“A Roma i giovani della Magliana si stanno prendendo la città, in Veneto la banda dei padovani del Brenta ha messo le mani su Venezia, a Napoli il boss Cutolo, dal carcere, sta costruendo una nuova Camorra e in Sicilia i corleonesi, uniti ai catanesi, stanno assediando la Cupola per dominare Palermo.“
Queste amare parole, tratte dal nuovo romanzo di Fabrizio Carcano, fotografano in modo spietato ma preciso e reale, il mutamento antropologico della criminalità nell’Italia degli anni ’70. Un’analisi soprattutto efficace, con il riferimento alla banda della Magliana e alla “mafia” del Brenta, nel segnalare come la dimensione della criminalità organizzata avesse ormai oltrepassato i confini del sud, accasandosi anche al centro e al nord del Paese. La descrizione non menziona Milano, per un semplice motivo: in questa città è ambientato tutto il romanzo. La metropoli lombarda, a ben vedere, è la vera protagonista di questa storia. Colta in una fase particolare della sua storia: è ormai lontana la miracolosa stagione del boom economico, quando tutto -almeno apparentemente- andava bene, a Milano soprattutto. E’ superata la stagione sessantottina degli scontri alla Statale.
Di là ancora da venire l’illusoria Milano da bere. Siamo a metà anni settanta, il terrorismo da i primi segnali, ma a farla da padrone è, appunto, la nuova criminalità che si struttura se non proprio in cosche, sicuramente in apparati stabili, gerarchicamente gestiti da boss avidi e spregiudicati, che promuovono e gestiscono il traffico della droga, la prostituzione, le numerose bische clandestine dove girano decine di milioni. Un traffico allucinante del quale sono fruitori non solo i reietti o i balordi del sottobosco fuori legge, ma anche gente bene. Ovviamente tutto questo porta con sé un tragico contorno di violenze, ammazzamenti, regolamenti di conti. Perché ad imperare ci sono più bande e, inevitabilmente, finiscono per farsi guerra tra loro per contendersi il territorio e gli affari. Dei boss campeggiano nella narrazione, ad essi l’autore attribuisce nomi di fantasia, ma chiaramente evocativi: Frank Turturro, padrone dei giochi, Renzo Vallaguzza che, evaso dal carcere, presto insidierà il suo primato.
In questo scenario realisticamente ossessivo, si snoda una trama di crudeli omicidi che, per quanto incongruo, sembrano ispirati, o almeno guidati, da un’ossessione di natura religiosa, perché le modalità con cui vengono compiuti e dei cartigli che il killer fa in modo che gli inquirenti ritrovino, riconducono al libro dell’Apocalisse di San Giovanni: le vittime vengono infatti soppresse mediante terra, acqua, aria e fuoco. Non a caso, durante lo svolgimento delle indagini, la polizia farà ricorso ad un esperto esorcista, padre Jadran.
Una caratteristica molto interessante di questa narrazione sta in un particolare: nessun personaggio positivo. Nessun eroe buono che faccia da reale contraltare all’abominio della violenza. Il commissario Maspero, capo della squadra omicidi della questura, che indagherà – con successo, dal suo punto di vista – su tali crimini, è tutt’altro che un santo: dipendente da psicofarmaci, alcolista, è soprattutto frequentatore abituale delle bische clandestine gestite dalla malavita. Peraltro è un giocatore fortunato, può permettersi di sostenere un tenore di vita ben al di sopra delle possibilità che il suo stipendio concederebbe. Ma forse sarà proprio questa sua contiguità non solo fisica, ma anche culturale con gli ambienti criminali a fornirgli occasioni, intuizioni e mezzi per riuscire a svelare il mistero dei delitti dell’Apocalisse.
Fabrizio Carcano (1973), scrittore, ma anche giornalista ed editore, con questo suo nuovo romanzo non ci consegna semplicemente un thriller ben congegnato e affascinante per i suoi richiami mistici, una storia che funziona perfettamente e trascina il lettore fino all’ultima pagina senza prendere fiato, ma soprattutto realizza un ampio e vivissimo affresco di una tormentata ma straordinaria fase che Milano ha vissuto, una brillante descrizione in cui emergono disperazione, decadenza morale, ma anche la specifica complessità sociale e l’identità che nel bene e nel male ogni grande metropoli possiede. Peraltro, Fabrizio Carcano è milanese. E si sente.
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- Carcano, Fabrizio (Autore)