
“Di rabbia e di vento” è il terzo romanzo di Alessandro Robecchi che vede protagonista Carlo Monterossi, ex autore di reality televisivi, insieme alla sua cerchia di relazioni ormai note; oltre ad Oscar Falcone, amico un po’ tuttofare, ammanicato non si sa bene come in certi ambienti e con le più disparate conoscenze che tornano sempre molto utili nello svolgere un’indagine al limite della legalità, in questo episodio ci sono anche i poliziotti di vecchia scuola Ghezzi e Carella (che troviamo in altri romanzi della serie), due figure secondarie, ma dal ruolo fondamentale, che si legano perfettamente all’eccellente mosaico di comprimari che gravitano intorno a Carlo Monterossi.
Suo malgrado, perché come spesso gli accade non è lui a cercare i guai bensì viceversa, Carlo Monterossi questa volta deve vedersela con un duplice caso di omicidio che si rivela eseguito dalla stessa mano: da una parte l’uccisione a sangue freddo di un concessionario d’auto di lusso, dall’altra la brutale esecuzione di una escort, torturata e seviziata fino alla morte, che lui aveva conosciuto per puro caso poche ore prima del delitto e con cui aveva intrattenuto la classica, piacevole chiacchierata che assume il carattere intimo e profondo tipico di certe conoscenze fugaci con perfetti sconosciuti e che non ha nulla da invidiare ad amicizie lunghe e consolidate.
Dal passato misterioso della donna, da cui emerge una misteriosa doppia vita, pare sia tornato in vita un “morto” in cerca di un fantomatico “tesoro” di cui lei stessa ne sarebbe la custode. Inizia da qui l’indagine in proprio di Carlo Monterossi, che fin da subito si sente coinvolto da un senso di rabbia che gli suscita l’accaduto e che lo accompagnerà per tutto il romanzo; una rabbia scaturita non solo dall’efferatezza con cui è stata uccisa la donna appena conosciuta, ma soprattutto dalla prepotenza e dall’ingiustizia esercitate nei confronti di persone umili ed emarginate, che per ragioni spesso al di là della propria volontà, non riescono a trovare posto in un mondo che corre troppo veloce, un mondo superficiale che non ha tempo di soffermarsi sulle sensibilità e le delicatezze.
Alla rabbia di Monterossi va di pari passo la frustrazione di Ghezzi e di Carella, poliziotti forse di un altro tempo, molto diversi tra loro ma con alcune sfaccettature in comune, che si scontrano con interrogativi dalle risposte apparentemente impossibili: chi è il killer fantasma tornato in vita? Esiste davvero questo “tesoro” di cui la donna accenna blandamente al Monterossi prima di salutarlo? In un modo o nell’altro, anche a costo di infrangere quel tanto che basta la legge di cui sono paladini, Ghezzi e Carella setacciano ogni pista disponibile che possa condurre alla verità e alla giustizia, e seppur per vie diverse, daranno un importante contributo per far luce sul caso.
Oltre all’immancabile Bob Dylan e alle sue perle di saggezza che Carlo Monterossi ci fa gustare di tanto in tanto quando decide di farsi accompagnare dalle sue celeberrime melodie, all’onnipresente Katrina, domestica di casa, c’è sempre Milano, che come ogni ideale cornice, conferisce al quadro intensità e profondità. Ed eccoci alla seconda parola del titolo, perché per tutto il romanzo Milano è sferzata da un vento gelido tanto costante quanto insolito, come se anche la città, a modo suo, volesse in qualche modo esternare la propria rabbia e la propria contrarietà nei confronti degli eventi di cui i suoi abitanti sono responsabili.
Tirando fuori dal cilindro un altro pregevole romanzo giallo dell’ “eroe per caso” Carlo Monterossi, Alessandro Robecchi, con la sua impareggiabile maestria e il suo inconfondibile e imprescindibile sense of humor, dà voce a coloro che cercano di sbarcare il lunario al meglio delle loro possibilità, anche con occupazioni disapprovate da una società fintamente perbenista, ma sempre con un sogno nel cassetto grazie al quale agognare una svolta e rendere la propria vita degna di essere vissuta.
Recensione di Damiano Del Dotto.