In occasione della mia decima recensione, quest’oggi apro i battenti per parlarvi de I killer non vanno in pensione, interessantissimo e atipico romanzo giallo dalle venature noir di Francesco Recami, eccellente autore fiorentino che qualcuno di voi forse ha già avuto modo di conoscere e apprezzare qui a Thriller Cafè, mentre, per chi non l’avesse fatto, lo consiglio vivamente.

In una Treviso da giorni gravata da un nubifragio senza soluzione di continuità, la vicenda ruota attorno a Walter Galati, classico travet di fantozziana memoria: umile e anonimo impiegato dell’INPS, vessato da colleghi fannulloni e spudoratamente corrotti, sposato a una donna fedifraga che lo ritiene nulla più che un imbranato e un insulso.

Le analogie con il leggendario personaggio impersonato da Paolo Villaggio finiscono qui, però, perché Walter Galati conduce una vita segreta (in realtà la sua principale esistenza), ovvero è un sicario, un freddo, meticoloso e spietato killer al soldo di una non ben specificata Agenzia. L’ultimo omicidio su commissione che gli viene affidato, tuttavia, fin da subito non gli quadra, l’obiettivo e le modalità sono insoliti rispetto ai precedenti, insomma, ha tutta l’aria di una trappola.

Mentre Walter Galati inizia ad indagare con l’intento di far luce sull’incarico assegnatogli, riflettendo se sia giunta o meno l’ora di ritirarsi e quindi se un killer può davvero andare in pensione, i colleghi di lavoro sono alle prese con un’ispettrice ministeriale mandata ad indagare sulla a dir poco sospetta condotta dei dipendenti. Da qui si innescherà un autentico effetto domino di eventi che si dipartiranno a raggiera, in un accavallarsi di situazioni dai protagonisti alquanto stravaganti, in una successione di sincronismi dall’apparente incoerenza e che si condizioneranno l’uno con l’altro, il tutto generando un perfetto feuilleton che tiene incollati fino all’ultima delle oltre cinquecento pagine.

Se dovessi definire in una frase I killer non vanno in pensione citerei “il tutto è maggiore della somma delle singole parti”. Sì, perché Recami, con un’impeccabile scrittura, descrizioni accurate e un ritmo coinvolgente, riesce a tessere magistralmente il mosaico di fatti convergenti che nel loro complesso rendono godibilissimo il quadro generale della vicenda.

Sono due i fil rouge, gli elementi che tracciano e definiscono il percorso narrativo: il primo, come già anticipato, è l’ostinata pioggia che fa da cornice a tutta la storia. Un vero e proprio diluvio dai connotati biblici che rievoca una sorta di catartica punizione divina nei confronti di una popolazione peccaminosa, indifferente e dedita esclusivamente a loschi affari.   

L’altro filo conduttore è l’ironia che trapela in ogni situazione, il sarcasmo con cui si accompagnano le tante grottesche fragilità e debolezze che caratterizzano, come la apostrofò Dante Alighieri, la serva Italia, e che delineano innegabili malcostumi: la corruzione, il “fancazzismo”, il servilismo, le assurde ingenuità, i luoghi comuni approssimativi e superficiali, tutti aspetti che, con una notevole dose di amarezza, danno la sensazione, se non addirittura la consapevolezza, di essere quasi congeniti.

Ciò nonostante, tra le righe, Francesco Recami ci svela e ci rende partecipi di un piccolo, grande segreto: più che affrontare tal modus operandi con la frustrazione, la rassegnazione, il voltare le spalle in un silenzio accusatorio, spesso è con il sorriso e con il farsene beffe che non solo lo si sdrammatizza e lo si sminuisce, ma soprattutto si disinnesca quella sorta di contagiosità che sembra a tutti gli effetti connaturata nel meccanismo sociale e dalla quale nessuno pare salvarsi.

E ci sono buone probabilità che questa sia proprio la chiave di una vita trascorsa nel quotidiano tentativo di fare le cose per bene e onestamente: cercare di sorridere al destino avverso, ai comportamenti più infimi, vedere il bello dove non sembra ce ne sia nemmeno l’ombra, e cominciare finalmente a prendere coscienza che certe meschinità e certe bassezze possono davvero andare in pensione.     

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I killer non vanno in pensione
  • Recami, Francesco (Autore)

Articolo protocollato da Damiano Del Dotto

Mi chiamo Damiano, abito a Pistoia, sono sposato con Barbara e sono più vicino ai 50 anni che ai 40. Poche cose colloco nella memoria come il momento temporale e il libro che in qualche modo mi ha cambiato la vita e mi ha infuso la gioia della lettura: avevo 11 anni, frequentavo la prima media e il romanzo è IT di Stephen King. Da allora non posso fare a meno di questa passione viscerale che mi accompagna quotidianamente. Si sente spesso dire che siamo la somma delle nostre esperienze. Allo stesso modo credo che l'amore che provo per la vita sia la somma dei libri che leggo.

Damiano Del Dotto ha scritto 53 articoli: