Chi, come il sottoscritto, vive a Milano (ma credo valga per molte altre grandi città italiane) si sarà accorto da settimane del fatto che è ormai iniziata Narcos 3.
In metropolitana così come in superficie siamo bombardati da cartelloni pubblicitari che di solito espongono qualche combinazione di proiettili, righe di cocaina e dollari arrotolati con i quali comprarla e sniffarla.
Insomma, la sacra triade dei cartelli, di qualsiasi organizzazione criminale dedita al contrabbando e spaccio: violenza, droga e soldi, resa fin troppo glamour da molti film e serie televisive. E il primo fattore, la violenza, ha in qualche modo tracimato dallo schermo alla vita, dalla fantasia alla realtà. È infatti successo che Carlos Muñoz Portal, impegnato a cercare le giuste location per la quarta serie, già in preparazione, è stato ucciso proprio da malviventi simili a quelli che vengono narrati in questi telefilm.
Concepita da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro per Netflix, Narcos ha trionfato nelle prime due stagioni grazie al personaggio di Pablo Escobar, interpretato in modo indimenticabile da Wagner Moura.
Escobar è però morto alla fine della seconda stagione e in molti hanno pensato che fosse impossibile andare avanti.
Narcos 3 è invece già in programmazione su Netflix, è strutturato in dieci puntate e sembra più vivo che mai, e molto probabilmente il motivo di questa vitalità sta proprio nella morte di Escobar. Andiamo a scoprire alcuni dei protagonisti di questa terza stagione di Narcos, insieme a qualche elemento della trama, per poi tornare sull’evento cardine che ha mutato in modo irreversibile questa serie.
Sappiamo tutti, per come è andata la storia e sappiamo che, per quel che accade tutt’ora negli USA e in ogni regione del mondo, la guerra alla droga, la famosa war on drugs iniziata dal presidente Nixon e man mano rafforzata da altre figure istituzionali quali per esempio Ronald Reagan, è stata continuamente persa dalle forze dell’ordine e non c’è all’orizzonte alcun presagio di vittoria. L’impiego di sostanze stupefacenti è una costante nel corso della nostra evoluzione come specie, e i maggiori successi si incontrano quando si affronta il problema come una questione di salute pubblica e non come una questione di sicurezza e crimine.
Fino a quando si considererà la questione esclusivamente dal punto di vista dell’ordine e delle forze militari, i governi saranno destinati a continue sconfitte, mentre se si avvieranno, come comincia ad accadere, ricerche scientifiche sull’impiego delle droghe, lo scenario potrebbe mutare anche tenendo conto dei notevoli risultati ottenuti dai pochi Paesi che hanno un’attitudine più permissiva nei confronti di questi consumi ricreativi.
Rimane quindi, dato per noto il risultato finale, la sfida di rendere interessante una partita che si sa già come andrà a finire. Tolto Pablo Escobar dall’equazione, l’attenzione si concentra sul Cartello di Cali, una organizzazione criminale che aveva come base appunto Cali, terza città della Colombia, situata a sud ovest della nazione.
Fondato negli anni Settanta, fin dai primi Ottanta il cartello di Cali è stato in contrasto con quello di Medellin e per lungo tempo ha avuto come uno degli scopi principali l’eliminazione di Pablo Escobar. Dopo gli eventi narrati nella seconda stagione, il personaggio principale che rimane anche in Narcos 3 è Javier Peña (Pedro Pascal), agente della DEA che si trasforma in voce narrante di questa serie e affronta il pericoloso cartello colombiano.
Cartello che ha fondamentalmente quattro anime, ben suddivise e caratterizzate: Gilberto Rodriguez Orejuela (Damian Alcazar) è quel che più si avvicina alla figura del leader, del boss; Miguel Rodriguez Orejuela (Francisco Denis), fratello di Gilbert, è il cervello dietro la forza bruta; Chepe Santacruz Londono (Pepe Rapazote) si occupa della sezione di New York e infine Pacho Herrera (Alberto Ammann) è alle prese sia con la distribuzione mondiale che con i rapporti con le gang messicane, trovando anche il tempo per ammazzare a destra e a sinistra.
Ci sono poi personaggi secondari ma altrettanto interessanti quali il figlio maggiore di Miguel, David Rodriguez (Arturo Castro), classica figura che indugia a lungo prima di entrare negli alti livelli dell’organizzazione; Franklin Jurado (Miguel Angel Silvestre) che si occupa del fondamentale aspetto del riciclaggio del denaro sporco; Jorge Salcedo (Matias Varela), che dovrebbe occuparsi della sicurezza dei suoi capi ma è più che altro concentrato a proteggere moglie e figli e, dall’altra parte della barricata, le nuove leve della DEA, Chris Feistl (Michael Stahl-David) e Daniel Van Ness (Matt Whelan), tanto volenterosi quanto poco attrezzati ed esperti.
Tutto è diverso rispetto al regno di Escobar: è differente l’attitudine nei confronti del governo colombiano, si tende per quanto possibile a tenere un profilo più basso e ad attirare minore attenzione, e scompare per certi versi l’attitudine machista un po’ stereotipata ed esagerata che aveva caratterizzato il precedente ciclo narrativo.
La morte di Escobar provoca anche un effetto strutturale sulla sceneggiatura, che per me è forse il dato più interessante di questa stagione: si passa dal protagonismo assoluto dell’unico boss a una storia corale e frammentata, con diversi protagonisti di grande spessore.
Impossibile non citare l’importanza in Narcos 3 della figura di Pacho Herrera, boss e assassino apertamente gay, capace di ballare con un uomo immediatamente prima di ammazzarne (in modo molto, molto cruento) un altro e in grado di sconfiggere vari stereotipi e presunzioni con una figura che fa capire come i gusti sessuali non intacchino minimamente la mascolinità in varie situazioni.
Narcos 3 è disponibile su Netflix a partire dal primo settembre e consta di dieci episodi:
La strategia del capo;
Il KGB di Cali;
I soldi fanno girare il mondo;
Scacco matto;
MRO;
I piani migliori;
Senza uscita;
Convivere;
Tutti gli uomini del presidente;
Ritorno a Cali.
È già prevista una quarta stagione di Narcos, che sposterà l’attenzione dalla Colombia verso il Messico, su gruppi criminali che, se possibile, sono ancora più violenti, spietati e crudeli.
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