sherlockHarperCollins Italia porta nelle librerie italiane L’arte nel sangue, esordio in narrativa di Bonnie MacBird, un pastiche che riporta in azione l’investigatore più noto di tutti i tempi, Sherlock Holmes, mettendolo a confronto con più di un caso e più di un antagonista, il tutto i un momento già particolarmente difficile per la sua carriera.

Fino a questo titolo il nome di Bonnie MacBird è stato principalmente legato al mondo cinematografico, visto che questa autrice americana, nata a San Francisco, ha lavorato nel settore a partire dagli anni Settanta con vari incarichi in qualità di produttrice e sceneggiatrice e ha contribuito alla creazione del soggetto di Tron insieme a Steven Lisberger.

Questo suo esordio nella narrativa rispecchia il forte interesse che la scrittrice ha sempre avuto nei confronti del famoso personaggio creato da Arthur Conan Doyle e in versione originale ha incontrato il plauso di pubblico e critica, al punto che, dopo L’arte nel sangue, Bonnie MacBird è già al lavoro su un nuovo romanzo avente come protagonista Sherlock Holmes, Unquiet Spirits, la cui pubblicazione è prevista entro il 2017.

L’arte nel sangue fotografa Sherlock Holmes in quella che è la fase iniziale della sua carriera: l’investigatore è reduce dal confronto con Jack lo Squartatore, la cui risoluzione ha lasciato scontento il governo inglese, e il Dott. Watson, sposatosi da poco, ha traslocato per andare a vivere con Mary Morstan.
L’anno è il 1988, Uno studio in rosso è stato pubblicato da poco, Holmes ha solo trentaquattro anni ed è in sostanza agli esordi della gloriosa carriera che lo attende.

Sherlock Holmes giace in un profondo stato di depressione accompagnato da un abuso e dipendenza dalla cocaina e sembra che nemmeno l’intervento di Watson riesca a distoglierlo quando, inaspettata, giunge una lettera da Parigi, profumata e scritta con un inchiostro evanescente.
L’ha scritta Emmeline La Victoire, una stupenda cabarettista francese che è solita recitare e cantare allo Chat Noir e che chiede aiuto a Holmes per un fatto molto grave: suo figlio Emil, che Mademoiselle La Victoire ha avuto dal Conte di Pellingham, è scomparso e lei è stata assalita per strada.

Holmes, che sta già indagando sulla morte di alcuni bambini in un setificio nel Lancashire, decide di recarsi immediatamente a Parigi insieme al fido Watson. Lì, oltre a incontrare Emmeline, fa la conoscenza dell’amante di lei, il detective francese Jean Vidocq, un uomo privo di scrupoli e dalle maniere brusche, che sta indagando sul furto di una preziosa stata di Nike, scomparsa a Marsiglia.

Holmes e Watson scopriranno lentamente che i tre casi sono tutti collegati e, oltre a doversi confrontare con il misterioso malfattore, dovranno anche tenere a bada sia Vidocq che il minaccioso fratello di Holmes, Mycroft. Riusciranno i due a fermare gli omicidi dei bambini e ritrovare Emil prima che sia troppo tardi?

Bonnie MacBird insegna sceneggiatura cinematografica alla UCLA e ho già menzionato i suoi precedenti incarichi proprio perché penso che la sua formazione si rifletta anche nello stile e contenuti di questo L’arte nel sangue, che è una buona aggiunta alla serie di apocrifi dedicati all’inquilino del 221B di Baker Street.

Ci troviamo di fronte a uno Sherlock Holmes ancora giovane, preda di tutti i suoi tormenti interiori, molto capace ma ancora ben lontano dal mestiere e dalla perfezione che lo attendono, un Holmes che può benissimo cadere in errore e la cui caratterizzazione psicologica, così come quella del dottor Watson e il loro rapporto, ricorda più da vicino le recenti opere cinematografiche e televisive dedicate al personaggio più che il vero e proprio canone di Arthur Conan Doyle. In aggiunta può capitare più spesso del “solito” di osservare Sherlock in preda a emozioni forti, cosa ben comprensibile vista la natura del caso in questione, riguardante la morte di alcuni bambini.

Altro elemento che gli appassionati di questo detective individueranno con una certa facilità è un body count più alto della media, così come una conclusione forse più affrettata e meno precisa e soddisfacente rispetto alla gestione dei vari atti precedenti.
I due punti di forza principali di questa scrittrice, ancora più sorprendenti visto che ci troviamo di fronte a un esordio, sono la sua capacità di creare e gestire le psicologie dei vari personaggi secondari, tutti tratteggiati sapientemente con poche frasi, e lo strano quanto riuscito modo di dipingere e rendere viva l’atmosfera vittoriana.

Bonnie MacBird adotta infatti, e difficilmente potrebbe essere altrimenti vista la sua formazione, uno stile asciutto e secco, composto da periodi molto brevi e un fitto bombardamento di dialoghi che richiamano alla mente la sceneggiatura cinematografica e che rendono questo pastiche molto più dinamico rispetto alla media di opere similari.

Naturalmente le basi rimangono invariate: Holmes conserva i suoi problemi di dipendenza, la sua ferrea e profonda logicità, la possente capacità di osservazione e anche quel po’ di presunzione e petulanza.
Watson d’altronde rimane tanto fedele quanto talvolta esacerbato dai modi dell’investigatore, ma la trasferta parigina ha il merito di rimescolare le carte in tavola e di far uscire questi due personaggi dall’amata ma fin troppo conosciuta e rappresentata Londra, un modo funzionale e azzeccato per sottoporre al fan che conosce ormai a memoria questo personaggio qualche elemento nuovo.

Anche l’introduzione rispetta i canoni, con l’autrice che descrive il ritrovamento del manoscritto in occasione di alcune sue ricerche sulla medicina vittoriana alla Wellcome Library.
L’arte nel sangue di Bonnie MacBird è una piacevole aggiunta al corpus delle opere dedicate a questo personaggio e gli appassionati, dopo aver divorato questo volume durante le vacanze estive, potranno attendere con una certa fiducia il prossimo Unquiet Spirits.

Come ci ricorda Nicholas Meyer, citato anche dall’autrice, di Sherlock Holmes “non ne abbiamo mai abbastanza!”

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