Benvenuti a bordo dell’Ambassador, il grande battello a vapore che solca lento il Mississippi, a ritmo di Ragtime, scazzottate e carichi di vite al limite che si incrociano sulle piste da ballo.
Ma come ci è finito Sam Simoneaux su quella nave? E, soprattutto, perché?
Una bella e lunga storia come quella narrataci da Tim Gautreaux in Gli scomparsi (Minimum Fax) merita almeno un paio di caraffe di limonata ghiacciata.
La seule chose plus triste qu’une chanson triste est aucune chanson du tout.
Louisiana, Anni ’20. Sam Simoneaux era un batuffolo di sei mesi quando il padre aveva avuto la prontezza di nasconderlo dentro la stufa di ghisa, prima di morire crivellato dai colpi di una masnada di uomini, venuti a compiere un’insensata vendetta. L’intera famiglia era perita nell’agguato e Sam non aveva memoria alcuna di loro, genitori e due sorelle. Lo aveva ritrovato e cresciuto lo zio Claude in una fattoria di canna da zucchero nella zona della Louisiana dove abitavano solo francofoni, appellati in maniera dispregiativa Bayou.
Siamo troppo poveri per permetterci il rancore.
Raggiunta l’età adulta, il matrimonio e la nascita di un erede avrebbero dovuto segnare la svolta felice nella sua esistenza, ma la morte del bambino per una febbre e il richiamo alle armi per la Grande Guerra, spezzano l’incanto.
Per un attimo si chiese quanto di quel fango fosse in realtà composto da sangue atomizzato e ossa polverizzate quanto fosse una reliquia di una causa resa sacra per nessun altro motivo se non il sacrificio stesso. Pensò alle famiglie dei morti, mutilate da una perdita che per alcuni con il tempo sarebbe soltanto cresciuta, l’assenza più palpabile della presenza. Ricordò suo figlio morto e gettò un lungo sguardo su quel tetro campo di sterminio.
La morte lo aveva sfiorato anche sul campo di battaglia in Francia, ma al ritorno si era guadagnato l’appellativo di Lucky, per esservi arrivato il giorno dell’Armistizio ed essere scampato al peggio.
Era contento di essere a New Orleans e non nella fattoria, contento di essersi liberato del suo accento Bayou, della sua pelle arrostita dal sole, dei suoi vestiti militari, delle esplosioni e degli escrementi di cavallo. […] A Sam piacevano i suoi vestiti puliti e comodi e le sue mansioni poco impegnative. […] Guardando il negozio appena aperto e le belle ragazze del banco, batté una scarpa lucida sull’organo a canne. Sentiva che avrebbe potuto fare questo lavoro per il resto della vita.
Il ricongiungimento con la moglie e il lavoro come addetto alla sicurezza in un lussuoso grande magazzino sembrano quindi aver messo finalmente tutti i tasselli a posto, ma ancora un evento tragico contribuisce a sconvolgergli l’esistenza.
E poi gli si avvicinò una giovane coppia dall’aria preoccupata e confusa. “Ci scusi”, disse l’uomo, “ma non riusciamo a trovare la nostra bambina”.
Ted ed Elsie sono due musicisti imbarcati sull’Ambassador, scesi a terra per acquistare nuovi costumi di scena per la figlia Lily. La bambina sembra essersi volatilizzata, nonostante Sam abbia setacciato il magazzino da cima a fondo. Un’intuizione, una nuova verifica e Sam riesce a scorgere la bambina con i suoi sequestratori solo un attimo prima che un colpo alla nuca gli faccia perdere i sensi.
Da quel momento, la sua intera esistenza sarà votata alla ricerca di Lily.
Ciò che lo spingeva, voleva credere, era la terribile sensazione di scoramento che provava ogni volta che pensava al suo bambino morto o alla sua famiglia distrutta. Se fosse riuscito a risanare un’altra famiglia, forse sarebbe stato d’aiuto. Ma d’aiuto per chi? Poi si ricordò che se avesse trovato la bambina avrebbe anche riavuto il suo lavoro e sarebbe tornato a percorrere i pavimenti scintillanti dei migliori grandi magazzini di New Orleans. Era questo il motivo principale per cui lo stava facendo? Stava solo cercando di recuperare il suo stipendio da sorvegliante?
Comincia così il viaggio di Sam sul battello che solca lento il Mississippi alla ricerca, di attracco in attracco, dei sequestratori della piccola e di coloro i quali lo avevano privato di un futuro felice.
Un lento inesorabile risalire la corrente di sentimenti, peccati, omissioni, tormenti e redenzioni, secondo il grande insegnamento dello zio Claude: “La cosa peggiore che possa mai capitare a chi ti ha rovinato la vita è semplicemente essere sé stessi.”
Era da tanto che non mi capitava di percepire una languida nostalgia per il libro appena terminato, accompagnato da una dolente partecipazione verso le vicende umane del protagonista.
Sono certa che tra lettori seriali ci capiamo al volo.
Quella di Sam Simoneaux è una vera epopea alla ricerca di chi è scomparso dalla sua vita ma soprattutto – o, di conseguenza, fate voi – è la ricerca spasmodica del proprio senso, sempre in bilico tra ciò che è diventato, grazie all’amore e agli insegnamenti ricevuti dallo zio Claude, e ciò che sarebbe potuto essere, se fosse cresciuto con la sua famiglia naturale.
Nel funambolismo esistenziale di Sam si racchiude gran parte dei temi della grande letteratura americana degli Stati del Sud del secolo scorso e non si può non pensare ai romanzi di Faulkner, tanto per citarne uno degli esponenti.
La scrittura di Gautreaux è preziosa, ricca di descrizioni sia di luoghi che di sentimenti, e scandita da un ritmo lento che evoca la calura, la sete, le lunghe cavalcate e le distese paludose, infestate dai coccodrilli.
E lenta è anche la navigazione dell’Ambassador, luogo deputato a ingannare la vita, suonando e ballando, ma che ci restituisce la dimensione sia dell’ineluttabilità del destino che della tenacia dell’uomo di risalire la corrente fino alla meta agognata.
Gautreaux con questo bellissimo romanzo rende omaggio a suo padre, pilota di rimorchiatori fluviali e a suo fratello, meccanico navale.
In quest’ottica di dedica agli affetti più cari, scommetto che troverete molto toccanti le parti relative alla navigazione, che rendono uno spaccato della fatica e del pericolo che ogni marittimo correva, quando era imbarcato su un natante con i motori a carbone.
Si staglia fra tutti la comandante dell’Ambassador, una donna, già, colei che conduce la vita altrui, colei a cui affidarsi. Come una mamma, una mamma che ha perso i suoi tre figli e che si mette al servizio della comunità.
Vi lascio con uno splendido dialogo tra lei e Sam, augurandovi buona lettura.
La donna gli lanciò un’occhiata tagliente: “Non è una gara, sai, per vedere chi ha avuto la vita più difficile. Tutti hanno una vita difficile. Se non ce l’hanno, non sono vivi.”
“Erano giovani?”
“Abbastanza grandi perché io possa immaginarli a tavola ogni volta che entro in una cucina. Vivi o morti. non se ne vanno mai. Ma se avessi un figlio vivo là fuori che non posso raggiungere, impazzirei.”
Timothy Martin Gautreaux è uno scrittore americano, nato in Louisiana nel 1947, autore di romanzi e racconti, apparsi su The New Yorker, Best American Short Stories, The Atlantic, Harper’s and GQ.
Con il romanzo The Next Step in the Dance ha vinto nel 1999 il SEBA Book Award, mentre nel 2003 si aggiudico il SIBA Book Award con il romanzo The Cleaning.
Gli Scomparsi (The Missing, 2009) è invece considerato il suo miglior romanzo.
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