La ragazzina ragno – Letizia Vicidomini
Un tempo c’erano i cantautori a raccontare come vadano le cose, come si evolva la società, come viva la gente. Qualcuno dice che siano stati sostituiti dai rapper ma, forse per ragioni anagrafiche, questa alternativa non mi convince. Piuttosto, sostengo che ora, come da sempre nel panorama della letteratura di genere, quel compito spetti agli scrittori di noir. Al loro occhio vigile, alla capacità di cogliere l’attualità mentre si compie, alla penna che poi descrive senza vezzi né indulgenza, oggi è affidato il ruolo di cronisti dell’ora, del minuto, dell’oggi.
Catalogherei La ragazzina ragno di Letizia Vicidomini proprio in questo ambito, anche se il suo romanzo è confezionato come un giallo, con qualche sfumatura. Di certo c’è un morto e c’è un’indagine che deve scoprire chi abbia reso cadavere la bella Maya Musella, neanche sedici anni di bellezza selvaggia e carattere odioso, ma il pregio di questa lettura sta negli efficacissimi spaccati che l’autrice offre di un’attualità preoccupante. Il mondo degli adolescenti voraci, che “fanno paura per quanto pretendono dalla vita e non si fermano davanti a nulla per ottenerlo” è rappresentato senza schermi né filtri da selfie. Sono ragazzi e ragazze senza scrupoli, senza voglia di studiare ed impegnarsi, la cui unica mira è arricchirsi e acquisire potere, per cui si dividono in chi ci riesce, come c’era riuscita Maya fino a quando non l’ammazzano, e chi soccombe e quindi si affilia come dipendente ai capi.
Maya è un ragno, una mantide, una tarantola pronta a colpire chiunque si opponga al suo capriccio. È una figlia idolatrata da una coppia esausta di lavoro, di fatica e di tentativi per rendere merito a questa ragazza così bella e capricciosa da riscattare il loro tran tran opaco. Maya oscura tutto ciò a cui passa accanto perché è una presenza ingombrante, non puoi evitarla, ma tra chi le obbedisce per piaggeria e chi lo fa per quieto vivere, di fatto lei spadroneggia. E crea e moltiplica il numero dei suoi nemici, che si annidano persino tra i suoi accoliti.
A far da contraltare, Letizia ci offre un esempio opposto di adolescente nelle figlie di Anna, la vicina di casa che, colpita dall’omicidio di Maya, si mette ad indagare assieme allo zio Andrea Martino, sbirro in pensione che passa le giornate a coltivare le sue piante sullo splendido terrazzo in Santa Teresa degli Scalzi. E’ un contrasto efficace perché a dare “forza al bello è anche il suo opposto”, per cui quanto è venefica la descrizione delle imprese criminali della vittima, tanto sono luminosi e soavi i personaggi che, rattristandosi ad ogni scoperta, proseguono nell’inchiesta sino al suo doloroso epilogo.
Letizia, quando l’ho intervistata, mi ha rivelato che il terrazzo è un luogo- parabola, sta lì a significare che quando il terreno è buono, e c’è chi se ne cura, la concima, se ne occupa, il risultato è florido. E’ un messaggio meraviglioso per i genitori, soprattutto quelli distratti, che delegano ai regali e ai “sì” la funzione educativa. La ragazzina-ragno è morta e la colpa forse è anche dei suoi, ora disperati, che non si sono accorti di come vivesse la figlia, e del fratello, che si metteva sugli occhi i biglietti da 50 euro, che gli allungava Maya perché non vedesse.
Ma al di là dei messaggi etico-sociali, scoprire chi l’abbia uccisa davvero è il compito di Anna ed Andrea, coi quali percorriamo i vicoli di Napoli sino alla dolente scoperta della verità. Un bel giallo, che andrebbe portato nelle scuole a lezione di attualità. Se c’è qualche preside tra i lettori, si faccia avanti e inviti la Vicidomini. Merita.
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