ‘Il metodo del coccodrillo’ (Mondadori 2012), non si può definire il solo protagonista di questo famigerato commissariato, perché tutto il team ha una voce protagonista, un faro pronto a puntare il suo fascio di luce sul buio di ogni anima che si andrà a conoscere. Non si può non provare tenerezza per Ottavia Calabrese, vicesovrintende che prima di essere una donna di legge è una madre e una moglie combattuta. Non si può non provare simpatia per il personaggio più ‘caricatura’ del gruppo, l’agente scelto Marco Aragona, che sembra uscito da una pellicola di Sidney Lumet. Così come non può passare indifferente l’irruenza dell’assistente capo Romano, la determinazione dell’agente Alessandra Di Nardo, la solitudine di Pisanelli, sostituto commissario, e Luigi Palma che prima di tutti ha creduto nel riscatto del gruppo. Riusciranno a tenere aperto il commissariato di Pizzofalcone ingiuriato da collusione mafiosa? Proprio loro, che come un bastardo nel senso più letterario del termine, non hanno una ‘famiglia’ lavorativa che li abbia fatti sentire amati, al posto giusto, dalla parte della legge…
Non resta che seguire le gesta di questi odierni tutori dell’ordine che potranno segnare il cammino tutto in ascesa di uno scrittore dalla mente fervida. Paragonato a Ed McBain, l’autore maneggia con semplicità le dinamiche police procedural, anche se per descrivere la sua Napoli De Giovanni non ha avuto bisogno di utilizzare l’espediente di capovolgere la cartina della sua città (così come fece McBain) o creare artifizi per renderla più reale, perchè è riuscito a descriverla con lo spirito di chi la ama, di chi la custodisce nel proprio essere, e lo ha fatto con grande capacità analitica sia nei suoi scorci da favola che nei suoi sobborghi più infimi, perché l’anima di una città non tutti riescono a vederla come invece De Giovanni ha saputo fare.
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