Dal 23 gennaio 2020 è disponibile in libreria il settimo romanzo dello scrittore Roberto Costantini, intitolato Una donna normale.  L’autore non ha bisogno di grandi presentazioni: ingegnere e consulente aziendale, con un master in Management Science conseguito a Stanford in California, è dirigente della rinomata Luiss Guido Carli di Roma, università presso cui insegna. Come scrittore si è affermato nel 2011, grazie al suo primo romanzo Tu sei il male (menzione al Premio Scerbanenco e vincitore premi “Azzeccagarbugli” e “Camaiore”), seguito nel 2012 e nel 2014 da Le radici del male e Il male non dimentica, che hanno chiuso la cosiddetta “Trilogia del male”, premiata con il Premio Scerbanenco del 2014 come “migliore opera noir degli anni 2000”. A questa trilogia è seguita La moglie perfetta, finalista al premio Bancarella 2016, e nei successivi due anni Ballando nel buio e Da molto lontano. Se fin qui tutti i libri di Costantini erano griffati Marsilio e avevano come protagonista il commissario Balistreri, Una donna normale rappresenta un nuovo inizio – o almeno un nuovo filone – nella misura in cui è pubblicato da Longanesi e tiene a battesimo un nuovo personaggio (una funzionaria dei servizi segreti).

Si tratta di un thriller che affronta tematiche molto controverse e attuali, come quelle degli attentati, del terrorismo, delle cronache degli sbarchi.

“Ice” è infatti una donna sotto copertura, una 007 col delicato compito di reclutare e gestire spie da infiltrare nelle moschee; ma è anche Aba Abate, una donna qualunque con un’amica libraia, due figli adolescenti (quindi problematici) e un marito pubblicitario aspirante scrittore, ai quali fa credere di essere soltanto una semplice impiegata ministeriale. La situazione precipita quando un informatore la avvisa che entro una settimana arriverà in Italia dalle coste libiche un “little boy” (come l’atomica sganciata su Hiroshima), per fare un “big bang”. Leggasi: un uomo-bomba, un pericoloso terrorista con intenti dinamitardi, pronto a farsi esplodere in qualche luogo affollato.

“Little Boy potrebbe farsi saltare in aria nella discoteca o nel pub dove vanno i figli di chiunque di noi, distruggendo in un solo istante tutto ciò che abbiamo costruito in una vita”.

La soluzione di una simile emergenza richiede una dedizione totale. Aba non ha altra scelta che quella di trasformarsi in “Ice”. Questo implica riunioni coi capi, orari di lavoro snervanti, frequentazioni assidue con personaggi infidi, improvvisi voli in Libia, a Lampedusa, in Niger a bordo dei “Falcon 900” in dotazione ai nostri Servizi. Come è possibile, in un simile scenario, gestire la colf, il parrucchiere, i figli, la spesa per la cena, in una parola la vita quotidiana e familiare? La donna è obbligata a sperimentare sulla propria pelle quanto sia frustrante possedere questa doppia identità e quanto sia difficile far convivere l’una con l’altra. Quando le emergenze familiari e lavorative si sovrappongono, i nervi della donna sono messi a dura prova e in pochi giorni (tutto avviene in due settimane, da domenica a lunedì, come scandiscono i titoli dei capitoli) sembra crollarle il mondo addosso.

Mentre leggiamo delle difficoltà di Abe, per estensione siamo anche spinti a interrogarci  sul difficile equilibrio cui ogni comunità democratica aspira, quello cioè tra le libertà individuali da un lato e la sicurezza nazionale dall’altro. Un equilibrio instabile che potrebbe implicare scelte sofferte e penose.

Pur trattandosi di un’opera di fiction dall’architettura piuttosto complessa, si percepisce lo studio svolto dall’autore per rendere gli ambienti, le dinamiche e i personaggi molto realistici e credibili.

Il romanzo gioca inoltre su distinti piani narrativi. A quello del racconto fattuale si alternano e si sovrappongono continuamente quello più umanitario del vissuto in prima persona della protagonista e quello più psicologico (in corsivo) del suo pensiero. Ciò avviene senza intoppi, con una naturalezza encomiabile, centrando in pieno vari obiettivi come movimentare la narrazione, generare immedesimazione e instaurare un rapporto di empatia e complicità con il lettore.

Articolo protocollato da Leonardo Dragoni

Romano, classe 1974, dottore in scienze politiche con due master e varie esperienze umane e lavorative, si è tardivamente innamorato di scrittura creativa e di narrativa, in particolar modo quella gialla e noir ad ambientazione storica, generi nei quali ha pubblicato due romanzi ("La psicologia del viola", 0111 Edizioni, 2015; "I figli dell’oblio", Clown Bianco Edizioni, 2018 - candidato al premio internazionale Lattes Grinzane).

Leonardo Dragoni ha scritto 59 articoli:

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