Dopo il successo ottenuto con La moglie del serial killer, Alice Hunter torna in libreria, sempre per Newton Compton, con La figlia del serial killer.

Siamo nella campagna del Devon, una bambina scompare nel nulla. È un crimine che, in apparenza, non avrebbe ragione di esistere in un villaggio di pecore e mucche, ma per Jenny – veterinaria di giorno, figlia di un mostro di notte – assume contorni di terrificante dejà-vu.

Jenny, un tempo Jane, ha infatti spinto lontano ogni ricordo del padre, il serial killer noto come “Painted Lady Killer”. Ma ora i dettagli dell’aggressione la fanno tornare agli omicidi e in lei si accende il sospetto: e se il sangue avesse davvero il proprio destino scritto nel corpo? E se, invece di fuggire, Jenny fosse stata condannata a camminare sui passi di un predatore?

Alice Hunter, con il bagaglio della sua esperienza penitenziaria, tesse un’atmosfera tesa come filo spinato: le strade di campagna s’intrecciano a brani della biografia criminale del padre, stralci di “true crime” che gelano il sangue ma spalancano domande. Lo sguardo alternato di Jenny e del marito Mark costruisce un noir domestico, dove il sospetto è materia viva, pronta a insinuarsi fra le mura di casa.

Ma accanto a questi evidenti pregi, il romanzo mostra anche alcuni difetti, soprattutto nel confronto con l’opera precedente di Hunter, che era sembra molto più convincente. In questo caso non sempre la tensione trova lo sprint necessario: alcune rivelazioni arrivano con ritmo incerto, il mistero fatica a decollare e qualche giro di parole rallenta l’adrenalina. Il gran finale infine richiede un piccolo salto di fede, anche se rimane comunque un colpo al cuore.

In definitiva un buon thriller, adatto a chi ama il noir familiare e la vertigine di un’identità in bilico.