picpusSigné Picpusè il ventitreesimo romanzo di Georges Simenon con protagonista il commissario Maigret. Fu scritto al Château de Terre-Neuve di Fontenay-le-Comte nel 1941. Apparve per la prima volta, come feuilleton sul quotidiano “Paris-Soir”, in 34 puntate, dall’11 dicembre 1941 al 21 gennaio 1942. Gallimard lo pubblicò in volume nel 1944, all’interno della raccolta Signé Picpus, che conteneva anche altri due romanzi: Félicie est là e L’inspecteur Cadavre.
In Italia fu pubblicato da Mondadori solo nel 1960, con il titolo Maigret e la chiromante, nella collana “I romanzi di Simenon”. Nel 1999 il romanzo è stato pubblicato presso Adelphi con il titolo Firmato Picpus.

TRAMA

In una torrida giornata d’agosto, Maigret riceve nel suo ufficio un certo Mascouvin, modesto impiegato di un’agenzia immobiliare. L’uomo, dopo essersi incolpato di un furto, racconta di essere entrato in un bar e qui di aver letto casualmente un messaggio, rimasto impresso su della carta assorbente. Il messaggio annuncia che qualcuno che si firma Picpus,il giorno dopo, ucciderà una chiromante.
Maigret crede a Mascouvin ma non può fare nulla per evitare l’omicidio della fantomatica chiromante, che viene effettivamente uccisa con due coltellate al cuore. Nella casa della vittima, chiuso a chiave in una delle stanze, Maigret trova Octave Le Cloaguen, ex medico di bordo di navi transoceaniche in pensione. L’uomo appare incapace di intendere e di volere e non sa dare spiegazioni razionali di quanto accaduto.
Benché beneficiario di una notevole rendita, Le Cloaguen indossa abiti da clochard. La moglie e la figlia si vergognano di lui, lo trattano male e,quando ricevono ospiti, lo chiudono nella sua camera.
Maigret prova pena e simpatia per il povero e malaticcio Le Cloaguen, che suda di paura quando è vicino alla moglie, tanto da essere quasi contento quando Maigret minaccia di sbatterlo in cella.

«Mi guardi in faccia… Sulla scrivania ho un mandato di arresto per lei. Se le risposte che mi dà non mi convincono, stasera la mando a dormire in cella…».
A quel punto succede una cosa incredibile. Anziché spaventarsi, il vecchio sembra sollevato, contento, come se la prospettiva di finire in prigione fosse ai suoi occhi allettante.
Forse l’idea di sfuggire alla tirannia delle due donne…

Il commissario scoprirà che dietro il delitto si nasconde una storia di truffe e ricatti, e un’umanità abbietta e…

Una Parigi povera e malfamata, che ricorda Hugo e Balzac

Dopo Un’ombra su Maigret, questo romanzo è sicuramente uno dei migliori di questo periodo.
La trama è complessa ma ben congegnata e i personaggi sono tutti ben caratterizzati. Come nel precedente Un’ombra su Maigret Simenon predilige la descrizione della Parigi povera e malfamata, che ricorda da vicino quella di Balzac e Hugo; come il vecchio che pur “di sottrarsialla miseria in cui viveva … si era venduto per un minimo di sicurezza economica”.
E i personaggi che sfilano, capitolo dopo capitolo, non sfigurerebbero nella Comédie Humaine di Balzac. Essi sono il frutto dell’osservazione appassionata di Simenon delle persone che lo sfiorano per strada, discutono nei bar, litigano sui tram: “Adesso, guardando i passanti per strada, il commissario pensava che a Parigi vivono sicuramente migliaia di tipi strani di quel genere, esistenze misteriose e bislacche, che capita di scoprire solo di rado, quando succede qualcosa di drammatico.”

L’omicidio e la truffa, alla base della trama del libro, inoltre, non sono frutto di lambiccate motivazioni psicologiche, ma legate al dramma quotidiano di vivere. Le persone che commettono l’omicidio e la truffa sono persone mediocri, che vivono esistenze mediocri. I personaggi di Simenon, infatti, sono quasi costretti, per passione, avidità, lussuria o bisogno, a trasgredire la morale e la legge; e ben rappresentano la società corrotta e amorale in cui vivono (o sopravvivono).

Bene, le storie che scrive si svolgono in alberghi equivoci pieni di cimici, in bar loschi e in catapecchie. I suoi eroi sono poveri disgraziati che crepano di fame, trascinano la propria miseria, diventano assassini o si suicidano…

(Maurice Vlaminck, Portrait avant décès, 1943, citato in Simenon, a cura di Bernard de Fallois, Feltrinelli 1962, p. 9)

