L’Isola di Lark – Julie Mayhew
Care amiche e amici del Thriller Café, oggi vi accompagniamo su un’isola britannica dimenticata dal tempo, nascosta dalla nebbia per buona parte dell’anno. Il libro di cui vi parliamo, infatti, è l’Isola di Lark della scrittrice e giornalista inglese Julie Mayhew, edito da Corbaccio.
L’isola è un microcosmo a parte. I telefonini non hanno campo, le porte delle case si lasciano aperte, e le uniche attività commerciali sono un piccolo emporio e un pub. Viola è un’adolescente, una “coycrock” (forestiera, nello slang isolano) dai capelli rossi, sbarcata da poco dopo tre nauseabondi giorni di mare insieme al suo inseparabile cagnolino Dot. Lei e la madre hanno abbandonato il continente in seguito a un non meglio precisato “incidente”, che scopriremo solo addentrandoci nelle spire della narrazione.
E poi c’è Miss Cedars. Tutti la considerano destinata a una vita da “zitella”, ma l’arrivo di un nuovo professore sull’isola scompaginerà la sua routine, aiutandola a scoprire una parte di sé che fino ad allora non aveva esplorato.
Fino a qui, sembra quasi un romanzo rosa, ma l’Isola di Lark vi riserva qualcosa di più. In mezzo ai suoi boschi infestati dalle volpi, infatti, si nasconde un circolo di pietre grigie che si innalzano sull’erba. È considerato da tutti un posto magico e misterioso, tanto che agli uomini è proibito accedervi. Ultimamente, però, è diventato il luogo di ritrovo delle Ragazze Grandi. Sono tre adolescenti, ognuna con una diversa tonalità di capelli. Indossano ampie tuniche bianche e compiono strani riti nel cerchio di pietre, riti che fanno parlare l’intera isola. Ed è proprio in questo circolo sacro che viene trovato un cadavere, che scatena le paure più oscure degli abitanti dell’isola, riportando alla luce antiche superstizioni…
Questo romanzo di Julie Mayhew è una lettura molto particolare. La scrittrice, infatti, esplora con pennellate delicate e accurate il piccolo universo narrativo dell’isola di Lark, soffermandosi sulle passioni e pulsioni più intime dei personaggi femminili e lasciando sempre qualcosa di non detto, che ci spinge a continuare la lettura. Oltre a una prosa che si dipana circolare e ipnotica, il lettore avvertirà anche un senso di minaccia incombente, tanto più conturbante perché vago, non ben precisato.
Tra le pagine si possono trovare dei riferimenti interessanti. Per esempio, c’è un’isola britannica intrisa di paganesimo che fa subito pensare a The Wickerman (quello del 1973, diretto da Robin Hardin, non il remake del 2006 che, per quanto io ami Nicholas Cage, non è all’altezza). Anche in questo caso, infatti, un forestiero sbarca con il proposito di indagare su degli strani riti, fino a trovarsene involontariamente protagonista.
Nel libro troverete anche ragazze vestite di bianco che si muovono in un’atmosfera rarefatta e inquietante, proprio come in un altro capolavoro cinematografico, Pic Nic a Hanging Rock di Peter Weir (1975). E poi c’è un’indagine psicologica che scava sotto le convenzioni sociali, una sorta di versione british e isolana del celebre romanzo I peccati di Peyton Place di Grace Metalious.
In sintesi: se amate il thriller d’azione, quello dove “succedono delle cose”, vi consiglio di evitare accuratamente questo libro, perché finireste forse col trovarlo noioso. Se invece siete alla ricerca di un’esperienza di lettura più intima, con un’atmosfera lunare e perturbante, potrete apprezzare lo stile di Julie Mayhew e trovare sollievo dalla calura estiva tra le nebbie dell’Isola di Lark.
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