Con La banda degli amanti (Edizioni E/O, 2015) Massimo Carlotto scrive un altro capitolo della serie dedicata all’investigatore ‘senza licenza’ Marco Buratti, detto l’Alligatore. Un nomignolo che sembra dirla lunga sull’uomo che lo ‘indossa’ come una seconda pelle ma che in realtà sorprende il lettore esattamente come accade ogni volta che si scorrono le pagine scritte dalla penna di un grande maestro.
Ancora una volta Carlotto ci porta a elaborare considerazioni amare sulla società odierna, sui suoi mali, le degenerazioni, le perversioni che sembrano non voler risparmiare alcuno. Ci porta a conoscere ‘il nuovo crimine’ che ben si adatta ai tempi e si scontra con quello ‘classico’ zeppo di regole e codici d’onore, sconosciuti alle bande criminali improvvisate e spietate che agiscono seguendo la sola legge del profitto. Uno sfruttamento infinito che non risparmia niente e nessuno, neanche donne e bambini.
«Eravamo consapevoli che la nostra fosse una delle ultime. Faceva parte di un mondo criminale che andava scomparendo, di cui eravamo stati protagonisti a vario titolo per un ventennio. Ora stava andando in pezzi, sostituito da organizzazioni e personaggi che ci facevano ribrezzo e con cui non volevamo avere nulla a che fare. La modernità, in quel settore, era ormai mafiosa, multinazionale, trasversale a ogni forma di corruzione del potere e delle istituzioni. E nociva. Quando arricchirsi illegalmente significa avvelenare la gente e i territori, concepire la schiavitù, mescolarsi con politici, imprenditori e boss della finanza, gli uomini liberi e con una coscienza abbandonano la festa.»
L’Alligatore si è rifugiato in Sardegna, per cercare di affogare dolore e disperazione e scomparire lentamente ma nella maniera più dolorosa possibile, quando viene raggiunto e avvicinato da una donna ricca e straniera che vuole il suo aiuto per ricostruire i tasselli della sua esistenza ‘perfetta’, minata da una ‘ombra’ che lei non vede l’ora di chiarire e far scomparire. Per risolvere il caso Buratti sarà costretto a collaborare con l’ispettore Giulio Campagna, il quale crederà per tutto il tempo di avere ogni diritto di maltrattarlo perché privo di regolare licenza ed ex galeotto.
Anche se non vuole ammetterlo neanche a se stesso, Campagna sa benissimo che non sono quelli come l’Alligatore il vero problema della società e così, fingendo reticenza, lo aiuta volentieri.
«Finse di guardare una vetrina dell’ennesimo negozio di calzature cercando di calmarsi. La commessa annoiata sfogliava una rivista. Attività come quelle crescevano a dismisura in quel periodo. Erano perennemente vuote e battevano decine di scontrini. Il miracolo dei periodi di crisi. Ma il riciclaggio sosteneva l’economia e ormai tutti chiudevano gli occhi. Anche lui.»
L’Alligatore, Max la Memoria e Rossini, tormentati dai fantasmi della spiaggia di Beirut, si tuffano a capo fitto nel caso della ‘banda degli amanti’ non solo e non tanto per aiutare ‘la svizzera’ ma soprattutto per vedere se possono ancora farcela a ricostruire delle vite, le proprie. La storia e l’epilogo ricompensano abbondantemente il lettore che cerca nell’intreccio la suspense di un noir premiandolo anche con gli indizi che lasciano facilmente sperare nel prosieguo delle ‘avventure letterarie’ dell’investigatore ‘senza licenza’ Marco Buratti.
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