Ma è la truffa, scoperta da Maigret quasi alla fine del romanzo (e che io non posso anticiparvi, perché vi rovinerei buona parte della sorpresa), a mostrarci il lato più oscuro della quotidianità. Quello che più mi ha colpito, leggendo questo libro, è stato il fatto che la truffa, raccontata da Simenon, è usata ancora oggi e non è raro che ne venga data notizia nei nostri telegiornali. Simenon ci offre, quindi, una visione molto realistica della Francia dell’epoca; una nazione in gravi difficoltà economiche, in cui le persone sono capaci di azioni così abominevoli, che neppure il nostro umano commissario Maigret riesce a giustificare: «…in tutta la mia carriera, è la prima volta che vedo l’amore per il denaro spinto a un tale parossismo e capace di ispirare azioni così ignobili… Preferirei quasi che lei, in un momento di collera, avesse ucciso Le Cloaguen…».
Bill Alder ha fatto notare come, tra la metà degli anni trenta e la fine della Guerra, l’economia francese fosse caduta in una recessione profonda, acuita da un’ondata di occupazioni delle fabbriche e proteste di piazza. Alder sottolinea, inoltre, come Simenon riflettesse questa crisi sociale nei suoi libri: i crimini, infatti, non sono commessi da professionisti del crimine, ma da persone comuni (Cfr. Bill Alder, Maigret, Simenon and France: Social Dimensions of the Novels and Stories, McFarland, 2012, pp. 139-141).
Lo scrittore stesso, prima di diventare famoso con il suo Maigret, aveva passato momenti molto difficili, e conosceva quindi molto bene quelle strade, quei palazzi e quei bar di periferia in cui ambienta i suoi polizieschi e romans durs.

Maigret in quell’ambiente c’è stato, in quelle case dove in una sola stanza dormono otto o dieci persone, conosce quelle stanze, ne ha sentito l’odore e sa quanto è difficile viverci, conosce le piccole pensioni, gli alberghetti. La gente intorno a lui, Maigret la guarda con interesse misto a timidezza …

(Cfr. Guia Croce, Gino Maigret, in Mondo Simenon. L’universo di uno scrittore, a cura di Ferruccio Giromini, Stefano Tettamanti, Catalogo della mostra svoltasi a Villa Durazzo, Santa Margherita Ligure dal 14 febbraio al 5 aprile 2009 – Corigraf 2009, p.126)

In contrasto con gli ambienti descritti in Un’ombra su Maigret e Firmato Picpus, Simenon all’epoca viveva molto agiatamente. Abitava a Fontenay-le-Comte dall’autunno del 1940, e aveva affittato il Château de Terre-Neuve. In questo castello lussuoso e aristocratico,Simenon viveva con la moglie Tigy, il figlio Marc, la domestica Boule, una cameriera e una governante. Nel giro di qualche mese, Simenon era diventato una personalità importante in città, anche per le sue feste sfarzose a cui venivano invitati i personaggi più importanti dei dintorni. Simenon, quindi, conosceva entrambi i mondi descritti nei suoi romanzi, ne aveva fatto esperienza personale, vi si era immerso senza remore come era sua natura.

Ovviamente è in quella Francia, minuta, dispersa ma in certo senso circoscritta, che con fisiologica naturalezza si aggira Maigret. Il quale, come è ovvio, non ha niente a che vedere con il mondo dei Morand e dei Radiguet, ma è anche disciplinatamente sospinto dal senso del dovere e dalla necessità di indagare ora verso i terrazzi sontuosi ora verso le cantine maleolenti, ora ai vertici ora nei fondi dei vari strati sociali, insieme a poveri frustrati e a borghesucci inamidati, ma anche a grandi ricchi tranquillamente privi di pudore nel mostrarsi come sono e come amano essere visti.

(Gianni Da Campo, Claudio G. Fava, Goffredo Fofi, Simenon, l’uomo nudo, l’Ancora del Mediterraneo, 2005, pp. 53-54)

Delle opere dei grandi dell’ottocento, Simenon mantiene anche certi stilemi tipici del feuilleton. Basti citare il motivo per cui Octave Le Cloaguen ha una rendita di 200.000 franchi:

Trent’anni fa, lei era medico di bordo su un piroscafo che faceva la rotta dell’Estremo Oriente… Fra i viaggiatori, c’era un ricchissimo allevatore argentino accompagnato dalla figlia… Ed ecco che sulla nave scoppia un’epidemia di febbre gialla…».
Maigret continua a fare finta di consultare le sue scartoffie.
«Sembra che in tale occasione lei si sia comportato in maniera ammirevole, riuscendo a evitare il panico… Inoltre, ha salvato la ragazza… In compenso si è ammalato, e all’arrivo in porto hanno dovuto sbarcarla… Allora l’argentino, in segno di gratitudine, ha deciso di assicurarle un vitalizio di duecentomila franchi…

Signé Picpus è un romanzo quasi completamente costruito sugli interrogatori e i pedinamenti, ma non mancano i colpi di scena. Simenon è riuscito, forse ancora più che in Un’ombra su Maigret, a creare un perfetto equilibrio tra la caratterizzazione dei personaggi e la trama poliziesca.

Fortuna in televisione e al cinema

Signé Picpus è uno dei tre libri (oltre a Cécile est morte e Les caves du Majestic) di cui la Continental acquistò i diritti cinematografici all’inizio degli anni quaranta.
Le riprese di Signé Picpus vennero realizzate nell’ottobre del 1942, due anni prima che Gallimard pubblicasse il libro. Cécile est mortee Les caves du Majestic furono girati nei due anni successivi. In tutti e tre i film, il commissario Maigret fu interpretato da Albert Préjean, attore che fisicamente non ricorda affatto il personaggio dei libri. Il Maigret di Préjean è troppo bello, elegante e simpatico per avere qualcosa a che fare con il burbero e proletario commissario di Simenon. A parte questo, il film di Richard Pottier non manca di alcuni pregi, sia nell’efficacia dei dialoghi che nell’agilità della struttura narrativa, che infonde un ritmo sconosciuto alla versione letteraria (Cfr. “PICPUS” de Richard Pottier, 1943). Il film, in ogni modo, non è un capolavoro e il fatto che non sia mai arrivato in Italia non è una perdita per gli amanti del cinema.
Lo sceneggiato L’affare Picpus, per la regia di Mario Landi, fu trasmesso dalla RAI il 10, 15 e 17 gennaio 1965, e appartiene alla prima serie Le inchieste del Commissario Maigret. Rispetto al film francese, la regia di Landi mantiene l’assenza di ritmo, tipica dello stile narrativo di Simenon, e la esaspera ancora di più diluendo in tre puntate il romanzo breve. I tempi morti e le scene in cui Gino Cervi gigioneggia con la sua pipa, davanti alla telecamera,non si contano. D’altra parte, come è stato rilevato, questo modo di girare la serie di Maigret fu uno dei motivi del suo successo, ed era una scelta deliberata perché facilitava la vocazione comunicativa e pedagogica della televisione di stato.

Agli albori della televisione italiana, beneficiaria del monopolio di Stato grazie a una concessione governativa che si riserva il controllo di produzione e programmazione, la pratica dell’adattamento letterario è a suo modo il simbolo stesso del progetto culturale, umanista e pedagogico, che domina la prima epoca della Rai monopolista. L’adattamento delle Inchieste del commissario Maigret non sfugge a questa regola e ne diviene anzi un esempio fra i più interessanti …

(Elena Dagrada, Gli “episodi a puntate di Maigret in tv, in Georges Simenon …mon petit cinéma, a cura di Angelo Signorelli Emanuela Martini Arturo Invernici, Bergamo Film Meeting 2003, p. 57)

Ciò non toglie che L’affare Picpus sia uno dei migliori sceneggiati della serie, prodotta in Italia dalla RAI e interpretata dal grande Gino Cervi. E vedere l’attore bolognese bere birra o calvados, abbuffarsi al tavolo di un ristorante, arrabbiarsi mentre interroga un sospettato o rivelare allo spettatore (che non aspetta altro) chi è l’assassino, non è solo ammirare un pezzo di storia del nostro Paese ma anche un grande piacere.
Molto curiosa l’inserzione da parte degli sceneggiatori di una scena assente nel romanzo. Nella seconda puntata, Maigret e la moglie sono su un motoscafo lungo un fiume e discutono di Simenon. Ecco una parte dei dialoghi:

– Ah, senti, quel Simenon ha scritto un altro libro su di te.
– Già!
– Ah, lo sapevi?
– Sì, l’ho visto l’altro giorno sul tavolo del direttore …
– Sei uno strano uomo! Pubblicano addirittura dei libri su di te e tu non te ne interessi nemmeno.
– Non è vero, invece, li leggo … li leggo tutti, quando ho tempo di leggere, naturalmente.
– Questo si intitola: “Maigret sbaglia”.
– “Maigret sbaglia”, eh! Devo tirargli le orecchie al mio amico Simenon.

La scena ricorda da vicino quell’esperienza molto particolare che fu Le memorie di Maigret (1951), in cui Simenon immagina che il commissario scriva appunto la sua biografia, affrontando anche il rapporto esistente tra lui (la creatura) e lo scrittore che lo ha reso famoso (il suo creatore).

Curiosità

Michel Carly, nel suo libro Simenon: Les années secrètes Vandea 1940-1945 (Éditions d’Orbestier 2005), ricorda un episodio curioso che pare non essere menzionato altrove. Il quotidiano Paris-Soir, nel novembre 1941, invitò i suoi lettori a partecipare alla creazione del romanzo Signé Picpus, indicando i personaggi e la vittima che avrebbero dovuto far parte del nuovo poliziesco di Simenon. Il giornale fornì così ai suoi lettori trenta personaggi tra cui scegliere. Questa operazione promozionalefu molto seguita e lodata dai lettori di Paris-Soir. In realtà, Michel Carly ha fatto notare come Simenon avesse già scritto il romanzo nel giugno 1941, molti mesi prima che il giornale promuovesse il coinvolgimento del pubblico alla scrittura del romanzo (per notizie più precise cfr. Maigret of the Month: Signé Picpus (To Any Lengths/ Maigret and the Fortuneteller).

Tutte le citazioni del romanzo sono tratte da Firmato Picpus, edito da Adelphi nel 1999, e arrivato già alla decima edizione.

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Firmato Picpus
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: