
Torna nuovamente in libreria lo scrittore romano Antonio Manzini e lo ritroviamo con una nuova avventura del suo personaggio più famoso: Rocco Schiavone.
Nonostante in Vecchie conoscenze (Sellerio, 2021) il vicequestore sembrava essere sul punto di “mollare tutto” anche noi lettori, perché stanco dei troppi abbandoni e deluso da un “mondo” che non riconosceva più, eccolo nuovamente qui.
Recensisco, infatti, ora per voi di Thriller Café Le ossa parlano (Sellerio, 2022) che, come era prevedibile, appena uscito è già schizzato in vetta alle classifiche di vendita e di gradimento.
Rocco Schiavone sembra ormai sul punto di “voltare pagina” su due vicende dolorose e laceranti della sua vita. Infatti è stata ormai accertata, in tribunale, la scomoda e inquietante verità sul caso Mastrodomenico e lui è riuscito, con lo strazio nel cuore… sì ma è riuscito, a vendere l’attico di Monteverde dove visse la sua straordinaria e indimenticabile storia d’amore con la moglie Marina.
Ma non c’è un attimo di tregua per il nostro Rocco perché viene richiamato nell’immediato ad Aosta per indagare sul ritrovamento nel bosco valdostano di Saint-Nicolas di alcune ossa umane. La competente, quanto stravagante, Michela Gambino (della scientifica) riuscirà a scoprire che quelle ossa sono tutto ciò che rimane di un bambino di circa dieci anni. Il piccolo è stato barbaramente ucciso dopo aver probabilmente subito una violenza. Si scoprirà ben presto che i “poveri resti” appartenevano a Mirko Sensini che dopo essere stato visto seduto su un muretto davanti alla sua scuola di Ivrea, è sparito nel nulla.
Il nostro vicequestore avrà bisogno di canne supplementari (neanche poi tanto fumate di nascosto) per far luce su questa vicenda che lo porterà a scontrarsi con il feroce e schifoso mondo della pedofilia in rete. E lui che, come si sa, somatizza tutte le situazioni perché come un moderno Atlante porta tutto sulle spalle e si sente responsabile anche quando non lo è, si domanderà più volte: «Chi sono “i mostri”? Chi può giungere a tanto?»
«Professori, impiegati, operai, dai 20 ai 60 anni, il tuo vicino di casa, il salumiere che ogni mattina sorride e ti serve un etto di prosciutto, il postino, il direttore di banca che non ti concede il mutuo. Sposati, con figli, celibi, vedovi, single, divorziati. Tutto e niente. […] una massa grigia di insospettabili senza occhi né volto, un corpo confuso, nebbioso, senza forma. Come lo affronti?»
E Schiavone lo affronterà, a costo di non dormirci la notte, insieme a tutta la sua squadra costituta da uomini imperfetti e pieni di contraddizioni, ma difesi dal loro capo (imperfetto tra gli imperfetti) come farebbe un padre che dei propri figli accetta anche i difetti…
Quella che dovrà affrontare Rocco Schiavone in Le ossa parlano è una storia che reclama giustizia e verità, che indigna, che richiederebbe l’intervento di “Supereroi” come quelli tanto amati dal piccolo Mirko. Ma il nostro vicequestore è, in realtà, un anti-eroe: rude, ruvido e un po’ stropicciato come il suo loden. È comunque simpatico ai lettori perché Manzini ha creato un personaggio che è paragonabile a uno di noi. La sua vita, dal passato poco glorioso e dal futuro piuttosto incerto, è costellata da piccoli successi e da grandi fallimenti. E lui vive (anzi sopravvive), si dedica anima e corpo alle indagini, s’incazza il giusto perché come si sa è insofferente alle “rotture”, ma ci mette sempre la faccia, si sporca le mani, affonda i piedi nel fango e ci lascia lì a guardare come riuscirà ad affrontare un ennesimo abbandono.
«L’abbandono, quello temeva da sempre. E più lo temeva, più la vita lo puniva. Amici, amori, famiglia, affetti sembravano allontanarsi da lui come calamite di segno opposto. Non sapeva come interrompere questa catena, si sentiva impotente e preda della crudeltà del destino.»
Infatti anche questa volta Schiavone è messo alla prova con amici che vanno e amici che tornano, con amori che vogliono essere lasciati liberi e con quelli che reclamano prepotenti un loro spazio.
Con una scrittura semplice, ma fluida e dinamica e con una narrazione in terza persona Le ossa parlano ci porta ad affrontare anche il tema dei “figli”: desiderati e mai avuti (nonostante si sia fantasticato più volte sul loro nome); quelli putativi come il giovane Gabriele (che Rocco dovrà imparare a lasciar andare) o come la squadra sgangherata (che senza la sua guida non sa ancora camminare da sola); quelli pelosi partoriti dalla cagnetta Lupa ed infine quelli vittime di maledetti mostri che urlano richieste di aiuto perché nessuno più debba subire ciò che ha subito il piccolo Mirko.
Antonio Manzini, straordinario come sempre, ci ha regalato un’altra storia avvincente, ricca di umanità e pregna di forti emozioni, che ci coinvolge dalla prima all’ultima pagina e poi ci lascia lì a guardare un uomo girato di schiena che si allontana, con il suo loden, con le mitiche Clarks e con uno sbuffo di fumo che volteggia nell’aria. Tornerai Rocco Schiavone? Io spero di si…