signore-del-fuocoAnni ’70. Khalid, immigrato pakistano, arriva ad Oslo dal Punjab, catapultato in un mondo letteralmente incredibile per lui, dai costumi troppo disinvolti, e dovrà faticare per riuscire a trovare la sua strada e garantire prosperità alla propria famiglia senza rinunciare alla sua cultura ed alle sue tradizioni.

Aprile 2003. Dan-Levi, giornalista e fervente pentecostale, sta seguendo il caso degli incendi che da qualche tempo colpiscono i dintorni della capitale norvegese. Il piromane crea qualcosa di cui è padrone ma che allo stesso tempo è più grande di lui, una forza demoniaca e divoratrice. Il fuoco, simbolo ancestrale di purificazione, consuma la sua rabbia, ma è uno sfogo momentaneo, un circolo vizioso che si auto-alimenta. Il fuoco parla, sussurra il suo volere. Ed è un richiamo irresistibile.

Karsten è un adolescente qualunque, un po’ troppo nerd per i suoi compagni: ama la matematica, è un mezzo genio e a scuola è considerato lo studente più noioso del Nord Europa. Incontra Jasmeen, una giovane pakistana la cui famiglia non gradisce affatto le attenzioni che i due ragazzi si scambiano. D’altronde, anche la tollerante Norvegia sembra guardare con estrema diffidenza agli immigrati musulmani: a soli due anni dall’11 settembre 2001, basta poco ad innescare la miccia per una situazione esplosiva, su cui tutti gettano benzina sul fuoco. Le metafore ignee sono, ovviamente, tutte volute.

Forse, superficialmente, non ci si aspetterebbe questo clima d’odio e intolleranza in Norvegia, eppure è proprio così: anche se Torkil Damhaug non sembra volersi accanire contro gli immigrati, tutti i personaggi considerano la comunità islamica oppressiva e retrograda nella sua totalità, senza alcuna eccezione. Un fastidio, quando non un problema. D’altronde tutti i pakistani presentati nel libro rispondono allo stereotipo del musulmano violento, ed anche se l’autore ha l’accortezza di dipingere a tinte fosche anche la loro controparte norvegese, se ci limitiamo a considerare gli aspetti sociologici di questo romanzo esso ci lascia più di un dubbio. Leggere il libro in un momento di forti tensioni come questo rafforza le nostre perplessità e ci fa riflettere su quanto sia difficile e delicata la trasposizione letteraria di temi di strettissima attualità.

In ogni caso, Karsten è alle prese con tutt’altra guerra: quella interiore che lo scombussola da quando Jasmeen è entrata nella sua vita. Gli piace? No? E allora perché non riesce a smettere di chiamarla e scriverle? Classici turbamenti giovanili, che complicano terribilmente l’equazione della vita dell’adolescente, non avvezzo a considerare fattori irrazionali quali i sentimenti. Un amore contrastato, come quello di Romeo e Giulietta, o quello di Ranjha e Heer, protagonisti di un racconto pakistano analogo alla storia shakespeariana. Le parti più riuscite del romanzo sono proprio quelle dedicate a Karsten, seguito dall’autore nei suoi rapporti difficili coi coetanei, nei suoi pensieri decisi ma confusi, nei suoi approcci impacciati con l’altro sesso. Un periodo della vita, quello delle scuole superiori, che non può non fare tenerezza e suscitare malinconici ricordi e più di un sorriso.

Suo malgrado, e con la complicità di un supplente della scuola che frequenta, Karsten scoprirà il sottobosco dell’estrema destra norvegese, quel brodo culturale intriso di paganesimo, violenza, machismo e frustrazioni, che ritiene di dover agire per contrastare il declino della civiltà occidentale minacciata dall’islam. Come non pensare a Breivik e alla strage di Utøya?

Nel frattempo, gli incendi proseguono senza sosta. Il piromane gode nell’esrcitare un controllo totale sugli altri. Sa tutto dei poliziotti e dei giornalisti che seguono il caso; li osserva ma non si fa vedere. Più che l’azione in sé, lo eccita questa sensazione di potere: se solo volesse potrebbe colpire, e tanto basta. E poi c’è il fuoco, l’arma indomabile del suo dominio. E’ nel controllo che si esercita anche la sua violenza: pur motivato dall’odio, non agisce con scatti d’ira ma con gesti pesati, gestendo la propria rabbia, convogliandola in obbiettivi precisi; ci penserà poi il fuoco a dar sfogo a tutto il suo livore con impeto incontrollabile. Questa escalation di violenza, però, ad un certo punto si blocca senza che Damhaug spieghi veramente il perché. Istruiti da migliaia di ore spese a leggere di serial killer e ad osservarne le imprese nelle serie tv a loro dedicate, ci chiediamo se sia possibile che una tale ossessione patologica possa interrompersi così di colpo.

Il signore del fuoco è un thriller atipico: nonostante il titolo, il piromane non è esattamente il centro del romanzo, che si sviluppa lungo diverse direzioni senza che l’una prevalga sulle altre. L’incendiario, poi, non è un vero e proprio serial killer: l’omicidio, soprattutto inizialmente, è più una conseguenza delle sue azioni che il loro scopo principale; non è presente un’indagine ufficiale (la figura di Roar, il poliziotto sul caso, è marginale); Torkil Damhaug non cerca il colpo ad effetto per alzare la tensione, lascia invece che il racconto, nella sua forma piana di resoconto, metta le carte in tavola da solo senza caricarle con trucchi studiati a tavolino. Pian piano capiamo come stanno davvero le cose, grazie ai dettagli che emergono spontaneamente con lo scorrere delle pagine.

Inusuale anche la struttura: a metà libro Karsten, che è stato fino a quel momento il protagonista, scompare misteriosamente lasciando parola a sua sorella Synne, grazie anche ad un nuovo salto temporale: arriviamo infatti all’aprile 2011; scrittrice in crisi, per rimarginare la ferita della sparizione del fratello che ancora le fa male, Synne ritorna ad indagare su quei tragici fatti. La scrittura diventa per lei una vera e propria terapia che fa riemergere inquietanti rimossi all’origine dei suoi sensi di colpa e del suo malessere profondo, ma la sua ricerca disseppellirà vicende che qualcuno è fermamente intenzionato a far rimanere segrete.

Durante l’indagine, che finirà per coinvolgere anche il giornalista Dan-Levi, Synne incappa in diverse possibili soluzioni, ma è difficile dire, in mezzo a tanti vicoli ciechi, quale sia l’unica strada da seguire: chi sta mentendo? Cosa è successo a Karsten quella sera? La ragazza dovrà vincere le sue paure e le sue ritrosie, oltre ad una vera selva di piste false, per arrivare alla verità, fino ad un finale spiazzante che ribalterà tutte le credenze del lettore lasciando uno spiraglio di luce nell’oscurità che ci circonda.

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Il signore del fuoco
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Il signore del fuoco
  • Damhaug, Torkil (Autore)

Articolo protocollato da Nicola Campostori

Laureato in Scienze dello Spettacolo, vive nella Brianza tossica. Attualmente lo puoi trovare in biblioteca, da entrambe le parti del bancone. Collabora con "Circo e dintorni". Ama il teatro, e Batman. Ha recitato, a volte canta, spesso scrive, quasi sempre legge. Nutre i suoi dubbi, ed infatti crescono bene.

Nicola Campostori ha scritto 76 articoli: