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Al Thriller Café è protagonista Edoardo Ratti con il suo secondo romanzo, La mummia con la giacca. Edito da GD Edizioni di Sarzana, si tratta di un romanzo giallo a sfondo archeologico. Un romanzo inconsueto ma del tutto naturale se pensiamo al background del suo autore, che è laureato in Storia Antica e noto per il suo lavoro di divulgazione sulla preistoria. Ratti infatti collabora da oltre vent’anni con il Museo Civico Archeologico della Spezia, ed è uno dei curatori del Paleofestival, il Festival dell’Archeologia Sperimentale Divulgativa sul Mondo Antico. Dall’unione tra la lunga esperienza professionale e la passione per la detective story, nasce così un genere che l’autore stesso, con un pizzico di ironia, definisce “archeogiallo“. Perché in fondo il lavoro dell’archeologo come simile a quello di un investigatore: entrambi indagano, raccolgono indizi e reperti per svelare i segreti del passato.

Nasce così la figura di Davide Vismaio, già protagonista de La Necropoli Apuana e ora alle prese con la sua seconda avventura. Vismaio è un archeologo preistorico freelance che vive tra la Liguria e la Toscana, nella regione storica della Lunigiana. Curioso per natura e investigatore per deformazione professionale, non può fare a meno di immischiarsi in affari poco chiari durante le sue indagini archeologiche locali.

E veniamo dunque alla vicenda narrata ne La mummia con la giacca. Siamo all’interno dell’Arsenale della Marina Militare della Spezia, dove durante uno scavo di emergenza si scopre un corpo umano con dettagli curiosi. Deciso a capire le cause della morte, Vismaio si trova presto coinvolto in un mistero di lunga data. Destreggiandosi tra avventure amorose immaginarie, consolazioni gastronomiche e indagini rocambolesche, alla fine si troverà in un bel ginepraio, con a rischio la sua stessa vita. Riuscirà a restare vivo e a risolvere il caso?

Di più non vi possiamo dire: per saperne di più dovete leggere il libro, ordinabile online direttamente sul sito della casa editrice GD Edizioni.

Se prima però ne volete un assaggio, qui sotto trovate un estratto.

Estratto

3

Acqua dal suolo

Inizia giugno e sembra già estate piena. La Spezia è già invasa da un paio di mesi dai turisti, un’ondata di colori in movimento che lasciano impronte sul territorio. Nordeuropei, giapponesi, americani, indiani, ognuno con addosso inconsapevoli tracce della propria cultura.

Giovedì mattina l’archeologo è in sosta abusiva sul piazzale già caldo antistante la stazione ferroviaria ad aspettare l’assistente dell’ispettore della Soprintendenza. Nell’attesa telefona ad Alberto, l’amico lunigianese compagno di molte avventure all’aperto.

“Scusa se non ti ho più richiamato, ma mi è capitato un lavoro urgente in arsenale. Si, alla Spezia. Sarà la solita sorveglianza noiosa di lavori pubblici, vedrai.”

“Non essere così pessimista Davide. Anche gli sfigati come te ogni tanto hanno una botta di culo.”

“Speriamo. Appena me ne libero vengo a vedere quelle  pietre scistose che sembrano una tomba a cassetta collassata.”

“Ci conto. Buon lavoro.”

“Alla prossima Alberto. Guarda che poi mi aspetto una birra delle tue. Quelle che fai aggiungendo miele di castagno.”

Posato il telefono sul sedile, si rimette a guardare l’infinito oltre il piccolo parabrezza del fuoristrada. È agitato perché sa bene di infrangere la legge e questo non è nel suo stile. Si guarda continuamente intorno. Ha più paura di essere riconosciuto da un amico che di prendere una multa. Sfoggia sul vetro del vecchio fuoristrada bianco un’autorizzazione con il logo della Repubblica Italiana di qualche tempo fa che non vale nulla; spera gli possa permettere di stare pochi minuti in compagnia dei taxi. Come suo solito inizia ad osservare la gente che esce dall’edificio cercando di capire chi potrebbe essere l’assistente che è venuto a prelevare. Quest’ultimo ha ricevuto dal capo la descrizione del vetusto Land Rover del suo nuovo responsabile di scavo che è facilmente riconoscibile. Dalla biglietteria esce una ragazza snella dai capelli corvini. Ha in mano una piccola borsa femminile e un borsone nero. Si avvicina. Il presuntuoso archeologo pensa a qualche straniera che chiederà da lì a qualche istante alcune informazioni turistiche o prenderà un taxi. Gonfia il petto e si prepara a parlare in inglese passandosi la lingua intorno alle labbra.

“Dottor Vismaio? “ chiede la ragazza.

Lui impacciato non capisce come sia possibile che lei lo conosca. Forse questa è una ex-studentessa che si ricorda ancora delle sue belle lezioni coinvolgenti, pensa con falsa modestia e intanto annuisce con il capo.

E lei: “Salve, mi chiamo Rosaria Mariello, sono uno dei nuovi collaboratori della collega Cannero e da questa mattina abbiamo da svolgere un compito insieme!”

A questo punto l’uomo basico, a volte perspicace, mette a fuoco la situazione. Fa una radiografia mentale alla ragazza e conclude che avrà meno di trent’anni, ha origini meridionali, è alta un metro e settanta per cinquantatré chilogrammi di peso circa, occhi come due fanali grandi e azzurri come l’acqua di una piscina. Indossa un vestitino scampanato senza maniche bianco a fiori rossi. “Dammi i bagagli, vieni! Salta su. Attenta che c’è un gradino per salire, ecco.”

Salendo sul fuoristrada è costretta a fare due scalini e il vestito risale la coscia. L’archeologo non riesce a governare l’occhio destro che viene calamitato dall’abbronzatura semi nascosta sulle gambe di lei. Lasciato il borsone sui sedili posteriori, Rosaria si accomoda, si fa per dire, sul rustico mezzo tenendo sulle gambe la borsa.

“Di nuovo, salve dottor Vismaio, ho portato alcune cose con me perché vengo da Imperia e ho pensato di dormire qui in città nei giorni di scavo.”

“Bene, l’importante è che tu abbia i tuoi attrezzi personali.”

“Certo, certo. Sono dentro al borsone nero, in un piccolo zainetto insieme alla borraccia che porto sempre con me.”

I due partono per i sensi unici del centro città. Sul Land Rover l’uomo si sente nel suo territorio e più sicuro di sé, inizia a parlarle. Si sforza di non darle del tu per mantenere la distanza di sicurezza; lei invece glielo dà senza problemi mentre si gira verso di lui e parla alle sue tempie grigie. Chiede dettagli sul nuovo lavoro ma poi inizia a vibrare il telefono nella borsa, chiede scusa e risponde.

“Sì amore, sono arrivata. Tutto bene. Non preoccuparti. No, non mi ha molestato nessuno. Adesso lasciami, per favore. Sono appena salita in auto. Ti chiamo questa sera. Ciao.”

“Mi scusi, ho un compagno molto geloso, quasi paranoico. Non mi lascia vivere, mi vuole sempre proteggere. Penso che mi consideri di sua proprietà.”

“A volte siete così belle voi donne che noi uomini facciamo fatica e renderci conto che avete anche un cervello.”

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