Come ve lo immaginate un medico anatomopatologo? Probabilmente come i giallisti vi descrivono la categoria: giocatore goloso per Camilleri, affascinante rubacuori per la Gazzola fino alle famosissime Kay Scarpetta di Patricia Cornwell e Temperance Brennan di Kathy Reich.

Io ne conosco una in carne ed ossa.

Ha più o meno la mia età, è bionda (ha capelli stupendi, una cascata di riccioli biondi che mi domando come possa infilare nella cuffietta), di origine veneta ma lavora in Piemonte e scrive gialli. E che gialli…

Perché Luisa Ferrari, questo il suo nome, ha una passione parallela, grazie alla quale fa parte di una piccola élite di eletti, che a me ha interessato molto sin da quando ne ho letto sbirciando la sua quarta di copertina. Luisa di interessa di museologia scientifica, principalmente nello studio di reperti dell’antico museo di Anatomia Patologica di Torino. Fateci un giro, anche solo virtuale. Trovate immagini molto vivide su internet e persino una visita virtuale, tra mani in formalina, corridoi lastricati a marmi multicolori, scaffali ricoperti di teschi e piccoli feti in posizione da cavalluccio marino. Quello è il regno di Luisa.

Da “frequentazioni” del genere non poteva che scaturirne un romanzo originale, dal ritmo serrato, ambientato all’Istituto di Anatomia patologica di Torino (Luisa gioca in casa) e che vede mattatore ancora una volta – perché siamo alla terza indagine- Aurelio Baldanzi, un investigatore a mio parere affetto da sindrome dell’impostore, che teme continuamente di dovere al mondo qualcosa che non è in grado di dare. Ovviamente la sua è una fisima, visto che l’uomo è molto capace, ma forse in lui alberga quel mugugno, quello spleen tipico ligure in cui giocoforza chi vive in Piemonte spesso si confronta data la vicinanza. Certo è che su un punto gli va data ragione, al Baldanzi: ma quanto poco concede alla sua povera eterna fidanzata, che lui cerca solo per rifiutarla, come un gatto anaffettivo?!

I luoghi di questo giallo sono Torino, anzi Rocca d’Arazzo (in provincia di Asti) ma anche l’abruzzese Calascio, dove è davvero situata una rocca tra le location più ricorrenti nel cinema: quella che avrete sicuramente visto in Lady Hawke, Il nome della Rosa e Amici miei.

C’è molta musica – da Amico fragile di De Andrè, a Jim Morrison sino a Nikita. L’arma del delitto è un risotto ai funghi. La scrittura è rotonda, aggettivata, ricca di similitudini e di termini e richiami che vi costringeranno spesso a ricorrere a google per capire cosa siano i “revenants” e gli “hachzerer” coi sassi in bocca.

Io altro non rivelo ma posso confessare che, da quando ho letto questo libro e soprattutto le ultime pagine (intellettualmente molto oneste) in cui Luisa svela le fonti di determinate sue citazioni, il sito di Bizzarro Bazar, blog dedicato alla divulgazione storico scientifica dell’inusuale, è pannello aperto fisso nel Safari del mio telefonino, si sa mai che lo debba consultare in fretta.

Per chi volesse invece vedere la registrazione della chiacchierata con Luisa Ferrari, fatta a San Giuliano Milanese per il Festival di Maggio in giallo 2023, potete trovarla su Youtube, tra le puntate di Risolto Giallo!

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I delitti dei sette giusti. Indagine tra Torino e Calascio per Baldanzi
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Articolo protocollato da Alessia Sorgato

Alessia Sorgato, classe 1968, giornalista pubblicista e avvocato cassazionista. Si occupa di soggetti deboli, ossia di difesa di vittime, soprattutto di reati endo-famigliari e in tema ha scritto 12 libri tra cui Giù le mani dalle donne per Mondadori. Legge e recensisce gialli (e di alcuni effettua revisione giuridica così da risparmiarsi qualche licenza dello scrittore) perché almeno li, a volte, si fa giustizia.

Alessia Sorgato ha scritto 103 articoli: