Immaginate di essere stati accusati di omicidio.

Già, avete capito bene, proprio omicidio, di quelli a sangue freddo: è quanto si capisce dai giornali, dove parlano della morte di una certa ragazza come di una tragedia spaventosa, terrificante, da farvi correre i brividi lungo la schiena.

Ora, immaginate che per tutti siete stati voi ad ucciderla. Cosa provereste ad essere accusati, quando sapete di essere innocenti, seppur senza uno straccio di alibi, senza che qualcuno possa dire di avervi visto qui o là al momento del delitto?

Crollereste o combattereste per la vostra libertà?

Ce lo racconta Fabiano Massimi nel suo “Il Club Montecristo”!

Siamo a Mutina, una piccola cittadina nell’Emilia Romagna, passiva e traslucida all’ombra di città ben più famose. Quando Viviana Ferrante, giovane impiegata di una galleria d’arte, viene ritrovata uccisa nel suo appartamento, i sospetti della polizia ricadono sull’ex-carcerato Danilo Secchi: stesso modus operandi che lo aveva portato dietro le sbarre, sulla scena del delitto sono state trovate le sue impronte digitali.

Poco importa che le prove siano del tutto indiziarie: per il commissario Cassini, amabilmente soprannominato Cazzini, “colpevole una volta, colpevole sempre”. Per fortuna di Danilo, non tutti la pensano così.

Lo scopre anche Arno, tecnico di computer con due figli e un matrimonio alla deriva, quando una mattina si ritrova faccia a faccia con il suo vecchio amico Lans, pittore di talento, la cui arte l’ha portato a trascorrere otto anni in carcere.

L’amico porta con sé una strana proposta: mettere i suoi talenti di informatico al servizio del Club Montecristo, un’associazione “elitaria” di ex galeotti decisi a far giustizia per Danilo, cercando il vero colpevole.

Arno e Lans intuiranno, pian piano, che Viviana aveva tanti segreti e che proprio là si nasconde la verità della sua morte.

Devo dire che questo romanzo mi è piaciuto molto: Fabiano Massimi ha saputo buttar giù un giallo ben fatto, ambientato in una cittadina di luci e di ombre. Mi sono piaciuto molto le descrizioni di Mutina, che me l’hanno fatta apparire vivida, viva.

L’idea di un club esclusivo di ex-carcerati è innovativa e divertente, oltre al fatto che offre uno spunto di riflessione per tutti coloro che si approcciano al romanzo.

Lo scontro etico Cassini-Ammutinati (coloro che fanno parte del Club) rimette in gioco il vecchio dilemma dell’uomo e delle sue scelte, se la volontà del singolo è forte abbastanza per imparare dai propri errori e non ripeterli più. In questo, il Club funge da rete di supporto, un appiglio a cui aggrapparsi per evitare di tornare dietro le sbarre.

A trainare la vicenda è questo omicidio compiuto a sangue freddo, dove la vittima è trovata morta sul divano di casa sua, il collo spezzato. Un delitto bruto, violento, che ci fa storcere il naso sin dalla primissima pagina.

Scopriamo una Viviana Ferrante diversa in ogni pagina, eclettica, raccontataci come di tutti e di nessuno, con segreti ben nascosti sul proprio passato: saranno proprio questi ad averla condotta alla sua tragica morte?

Arno e Lans ne sono convinti. Il duo funziona bene: l’uno più razionale e logico, l’altro più effimero, ma affinato dalla galera, la quale gli ha insegnato un trucchetto o due. Ho apprezzato particolarmente le loro dinamiche, così spontanee e ben descritte, così come il loro background costruito alla perfezione.

Arno è un padre di famiglia, con un matrimonio che lo sta portando allo stremo: sua moglie è sempre più distante dopo la nascita del secondo figlio e lui non sa che pesci pigliare. Si rifugia nel lavoro e trova nella strana proposta di Lans una scappatoia dalla sua solita routine.

Invece Lans è un personaggio più profondo, del cui passato riusciamo a indovinare qualcosa grazie agli indizi che ci sono lasciati tra le pagine: un personaggio introverso, ferito, ma che ha saputo rialzarsi e rimettersi in carreggiata.

Come già detto, mi sono piaciuti davvero molto.

Tra qualche attacco hacker, vicine cougar e impiccione, le vicende si dipanano scorrevolmente: lo stile dell’autore è apprezzabile, il romanzo non ha mai punti di stallo, e questo è un punto decisamente a favore. Sto facendo grossa fatica a leggere romanzi lenti, in questo periodo, come potrebbero essere classici della letteratura.

Un libro piacevole per impegnare la mente alla ricerca del vero colpevole per l’omicidio di una povera ragazza, lambiccandosi il cervello per una soluzione plausibile. Un romanzo che ci spinge a chiederci “Io lo farei, se un mio amico fosse in difficoltà?”

Voto dieci, meritatissimo.

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Il club Montecristo. La prima indagine degli ammutinati
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Articolo protocollato da Davide Pietrafesa

Sono Davide, studente fuori sede classe ’98, e mi piace definirmi uno scrittore in erba. Scrivo per esplorare gli infiniti spazi della mente umana; forse è per questo che i miei personaggi sono grigi, cinici e abbastanza problematici. Amo leggere ogni genere di romanzo, macinare pagine e pagine d’inchiostro. Devo questa fortunata passione alla mia famiglia, la quale mi ha sempre incalzato a perdermi tra le righe. Nutro un amore sconfinato per la storia e la scienza, cosa che spesso mi spinge a fantasticare sulla reincarnazione e su come poterne dimostrare l’esistenza. Per il resto, sono un convinto ambientalista, amo l’inverno e la mitologia. Puoi trovarmi su Instagram, segui @_d.have

Davide Pietrafesa ha scritto 23 articoli: