L'estate fredda di Gianrico CarofiglioEinaudi pubblica L’estate fredda, il nuovo poliziesco di Gianrico Carofiglio che ha già fatto parlare e ricavato ottimi segnali dalla critica in occasione del Salone di Francoforte e che ora arriva a noi nella collana Stile Libero Big.
L’estate fredda è un romanzo che mischia con grande abilità elementi storici a personaggi e trame d’invenzione, il tutto fornendo un quadro molto vivido di Bari e della Puglia di inizio anni Novanta, un periodo particolarmente feroce per quel che riguarda gli atti della criminalità organizzata.

L’estate fredda arriva dopo un 2015 di minore attività e rilievo per l’autore italiano, del quale in quell’anno abbiamo potuto leggere il saggio Con parole precise. Breviario di scrittura civile, mentre il 2014 ci aveva offerto La regola dell’equilibrio e Una mutevole verità, con quest’ultimo che gli aveva meritato un Premio Scerbanenco.

Gianrico Carofiglio affronta ora una fase molto importante della guerra della criminalità organizzata allo Stato: quel lasso di tempo compreso fra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio che anche in Puglia vide l’emergere di una Sacra Corona Unita di tipo diverso, tanto giovane quanto spietata e desiderosa di affermarsi con ogni mezzo possibile.
Un periodo che Carofiglio conosce fin troppo bene, visto che proprio in quegli anni era un giovane pm che operava a Foggia.

E con L’estate fredda torna dunque il personaggio del maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, piemontese che lavora a Bari, e di alcune figure di contorno come per esempio Serena, la donna che ha la chiave per il cuore di Fenoglio.
Cerchiamo di scoprire qualche elemento di trama…

A Bari fra maggio e luglio del 1992 la situazione è incandescente e minaccia di precipitare ancora di più, fra casi di lupara bianca, omicidi e agguati che avvelenano l’intera zona con una ferocia mai vista prima. In un clima di violenza che somiglia a una cassa di dinamite pronta a esplodere, ecco che arriva il potenziale e letale innesco: il rapimento di un bambino, figlio di un capo clan.

Il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio capisce immediatamente che questo caso potrebbe rappresentare il punto di non ritorno di una situazione già particolarmente compromessa e difficile da gestire. Quel che non può immaginarsi è il fatto che il giovane boss ritenuto colpevole del rapimento scelga di costituirsi e collaborare con la giustizia.

Ne seguirà una lunga confessione, in occasione della quale il linguaggio tipico dei verbali viene impiegato con rara efficacia descrittiva nel dipingerci l’arco morale e la “carriera” del criminale. Elementi che purtroppo non basteranno a fornire indizi sulla scomparsa del bambino. Fenoglio dovrà quindi immergersi in un territorio ambiguo e poco definito, nel quale giustizia e criminalità, bene e male non sempre hanno i connotati che siamo abituati ad attribuire loro.

“Fenoglio sapeva benissimo che quel caso lo avrebbe ossessionato fino a quando non fossero riusciti a risolverlo. Il problema era: non esisteva nessuna certezza che sarebbero riusciti a risolverlo. Non esiste mai.”

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Articolo protocollato da Simone Della Roggia

Appassionato di gialli e thriller, della buona cucina, e di bassotti (non necessariamente in quest'ordine). Scrittore a tempo perso, ovvero di notte. Passo molto tempo sui treni italiani, lo inganno leggendo.

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