Il tempo della vendetta - Linda CastilloSegnaliamo oggi l’uscita, per Piemme, di Il tempo della vendetta (titolo originale: Shamed) di Linda Castillo, nuovo episodio della serie dedicata alla detective Kate Burkholder. La traduzione è di Stefano Bortolussi.

Dopo L’anima del male, anche in questo thriller ancora una volta Linda Castillo ci conduce alla scoperta della comunità amish – chiusa e abbarbicata nella ritrosia di chi non vuole allontanarsi dalle sue convinzioni – e ci permette di guardare da vicino le contraddizioni, le scelte, i detti e non detti della provincia americana. Ma se in L’anima del male, indagando sulla morte di un diciottenne bruciato vivo, la Castillo si concentrava soprattutto sulla scelta e sulla consapevolezza di essere parte di una comunità, qui la visuale è più ampia, sebbene persista il legame con gli amish. Un brutale omicidio e un rapimento scuotono profondamente la tranquilla comunità amish di Painters Mill, in Ohio. Mary Yoder, una sessantenne del luogo, è stata accoltellata presso la sua fattoria. Con lei c’erano le nipoti, una delle quali, Elsie, viene rapita. Il capo della polizia, la detective Kate Burkholder parla con i genitori della bambina e, nonostante l’aura di rispettabilità che ammanta la famiglia, c’è un’ombra, qualcosa che nascondono e che li rende reticenti… un’ombra che sembra provenire da un passato ingombrante. E Kate Burkholder dovrà capirci qualcosa alla svelta: viene ritrovato un altro cadavere legato alla bambina; inoltre alcuni messaggi con citazioni bibliche farebbero pensare ad un legame con la religione. Più passa il tempo, più la situazione rischia di precipitare.

Linda Castillo è nata in Ohio nel 1960. A tredici anni ha cominciato a scrivere, dando alle stampe la sua prima opera, da allora non si è più fermata. Oggi è conosciuta per i suoi gialli, sia per gli stand alone, sia in particolare per la serie di Kate Burkholder, di cui in Italia sono stati pubblicati oltre dieci romanzi. La serie, al momento, si compone di Costretta al silenzio (2009), La lunga notte, In un vicolo cieco, Scomparsa, Her last breath, Tracce dal passato, Dopo la tempesta, Tra i malvagi, L’anima del male e, appunto, Il tempo della vendetta.

Per chi volesse entrare subito nell’atmosfera di Linda Castillo, di seguito l’incipit di Il tempo della vendetta.

Prologo

Nessuno andava più alla vecchia fattoria Schattenbaum. Era disabitata dal 1969, quando l’alluvione aveva spazzato via i raccolti e trascinato la latrina esterna e una delle stalle nel Painters Creek. Si diceva addirittura che la Chevy Corvair del 1960 di Mr. Schattenbaum fosse ancora nel fossato, dove era stata depositata dalle acque.
Non era mai stato un posto lussuoso. La casa era derelitta già ai vecchi tempi. La copertura del tetto era arrugginita e deforme. Mr. Schattenbaum parlava di ridipingere la facciata, ma non lo aveva mai fatto. A volte non tagliava neanche l’erba. Ma nonostante il suo aspetto fatiscente, per Mary Yoder casa Schattenbaum era stata per un po’ il centro del mondo, traboccante di risate, di amore e di vita.
Gli Schattenbaum avevano sei figli e, malgrado non fossero amish, la mamm di Mary le permetteva di frequentarli, e lei lo faceva ogni volta che poteva. Dopo tutto, gli Schattenbaum possedevano quattro pony pezzati; avevano maialini, una quantità di asinelli, un grosso tacchino maschio e un’infinità di capre. Quell’ultima estate Mary aveva dieci anni, e non si era mai divertita tanto.
Era difficile a credersi, che fossero passati cinquant’anni; ora Mary era una nonna e una vedova, e aveva compiuto i sessanta giusto la settimana prima. Ogni volta che passava in calesse davanti alla vecchia fattoria sentiva svanire gli anni e si diceva: “Se un luogo potesse parlare, le storie che potrebbe raccontare…”.
Mary viveva ancora nella casa in cui era cresciuta, a poco meno di un chilometro di distanza, insieme a sua figlia e suo genero. Ogni volta che poteva faceva in modo di passare di lì. In primavera coglieva gli iris che crescevano ancora nell’aiuola dietro la fattoria. D’estate veniva per le peonie. In autunno toccava alle noci. Mr. Schattenbaum raccontava che era stato suo nonno a piantare una dozzina di noci neri. Erano ormai centenari, e avevano attecchito in quello che un tempo era stato il cortile sul retro. Ogni autunno spargevano a terra migliaia di noci, che tenevano Mary occupata in cucina per il resto dell’anno e rifornivano di torte i suoi otto nipoti.
La fattoria aveva più o meno lo stesso aspetto di un tempo. La stalla in cui Mary aveva passato una quantità di pomeriggi ad accarezzare i pony era crollata qualche anno prima a causa di una tempesta di vento. Le travi del tetto e i rivestimenti esterni erano stati progressivamente sommersi da una giungla di rampicanti ed erbacce alte fino alla vita.
“Grossmammi! Vuoi che apra il cancello?”
Mary guardò la bambina seduta accanto a lei e sentì che il cuore le si riempiva di gioia. Aveva portato con sé le nipotine per aiutarla a raccogliere le noci. Annie aveva cinque anni ed era il ritratto di sua mamm a quell’età. Capelli biondi che si aggrovigliavano facilmente. Occhi azzurri che piangevano un po’ troppo spesso. Una bambina seria, che già diceva di voler insegnare nella piccola scuola in fondo alla strada.
Elsie, sette anni, era una creatura dolce ed effervescente. Era una persona un po’ speciale, curiosa e affettuosa, con un corpicino paffuto e occhiali tondi dalle lenti spesse come fondi di bottiglia. Era un vero dono del cielo, e Mary l’amava ancora di più per la sua diversità.
“Forse è meglio che prima fermi il calesse, non credi?” Mary tirò le redini, portò la cavalla al passo e svoltò sul vialetto di ghiaia invaso dalle erbacce. “Ooh.”
Intravide gli arancioni fiammeggianti delle chiome degli alberi dietro la fattoria e provò la familiare, nostalgica sensazione di un ritorno a casa.
“Coraggio, saltate giù e aprite il cancello” disse alle bambine. “Attente al filo spinato!”
Le piccole scesero dal calesse, corsero verso il cancello arrugginito con un gran fruscio di gonne e in pochi istanti si sbarazzarono della catena.
Mary varcò il cancello, poi fermò la cavalla in attesa delle nipoti. “Venite, piccole! Lasciate aperto il cancello. Le noci ci chiamano!”
Ridendo, le bambine rimontarono sul calesse.
“Preparate le sporte” le istruì Mary superando la casa. “Credo proprio che oggi pomeriggio ne raccoglieremo a sufficienza da riempire tutte le ceste.”
Sorrise mentre le bambine prendevano le sporte. Erano di tela, lei stessa le aveva cucite appositamente l’anno prima. Erano grandi, con doppi manici che le piccole potevano facilmente infilare in spalla. Quella di Elsie aveva ricamato sul davanti un motivo di foglie verdi di noce, quella di Annie un frutto marrone aperto a rivelare il delizioso contenuto.
Mary condusse il calesse sul retro della casa, dove un tempo si trovava l’aia. Un sorriso le mosse le labbra nel vedere che l’altalena ricavata da un vecchio pneumatico era ancora lì. Fermò la cavalla all’ombra di un olmo, dove avrebbe potuto brucare l’erba alta, e guardandosi intorno si sentì gonfiare il petto.
Prese i guanti e la sua sporta e scese dal calesse. Per un momento rimase ferma all’ascolto. Il cinguettio di un cardinale dall’albero più alto. Il sussurro del vento nel fogliame.
“Bambine, penso proprio che abbiamo scelto il giorno perfetto per raccogliere noci” disse.
Drappeggiandosi la sporta in spalla, Elsie la imitò. Annie era ancora piccola, così Mary la prese da sotto le braccia e la depositò a terra. Poi consegnò a entrambe i minuscoli guanti di pelle.
“Attente a non imbrattarvi le dita” disse.
“Anche tu, grossmammi.”
Ridacchiando le accompagnò al boschetto di noci, dove il sole screziava il terreno ai suoi piedi.
“Guarda quanto è grande quell’albero, grossmammi!” esclamò Annie.
“È il mio preferito” disse Mary.
“E guardate quante noci!” esultò Elsie con l’entusiasmo di cui solo una creatura di sette anni è capace.
“Quest’anno Dio ci ha donato un buon raccolto” spiegò Mary.
“Faremo un mucchio di torte, grossmammi?”
“Naturalmente.”
“Torte di noci a strati!” disse Annie.
“E dolci di zucca!” aggiunse Elsie.
“Se invece di parlare lavoraste, a questo punto avremmo già finito.” Mary stemperò il rimprovero con un sorriso.
Avanzò sotto la chioma del noce, si accovacciò e raccolse una manciata di frutti, controllandone i malli. Erano verdi e chiazzati di nero, ma compatti e privi di muffa. Il momento migliore per la raccolta era ottobre, ma ormai era novembre inoltrato. “Solo le più sode, bambine. È un po’ che sono a terra. Quest’anno siamo venute tardi.”
Con la coda dell’occhio vide Annie accovacciarsi e ficcare una noce nella sporta. Dieci metri più in là Elsie era già all’albero successivo, le manine infilate nei guanti di pelle. Era una bambina così dolce e obbediente.