Antonio Manzini, romano, è un attore, sceneggiatore, regista e scrittore italiano. È del 2005 il suo primo romanzo Sangue marcio (Fazi Editore) che dà l’avvio ad una prolifica produzione, tutta di successo. Bisogna giungere fino al 2013, però, per fare la conoscenza del vicequestore Rocco Schiavone infatti con Pista nera (Sellerio) prende l’avvio la fortunata e tanto amata serie che abbiamo anche visto nelle fiction TV.
Con Vecchie conoscenze (2021) che ora recensisco per voi, nella speranza che anche voi amiate come me Rocco (a me viene proprio di chiamarlo così), siamo ormai arrivati al decimo episodio della serie.
Siamo come sempre ad Aosta. Dove nevica quasi sempre, il gelo imperversa sotto quel cielo color acciaio e le giornate di Rocco, il nostro vicequestore poliziotto fuori dagli schemi e refrattario alle regole e al potere ma anche scontroso, malinconico, ruvido e pieno di contraddizioni vengono sconvolte da una notizia degna di essere annoverata tra le “rotture di coglioni di decimo livello”. È stato, infatti, ritrovato il corpo senza vita di Sofia Martinet, un’illustre e stimata professoressa di Storia dell’Arte che oltre che ricoprire una cattedra all’Università degli Studi di Torino era considerata una delle massime esperte e ricercatrici su Leonardo da Vinci. Il corpo dell’anziana donna è stato rinvenuto nella sua casa aostana riverso a terra e con un colpo mortale alla testa da un’altra inquilina dello stabile, tal Rebecca Fosson, che vive al piano di sopra in compagnia del figlio Dario non vedente e con un grave deficit cognitivo.
Rocco dovrà indagare sia a livello familiare (la Martinet era separata e aveva un figlio, Gianluca, che non solo non sembra disperato dal lutto recente ma sembra anche che i suoi rapporti con la madre fossero tutt’altro che idilliaci) e su quello professionale poiché i troppi interessi dietro i patinati riconoscimenti accademici e le ambizioni sfrenate portano colleghi, ex compagni… all’invidia e al voler emergere ad ogni costo sopra tutto e tutti.
Unici indizi una «J» riportata più volte nell’agenda della vittima, un anello sottrattole dal dito in punto di morte, alcuni volumi di inestimabile valore fatti sparire dalla biblioteca e poi c’è quella frase riportata dalla professoressa… «Fuggi lussuria e attieniti alla dieta» (che è un verso di Leonardo Da Vinci).
Per ritrovare il bandolo della matassa come sempre il nostro vicequestore si avvarrà della collaborazione di quella che ormai è diventata un po’ la sua “famiglia”: la sua squadra.
Ma la vita di Rocco, e questa volta dovrà vedersela da solo, verrà letteralmente sconvolta dal ritorno di “vecchie conoscenze” che lo faranno riprecipitare sull’orlo del baratro, proprio là dove tutto ebbe inizio, e lui comprende subito che «Tutta la storia aveva un odore pessimo, di intrallazzi, segreti, sporcizia nascosta sotto i tappeti della Repubblica nelle stanze di chi ha il potere di cambiare l’aspetto di una nazione, ma non ne ha la volontà né la convenienza.»
Antonio Manzini a differenza di molti suoi colleghi scrittori non ama, ad ogni nuovo episodio, fare una sorta di “riassunto delle puntate precedenti” ma è proprio nel suo stile (io lo amo proprio per questo) realizzare un vero e proprio continuum narrativo e gettarci dentro il lettore con tutte le scarpe (magari anche modello Clarks per cui non di certo adatte alla neve e alla situazione meteorologica di Aosta).
Ritroviamo all’inizio dell’episodio un Rocco stanco, malinconico e solo (o almeno crede di esserlo) ma anche demotivato e svuotato a tal punto che addirittura si paragona ad una sorta di negozio vuoto… «Questo sono pensava, un negozio vuoto. Al quale si rivolgevano ancora le persone alla ricerca di quel prodotto o di un succedaneo, ma ogni volta che mostrava gli scaffali vuoti, scusandosi quasi, quelli se ne andavano stizziti rimproverandolo coi loro silenzi e gli sguardi accusatori.»
Sono storie dense quelle di Manzini dove il lettore finisce subito per empatizzare più con l’uomo che con il vicequestore in quanto lo scrittore non fa sconti nemmeno a lui e lo mette perennemente a nudo mostrando le sue fragilità, le sue debolezze, le sue mancanze e i suoi rimpianti ma anche il suo essere estremamente un uomo libero. E poi c’è una coralità di altri personaggi a cominciare dalla sua “squadra” che, libro dopo libro, conosciamo e scopriamo sempre di più; il tenero e delicato amore paterno che Rocco ha per l’adolescente Gabriele (che un po’ sente come figlio); la determinata Sandra che in questo libro è un po’ meno presente nella vita di Rocco ma alla quale lui ricorre sempre per ogni necessità; e poi c’è Marina… presenza costante ma anche assenza lacerante che funge anche un po’ da “coscienza” e da grillo parlante.
Con una scrittura ironica e introspettiva ma anche avvolgente, immersiva, densa di dialoghi e con una trama dal sapore dolceamaro Vecchie conoscenze (a mio giudizio forse il miglior episodio della serie) è un crescendo continuo di emozioni, rivelazioni e di tsunami emotivi fino a giungere ad un finale che è un vero e proprio colpo basso, un pugno nello stomaco non solo per Rocco ma anche per noi lettori. «… ci sono dei giorni in cui si percepisce che un pezzo della nostra vita se n’è andato, e seppelliamo la nostra faccia di una volta perché non ci appartiene più. La faccia, ce la disegna il tempo, ogni ruga per ogni sorriso strappato, le diottrie in meno per ogni riga che non volevamo leggere, i capelli abbandonati chissà dove insieme al loro colore, e quello che vediamo spesso non ci piace, ma è soltanto l’inizio di un nuovo episodio della nostra esistenza. Ci conviene conservare ciò che ci rimane per poterlo portare avanti, fino alla prossima stazione…»
Quindi, caro Rocco, anche se hai perso la speranza in certi valori per te sacri, come l’amicizia e il rispetto, e ti sembra di non poter contare più su niente e su nessuno… guardati intorno perché dolcezza e amore per te ce n’è ancora molto ma soprattutto GROUND CONTROL non mollare… Capito GROUND CONTROL: non mollare mai! Passo e chiudo.
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Articolo protocollato da Luisa Ferrero
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