La morra cinese – Marco Malvaldi

La morra cinese – Marco Malvaldi

Giuliano Muzio
Protocollato il 10 Gennaio 2024 da Giuliano Muzio con
Giuliano Muzio ha scritto 170 articoli
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Marco Malvaldi ha scritto da qualche mese un’altra avventura dei vecchietti del BarLume. Si chiama “La morra cinese” ed esce come al solito per l’editore Sellerio. Se qualcuno si appassiona alla genesi dei titoli, dico subito che in questo caso si fa riferimento al celeberrimo gioco che si fa con le mani, alle quali si può dare la forma di forbici, foglio o sasso. Nel gioco, ognuna di queste forme vince con una della altre due e perde con l’altra, in una situazione in cui non esiste una condizione dominante, ma si assiste a una sorta di equilibrio tra le parti.
Tutto ciò è molto simile a quello che succede a Pineta. Nella nota località nella quale si trova il BarLume, c’è stato infatti un cambio di giunta e la nuova Amministrazione intende dare il via a un nuovo progetto di “sviluppo edilizio”, che però trova ostilità in una parte dei cittadini. Nel pieno di questo scontro, uno studente della Normale precipita da una finestra del Comune e fin da subito ci sono fondati sospetti che fanno ritenere che il ragazzo non si sia suicidato, ma come si diceva alcuni anni fa per una nota vicenda di cronaca politica, “sia stato suicidato”. Anche questa volta saranno i vecchietti del BarLume, con l’aiuto del barista Massimo, a dare un certo contributo alla soluzione della vicenda, indirizzando la vice-questora Alice verso la pista che si rivelerà decisiva.
La storia, come ci hanno abituato le avventure del BarLume, fila via liscia come l’olio, con il consueto corredo di personaggi che sono contemporaneamente assolutamente realistici, ma anche simpaticamente stravaganti, come lo studente Mastromartino, vittima del delitto, la cui vicenda è costruita retrospettivamente da Alice o il conte Valdemaro Serra Catellani, vecchietto arzillo, spiantato ex-nobile, arguto nei giudizi, svogliato nelle attività, coltivatore di cannabis per uso personale (uso massiccio, verrebbe da dire). Non ci sono appesantimenti, ma nello stesso tempo c’è la ricchezza di contenuti che serve per dare sale al racconto.
E come ogni vicenda dei vecchietti del BarLume, grattando sotto la superficie della leggerezza, affiora la serietà di molti temi che interessano l’Italia contemporanea: dalla facilità con la quale si avviano le speculazioni edilizie in luoghi naturali che dovrebbero essere fruiti dalla collettività, alla protervia con la quale pubblici ufficiali piegano a interessi assolutamente privati la loro funzione, fino alla crescita progressiva e inesorabile del carico fiscale che grava in particolare sulle piccole attività (come il BarLume). Il tutto accompagnato, qua e là, dalla graffiante ironia con la quale Malvaldi ci fornisce qualche flash su situazioni che dovrebbero essere normali, ma normali non sono per nulla. SI veda per esempio l’esilarante (o tragica?) descrizione del Professore della Scuola Normale, che sotto la parvenza di illustre accademico nasconde un’anima da squalo che farebbe invidia a un trader di Wall Street. O la carrellata di improbabili dipendenti comunali che affogano le loro frustrazioni in piccole rivalse meschine e al confine del ridicolo, utilizzando miseri espedienti burocratici per occupare il loro tempo.
In fondo, l’Italia di Malvaldi è quella che incontriamo tutti i giorni nelle nostre piccole consuete attività. Ricca di contraddizioni, pregiudizi, cattive abitudini, ma anche capace di essere orgogliosa, creativa e di saper riemergere quando meno te l’aspetti. Un Paese che non ha più nessuna fiducia nei propri rappresentanti politici, nelle istituzioni, nell’autorità e che però sarebbe di per sé ricca di senso civico, di voglia di fare, di intraprendenza, se solo sapesse agire un po’ più come una comunità, anziché come una slegata accozzaglia di individui, proprio come fanno i vecchietti del BarLume, che dal loro essere uniti nella diversità traggono la loro forza.

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