imogen-robertsonThriller Café ha il piacere di ospitare Imogen Robertson, autrice dei romanzi di successo di Westerman & Crowther, ambientati nell’Inghilterra georgiana alla fine del XVIII° secolo. La serie comprende 4 romanzi, tradotti in più di 10 lingue, incluso giapponese, serbo e ceco. Manca l’italiano…

[D]: Hello Imogen, piacere di conoscerti e grazie per essere con noi. Iniziamo con un po’ di background: hai lavorato in TV prima di iniziare a scrivere, raccontaci per favore qualcosa al riguardo.
[R]: Dopo la laurea ho lavorato per una società di produzione indipendente, fino al 2007, e sono diventata regista TV, soprattutto di programmi educativi e per bambini.

[D]: Che cosa ti piaceva del mestiere di regista?
[R]: E’ un ruolo creativo ed anche molto collaborativo, richiede un gran lavoro di squadra. Mi ha insegnato come mettere a fuoco le idee ed anche come esprimerle in modo stringato. Ed ho imparato tutto sul glitter e sul nastro bi-adesivo.

[D]: La tua serie ha come protagonisti due detective dilettanti, Harriet Westerman e Gabriel Crowther.Quali sono state le tue fonti di ispirazione?
[R]: Mi interessa la storia sociale dell’epoca. E’ un periodo relativamente distante ma comunque molto ‘presente’ nella nostra vita quotidiana, per esempio nell’architettura georgiana [molto visibile in diversi quartieri di Londra ed altre città inglesi], o nella musica classica. Il libro di Amanda Vickery “The Gentleman’s Daughter: Women’s Lives in Georgian England” è stato una grande fonte di ispirazione. Racconta come il ruolo delle donne nella società di allora potesse essere diverso da quanto possiamo immaginare, leggendo per esempio un romanzo di Jane Austen [per es. “Orgoglio e Pregiudizio”]. E mi interessano le vite di persone che sono state “dietro le quinte” della Storia ma non sono per questo meno reali.

[D]: E per quanto riguarda il crimine?
[R]: Mi affascina il funzionamento del sistema giudiziario del XVIII° secolo, così diverso da quello di oggi. Era molto più personalistico, meno istituzionalizzato. E mi piace molto l’idea di due “segugi” dilettanti, invece che i detective professionisti di cui siamo abituati a leggere, e che vediamo in azione nella vita reale.

[D]: Come ti comporti per la ricerca storica?
[R]: Lavoro a diversi livelli. Gli archivi on-line dell’Old Bailey [il tribunale centrale di Londra] sono una fonte eccellente per i personaggi di allora. Poi vado a caccia di informazioni usando fonti diverse, come i romanzi ed i saggi dell’epoca, opere contemporanee su elementi specifici (per esempio ho letto A. Owen Davies sulla stregoneria popolare nel XVIII° secolo nella ricerca per “Island of Bones”), e fonti meno ortodosse ma non meno utili come la contabilità casalinga di grandi tenute, opuscoli, stampe ecc.

[D]: Come fai a trovare l’equilibrio giusto fra leggibilità e dettagli storici?
[R]: E’ una questione di attenzione e preparazione. E di sapere quando lasciare da parte dettagli che non interessano ai tuoi lettori. Punto ad una ricerca approfondita ma con un tocco leggero, ed a far si che la ricerca storica non sia d’impiccio alla trama. Per esempio, c’è una scena in “Anatomy of Murder” in cui la famiglia viene disturbata durante la cena. Avrei potuto descrivere i piatti che mangiavano, ma avrebbe rallentato il ritmo della narrazione, proprio dove volevo che accelerasse.

[D]: Violenza e ritmo: i tuoi romanzi contengono entrambi, eppure sono ambientati in un’epoca che riteniamo più “lenta” della nostra.
[R]: Ricreare il passato richiede grande attenzioni ai dettagli: se i tuoi personaggi viaggiano su una carrozza, devi assicurarti di “trasferirli” da A a B nell’arco di tempo appropriato. La violenza esisteva allora come oggigiorno, anche se le armi del delitto sono differenti. I miei romanzi non puntano ad attrarre lettori con dettagli macabri, anche se non mi tiro indietro se si tratta di raccontare che una persona è stata sgozzata. Un altro esempio: in quell’epoca la medicina legale non era sviluppata come oggi, e sebbene Crowther sia un anatomo-patologo ante litteram,per quanto poco ortodosso, non ho ritenuto fosse necessario soffermarmi su autopsie alla Scarpetta. In generale, in quel periodo le comunicazioni ed i viaggi erano più lenti ma la vita poteva essere, e sovente era, breve e brutale.

[D]: Harriet Westerman è una donna forte ed assai poco convenzionale: parlaci un po’ di lei.
[R]: E’ una donna indipendente e volitiva. E’ diversa da come ci immaginiamo fosse la personalità di molte donne ai suoi tempi, tenendo conto che le nostre fonti sono limitate. Donne indipendenti e piene di risorse sono sempre esistite. Un modello è stata Lady Mary Wortley Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese in Turchia nel 1716, (vedi “Lady Mary Wortley Montagu: Comet of the Enlightenment”, di Isobel Grundy). Volevo che Harriet vivesse esperienze che andassero oltre quelle della figlia obbediente e della moglie e gentildonna di campagna, per questo l’ho sposata ad un Comandante della Royal Navy [la Marina inglese]. Le ha dato la possibilità di vivere anche al di fuori del piccolo mondo delle contee vicino a Londra.

[D]: Westerman e Crowther: perché due detective?
[R]: Per diversi motivi: avevo bisogno di controbilanciare ed integrare il carattere impulsivo di Harriet con un personaggio più riflessivo. Avevo anche bisogno di un uomo per occuparsi di cose che una donna come Harriet, a quell’epoca, non avrebbe sempre avuto la facoltà di fare. Inoltre, due detective lavorano effettivamente bene insieme. Li ho creati complementari piuttosto che simili, il che è un aiuto sia nell’azione che nei dialoghi. Crowther è ‘sbocciato’ come personaggio a tutto tondo fin dall’inizio.

[D]: Hai anche scritto un romanzo “singolo”, “The Paris Winter”. Hai in programma un seguito?
[R]: No. La protagonista del romanzo, Maud Heighton (una giovane pittrice inglese che vive a Parigi), è un personaggio affascinante che ha vissuto un’esperienza terribile nella Parigi all’inizio del XX° secolo, ma non è un personaggio adatto ad una serie.

[D]: Perché no?
[D]: Perché gli eventi di Parigi sono stati semplicemente un episodio drammatico in una vita destinata ad andare altrove. Mi immagino che cerchi di sfruttare il suo potenziale artistico, e che faccia cose che siano interessanti solo per lei, in futuro. Non vedo alcuna necessità di disturbare di nuovo quella povera ragazza.

[D]: Quali sono gli autori di gialli, contemporanei o del passato, che ammiri di più?
[R]: Fra gli autori “classici” mi piace Dorothy L. Sayers. Preferisco i suoi romanzi più psicologici, come “Gaudy Nights”, a quelli più di suspense come “The Nine Tailors”. Mi piace molto anche Ngaio Marsh e, ovviamente, A. Conan Doyle. Fra i contemporanei, trovo che Val McDermid sia un’ottima scrittrice, ed ammiro William Ryan e Sarah Waters per la loro abilità nei romanzi storici. E mi piacciono Ian Rankin e Peter Robinson. Come anche Gillian Flynn. Trovo che il suo primo romanzo, “Sharp Objects”, sia più interessante – dal punto di vista psicologico – che il suo mega best-seller “Gone Girl”.

[D]: Per finire, due parole sui tuoi programmi futuri.
[R]: Scrivere, scrivere, scrivere! Sto lavorando al prossimo romanzo di Westerman & Crowther, tenetevi pronti!

[D]: Mille grazie per l’intervista Imogen, e continua così!

Credits foto: Rebecca Key

Originale in inglese su ThrillerBooksJournal.com.

Articolo protocollato da Nicola Mira

Nicola Mira è un traduttore dall’italiano all’inglese e viceversa. Vive a Londra ed è membro dell’ Emerging Translators Network e dell’English PEN (poets, essayists and novelists society). Ha iniziato la carriera di traduttore dopo una mezza vita nel marketing della cosmesi e della moda , ed ha lavorato di recente ad un romanzo semi-autobiografico di G. D’Annunzio, “Licenza” . La passione per il giallo è nata da ragazzino e l’obiettivo è leggere autori di crime fiction di tutti i paesi del mondo. Non preferisce un genere in particolare, sono importanti la qualità della narrativa ed il fascino dei personaggi ma l’autore giallo, anzi l’autore punto, che mette in cima alla sua personale classifica è Georges Simenon.

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