“Pulcinella è cattivo” (Clown Bianco Edizioni, 2019), già vincitore del premio “GialloLuna Neronotte” per il miglior romanzo inedito del 2018, è l’ultima fatica letteraria dell’autore partenopeo Gianluca di Matola, già conosciuto in questi lidi per essersi classificato secondo nella prima edizione del nostro concorso letterario “Thriller Café“ (qui il bando della seconda edizione), sempre nel 2018, con il racconto “Il giorno dei morti”. Sono numerosi i riconoscimenti per Di Matola, che esordisce nel 2010 con il romanzo “Dieci.Ventotto”. Il periodo migliore dell’autore inizia però nel febbraio del 2016 quando con il racconto “Polvere” vince il concorso letterario “Ho un racconto nel cassetto” organizzato dalla Nunzio Russo editore. Ciò gli permette di pubblicare con lo stesso editore il romanzo “Come pioggia sulla terra”. Nel frattempo, nel settembre del 2016, il suo racconto “Ottani” gli vale un riconoscimento al premio “Giorgio Scerbanenco” di Lignano Sabbiadoro. È ancora il 2016 quando Gianluca arriva in finale al “Garfagnana in giallo” con il racconto intitolato “Quando la sabbia è cemento“. Nel 2017 scrive nell’antologia “L’altalena” per le edizioni Alt, mentre nel 2018 esce in libreria “Luce” (scritto con Bettina Bertalesi), che nel febbraio 2019 vince il “Casa Sanremo Writers”.
“Pulcinella è cattivo” – che recensiamo oggi – esce invece in libreria nel febbraio 2019 ed è un viaggio nelle viscere della perversione e della malvagità umana. Sara Venturi, giovane ispettrice giunta da Catania alla omicidi di Napoli, è impegnata da due anni nel caso dell’omicidio di due bambini nelle palazzine rosa del quartiere periferico e popolare Ponticelli, un sobborgo molto popoloso con forti infiltrazioni camorristiche. Un quartiere operaio, abituato a sbrigarsela da solo, senza l’aiuto delle istituzioni. Un quartiere le cui contraddizioni sono ben note all’autore, che grazie alle sue origini le ha vissute sulla propria pelle. Da questo punto di vista Di Matola è maestro nel raccontare dal basso le dinamiche di un rione e di un quartiere, che rispetto ai grandi centri urbani conserva ancora degli aspetti peculiari anche in positivo, come la solidarietà e il senso di comunità e di appartenenza, che tuttavia sembrano incapaci di inibire l’esplosione di quell’atrocità spietata (tipica di un’umanità problematica e logora) che proprio in periferia sembra trovare il suo humus. Comunque di fronte alla morte di due bambini perfino la malavita è dalla parte delle forze dell’ordine, e questo facilita Sara nel guadagnare il rispetto e la collaborazione in quei difficili ambienti appannaggio della criminalità organizzata. L’ispettrice conosce così tutti gli abitanti delle palazzine e soprattutto le famiglie dei due bambini, che già da un paio d’anni aspettano giustizia. Umberto e Vanessa, di sette e otto anni, sono le vittime innocenti di un mostruoso pedofilo, che prima di finirli e farli ritrovare senza vita su un lercio pavimento di un garage, li ha brutalmente seviziati e violentati. Queste atrocità motivano ulteriormente Sara, ormai ossessionata dalla ricerca del colpevole.
“Nel suo monolocale nel quartiere di Secondigliano, come lettura prima del sonno, Sara non smetteva di sfogliare i fascicoli che riguardavano i sospettati. Anche se avrebbe potuto recitare a memoria ogni pagina”.
Quando però, a causa della mancanza di sviluppi, l’indagine si arena e rischia di esserle tolta, inizia per lei una corsa contro il tempo che affronterà insieme alla sua squadra speciale composta dal suo capo Stani e dal saggio e riflessivo collega Boris Lorenzi, invaghito di lei; ma anche da Luisa – giovane ragazza dal passato molto doloroso, che vive alle palazzine rosa – e dall’imponente Franz, un Rottweiler affettuoso e maldestro. Tutti i variegati personaggi di questo thriller risultano evoluti e ben costruiti, tanto che insieme riescono a dare una voce polifonica alla narrazione, che si sviluppa sempre attraverso complessi equilibri senza scadere nel prevedibile e neppure nel morboso. Sebbene la trama giunga ad una conclusione e la matassa venga dipanata nel finale, non proprio tutti i nodi della narrazione verranno al pettine, come è realistico che sia in un’indagine lunga, complessa e delicata quale quella affrontata dalla nostra eroina. Grazie a una scrittura nitida, pulita e uniforme, la lettura risulta abbastanza piacevole e scorrevole, nonostante l’inevitabile angoscia di fondo trasmessa dall’indagine e dalla situazione nel suo complesso. È opinione di chi scrive che quest’apparente contrapposizione tra forma e sostanza conferisca un sapore autentico e un colore originale al romanzo.
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- Editore: Clown Bianco Edizioni
- Autore: Gianluca Di Matola