L’essenziale è invisibile agli occhi - Barbara Perna

Seconda avventura gialla del giudice civile Annabella Abbondante che, dalla confort zone in cui usualmente si muove, la sua Pianveggio dove vive e lavora e soprattutto coltiva solide relazioni amicali, viene traslata a Firenze per tenere, come docente, alcuni corsi di formazione ai cosiddetti Mot, giovani freschi d promozione al concorso di magistratura.

Se Pianveggio, la sua sede giudiziaria e il suo bar La Palermitana, evocativi di tutta una serie di luoghi del cinema e della letteratura noti, e quindi cari al pubblico -dall’hamburger di Al’s in Happy Days alla pasticceria Magnolia Bakery vicino a casa di Carrie Bradshow – sono parti di immaginazione di Barbara, invece Castelpulci, il cui nome farebbe propendere per un’altra invenzione, non solo esiste, ma è realmente la sede della Scuola Superiore di Magistratura.

Quale luogo meglio di questo per ambientare un omicidio?

Barbara Perna si libra in un doppio carpiato con avvitamento, con questa scelta logistica dal vago sapore di interrogativo filosofico ed esistenziale. Possiamo (lei direbbe così, visto che giudice è lei stessa) noi rappresentanti della Giustizia, noi operatori del processo e dell’equità, davvero scongiurare il crimine, impedire il delitto, rassicurare la società?

Interrogativi oziosi, anche se interessanti, ma probabilmente fuori contesto rispetto ad una narrazione che si conferma, anche per volere espresso dell’autrice ( che lo dichiara pubblicamente e lo rappresenta nei ringraziamenti in questa edizione) da inserirsi nel filone, di nuovo conio, del cosiddetto cozy crime. Trama gialla e svolgimento rosa, per riassumere. Thriller e romance, per sintetizzare. Indago e nel frattempo vivo e mi diverto, per svolgere la categoria in modalità verbali comprensibili ai più.

Eccome se vive, eccome se si diverte l’Anna-bell’abbondante (il gioco di parole non è mio, once again, ma dell’autrice) tra sfogliatelle in patria (ossia a Pianveggio), nuove amicizie con una poeta (applausi alla dott.ssa Perna che non declina le funzioni o comunque salvaguarda la musicalità dei termini), intrighi amorosi quasi da millennials tra i suoi amici e …. attenzione, persino serate caloriche sui colli di Fiesole, ove dimentica spinaci lessi e ristrettezze varie, per abbandonarsi a percorsi gastronomici e smaltimenti in posizione orizzontale.

La trama? Come di consueto da me saprete il minimo sindacale. C’è un cadavere, di sesso femminile, che precipita dalla terrazza proprio di quella Scuola assiepata di giudici o futuri tali.
C’e la Abbondante che passa di lì per caso e, altrettanto per caso, riconosce la vittima come la barista del bar dove conclude le sue giornate, e c’è un intreccio di fatti e persone dove la bdq (botta di e finite voi di cosa) la fa da padrona.

Certo, si sorride.

Certo, la si invidia un po’ questa donna Abbondante di nome e di fatto, straripante di vita, ricolma di quel che oggi, dopo il covid, sembra sparire o quanto meno assottigliarsi sempre più, ossia il contatto umano, il desiderio di frequentarsi di persona e non solo online, il calore dell’amicizia e il fremito, sempre appagante, di due, o più vitalità, che si manifestano assieme.

Quei suoi dopolavoro alla Palermitana dove, quasi come in una sinfonia ben orchestrata, entrano tutti gli strumenti base della storia – la giornalista Alice, il commissario Nicola, la vittima barista- che sembrano noiose abitudini di provincia ma, letti col senno di ora, rappresentano un tema che forse Barbara non aveva neppure in predicato di rappresentare, ma che io ho ravvisato, sotto strati e pagine di zucchero filato di buoni sentimenti.

Lì eravamo rimasti e da lì dobbiamo ripartire. Dal quartierino. Dal buon vicinato (anche se il povero gatto Serafino finisce spesso malmenato dalla condomina di sotto). Dalla semplicità quotidiana che si alimenta di tisane e favori d’annaffiamento piante.

Hai ragione Barbara.

Ce la facciamo solo se torniamo tutti alla nostra Pianveggio.

Ah, un caffè al pepe per me, Michele. Grazie. Sul conto Abbondante.

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Articolo protocollato da Alessia Sorgato

Alessia Sorgato, classe 1968, giornalista pubblicista e avvocato cassazionista. Si occupa di soggetti deboli, ossia di difesa di vittime, soprattutto di reati endo-famigliari e in tema ha scritto 12 libri tra cui Giù le mani dalle donne per Mondadori. Legge e recensisce gialli (e di alcuni effettua revisione giuridica così da risparmiarsi qualche licenza dello scrittore) perché almeno li, a volte, si fa giustizia.

Alessia Sorgato ha scritto 119 articoli:

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