Il sonnambulo – Sebastian Fitzek
Comincio mettendolo nero su bianco. Non sono un recensore, sono solo una lettrice. Se questa premessa vi sta bene, procedo col raccontarvi come mai questo psychothriller delirante mi ha letteralmente conquistata.Non conoscevo Sebastian Fitzek, me lo ha suggerito il Barman di Thriller Café Giuseppe Pastore, consigliandomi la lettura de “Il ladro di anime”. Mentre cercavo il titolo in biblioteca la sinossi de Il sonnambulo ha deviato la mia attenzione, in primis perché il protagonista si chiama Leon, e su questo nome ho un feticcio particolare, e in secondo luogo perché il tema centrale del libro sono i disturbi del sonno, il sonnambulismo, le paralisi notturne. Ho finito da poco “Il sogno” di Thilliez e quindi ero ancora a caccia della fascinazione oscura rispetto al “Cosa vedi, cosa fai, chi sei, quando dormi”. Mi sono bastate tre righe di sinossi ed ero già dentrissimo alla storia.
La trama: Il sonnambulo
Ci troviamo in una città che potrebbe essere benissimo nel nostro quartiere. Non conta il dove, perché il dove è dentro tutti noi. Leon vive con la moglie Natalie, un’artista visiva, in un condominio prestigioso progettato da un famoso architetto. Tutto sembra procedere al meglio fino a che la moglie scompare nel nulla, proprio nel momento in cui Leon comincia a notare dei dettagli sospetti, delle dimenticanze, dei vuoti che non riesce a colmare. E se il suo problema d’infanzia legato al sonnambulismo c’entrasse qualcosa? Il dubbio si insinua in Leon, tormentato dall’idea di aver commesso qualcosa di irrimediabile. Terrorizzato, totalmente incompreso e in preda ai ricordi della cura psichiatrica Leon replica in autonomia i test a cui era stato sottoposto da bambino. Nel filmarsi mentre dorme per monitorare i propri comportamenti, scopre di avere una vita notturna della quale è assolutamente inconsapevole. Fino a che punto sonno e realtà possono (con)fondersi?
La scrittura di Fitzek nel romanzo Il sonnambulo
Asciutto, frenetico, ma estremamente semplice: la penna di Sebastian Fitzek è lineare e proprio per questo disorientante. Dopotutto cosa c’è di più facile e complesso di un gioco di specchi? Un labirinto stilistico che ci porta per mano e ci accompagna nella psicosi di Leon e nell’oscurità dell’ambiente che lo circonda. Se è vero che la casa ha gli occhi, noi siamo i voyeur per eccellenza nello scoprire pagina dopo pagina chi è, cosa vede e cosa fa il protagonista. Mi piacerebbe dire “e se tutto non fosse come sembra”? Ma… Se tutto fosse ESATTAMENTE come sembra?
Il mio pensiero sul libro Il sonnambulo
Ho avuto i brividi per tutto il tempo della lettura. Non ho provato l’angoscia, c’è una certa distanza – voyeuristica per l’appunto e anche leggermente perversa – rispetto ai personaggi, ma assistiamo a continui cliffhanger che ci tengono in quello stato di allerta costante, incessante. Ho finito il libro in tre sere: non sarei riuscita a prolungare l’attesa. Il senso del tempo si perde quasi subito: basta pensare che il tempo della narrazione è di pochi giorni, ma per il lettore tempo e spazio sembrano ampliarsi e restringersi come il torace durante la respirazione notturna.
Il sonnambulo di Fitzek mi è piaciuto, e la combo con Il sogno di Thilliez è stata puntuale per entrare in questa spirale onirica. Adesso torno sulla retta via e proseguo con “Il ladro di anime”, ma – dalla sinossi – ho come l’impressione che il tema dei disturbi del sogno continuerà anche in questo thriller.
Date retta a me, se leggete alla sera, non addormentatevi subito dopo la lettura. Ascoltatevi un po’ di Laura Pausini per sciacquare via ogni traccia di frenesia. Ce n’è bisogno.
Sogni d’oro! 😉
Recensione di Elisa Contessotto.
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