signor-gallet-defuntoContinua la serie di articoli dedicati ai romanzi di Maigret con Il signor Gallet, defunto (Monsieur Gallet, décédé). Cronologicamente è il terzo romanzo scritto da Simenon, anche se è stato il primo ad essere pubblicato. Il romanzo fu, infatti, scritto nell’estate del 1930 a bordo dell’Ostrogoth presso Morsang-sur-Seine, e pubblicato da Fayard nel febbraio del 1931.
In Italia fu pubblicato per la prima volta nel 1933 da Mondadori nella collana “I libri neri. I romanzi polizieschi di Georges Simenon” , con il titolo Il signor Gallet, defunto(tradotto da Guido Cantini). Dopo essere stato ristampato sempre da Mondadori in altre collane, la stessa casa editrice ne fece uscire una nuova edizione nel 1966, con il titolo Maigret e il castellano (traduzione di Elena Cantini) e un’altra ancora nel 1988, sempre con lo stesso titolo per la collana  “Oscar gialli” (traduzione di Lea Grevi). Adelphi,  nel 1994, ne ha curato una nuova edizione per la collana “Adelphi – Le inchieste di Maigret”, con il titolo Il defunto signor Gallet (tradotto da Elena Klersy Imbreciadori)

TRAMA
Durante un’estate molto calda, Émile Gallet, un umile rappresentante di commercio, viene trovato morto in una stanza d’albergo a Sancerre. L’omicidio risulta inspiegabile: gli hanno prima sparato in faccia, da una distanza di circa dieci metri, e poi lo hanno finito con una coltellata al cuore. Nonostante ciò, al commissario Maigret quel caso non piace, gli sembra banale e poco appassionante, come la vita piatta e mediocre della vittima.
“Ogni caso criminale ha una sua caratteristica, che si coglie più o meno rapidamente e che spesso fornisce la chiave del mistero. E la caratteristica di quel caso non era forse la mediocrità? Mediocrità a Saint-Fargeau: mediocre la villa, e meschino l’ambiente, con il ritratto del ragazzino vestito da prima comunione alla parete e quello del padre con la finanziera troppo stretta sul pianoforte! E ancora mediocrità a Sancerre: villeggiatura a buon mercato, albergo di second’ordine! Ogni particolare contribuiva ad accentuare quel grigiore.”
(tratto da “Il defunto signor Gallet”, tradotto da Elena Klersy Imbreciadori, edizione Fabbri Editori – Le grandi inchieste del commissario Maigret – 2003)

Il commissario intuisce, in ogni modo, che vi è qualcosa che stona nell’immagine che Gallet ha lasciato di sé. Quello che agli occhi della moglie, Aurore Préjean, era un irreprensibile impiegato, era in realtà un uomo che da diciotto anni aveva lasciato il lavoro e che viveva di loschi espedienti. Gallet, infatti, aveva cambiato il suo nome e viveva, con il nome di Clément, spillando denaro a nostalgici monarchici di Sancerre, tra cui il castellano Tiburce de Saint-Hilaire. Gallet aveva anche stipulato un’assicurazione sulla vita di 300.000 franchi a favore della moglie.
Maigret capisce che se vuole trovare l’assassino deve prima scoprire chi era veramente Gallet. E lo fa a su modo, immergendosi nella vita di provincia e ricostruendo pezzo per pezzo il passato della vittima, fino a che, alla fine, non giungerà ad una verità terribile quanto inaspettata…

Perché leggere Il signor Gallet, defunto?
Dopo aver ambientato Il Cavallante della “Providence”  sui canali e le chiuse, inondati da una pioggia autunnale, Simenon descrive nel nuovo romanzo un’estate dal sole accecante che fa sudare e borbottare il commissario. Anche in quest’opera, come nella precedente, Maigret più che cercare l’assassino, si concentra sulla vittima, soprattutto il suo passato: passeggia sotto il sole cocente, pensando a Gallet, alla sua famiglia, allo strano omicidio. Un omicidio così misterioso che il commissario lo riproduce con un manichino, steso sul pavimento della stanza d’albergo dove è avvenuto. Uno dei protagonisti del romanzo rimane molto colpito dalla ricostruzione della scena:

«Che strano!… L’atmosfera in cui ricostruisce i fatti… I vestiti… È stato lei a organizzare tutta questa messa in scena?».
(tratto da “Il defunto signor Gallet”, tradotto da Elena Klersy Imbreciadori, edizione Fabbri Editori – Le grandi inchieste del commissario Maigret – 2003)

In questo modo, Maigret cerca di entrare in contatto con l’ambiente in cui è avvenuto l’omicidio e di comprendere la psicologia dell’assassino. Si tratta di un metodo tipico anche di Simenon scrittore. L’autore, infatti, era solito non solo immedesimarsi con i suoi personaggi, ma anche frequentare i luoghi dove ambientava le scene più importanti dei suoi libri.
Altre volte Maigret inforca una bicicletta e si aggira per le campagne, cercando di comprendere che cosa si cela dietro le belle facciate delle case, appartenenti ad una borghesia gretta e meschina. E qui, ancora una volta, si nota come Simenon accentui il contrasto tra la gente sincera del popolo e quella falsa dell’alta borghesia, costituita da persone sgradevoli, per le quali l’unica cosa che conta è il denaro.
Ritorna in questo romanzo il tema del doppio e della maschera, tanto caro allo scrittore belga. Un uomo qualunque, dall’aspetto dimesso e dall’esistenza mediocre, si rivela ben presto un personaggio ambiguo, che si è creato un’altra vita. Tutta l’indagine è concentrata su di lui, uomo dal passato oscuro e per questo ancor più inafferrabile. Il tema è legato a quello della fuga da se stessi, grande fissazione dello scrittore belga. Georges Simenon era, infatti, ossessionato dall’ordine e la stabilità, ma egli stesso ammetteva che in lui si svolgeva una continua battaglia interna, causata da un intenso desiderio di fuggire via dalla piatta e  “mediocre” esistenza borghese. Per questo, forse, Simenon creò un personaggio come Maigret, che rappresentava  un uomo comune, fedele alla moglie, di aspetto bonario, amante della vita familiare e borghese. Disegnare nero su bianco un personaggio come Maigret era il suo modo di esorcizzare un demone che lo possedeva fin dall’infanzia, il desiderio appunto di continuare a fuggire dal se stesso “mediocre” e borghese (per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio di leggere Pedigree, una autobiografia molto romanzata di G. Simenon, che è stata pubblicata in Italia da Adelphi; oppure la biografia di Stanley G. Eskin, Georges Simenon, pubblicata da Marsilio nel 2007)
Rispetto ai romanzi impegnati, i “roman-roman”, dove il destino conduce quasi sempre i protagonisti verso un finale drammatico, nelle opere dedicate a Maigret, il commissario assume il ruolo di accomodatore di destini. Pur essendo un funzionario della polizia,  Maigret si comporta in modo anomalo e molto spesso si sostituisce alla Giustizia come istituzione. Colpito dal fatto che a nessuno sembra importare della morte di Gallet (persino la moglie e il figlio lo trattavano come  “fosse un cane rognoso”), Maigret muta la sua indifferenza iniziale nei confronti di quel caso “mediocre”.  E, passo dopo passo, il personaggio di Gallet assume sempre più spessore e vita, e di conseguenza importanza per il commissario, che prova per lui pietà e simpatia:

«Ha vissuto un’intera vita all’insegna del grottesco, della scalogna ».
(tratto da “Il defunto signor Gallet”, tradotto da Elena Klersy Imbreciadori, edizione Fabbri Editori – Le grandi inchieste del commissario Maigret – 2003)

Buona l’ambientazione (una piccola città di provincia) e anche la suspence. Simenon incuriosisce subito il lettore, descrivendo un omicidio misterioso: l’assassino ha sparato a Gallet da circa una decina di metri, fuori dalla finestra della stanza dell’hotel; poi è entrato nella camera e lo ha accoltellato al cuore. Perché Gallet con la faccia sfigurata dalla pallottola non ha chiamato aiuto? Perché non è fuggito? E la chiave del cancello di entrata dov’è finita? In questa prima parte del romanzo, Simenon aderisce al tipico poliziesco ad enigma che all’epoca andava tanto di moda. Nella parte centrale, invece, approfondisce la psicologia dei personaggi. Si tratta di un precario equilibrio su cui si basano molti dei romanzi dedicati a Maigret: in Pietr il Lettone il piatto della bilancia pendeva nettamente verso lo stile hard boiled americano; ne Il cavallante della “Providence” erano l’ambientazione e la psicologia dell’assassino che prevalevano sull’azione. In questo terzo romanzo, invece, Simenon si ispira al poliziesco ad enigma, ossia una storia in cui il detective deve comprendere in quale modo e con quale tecnica è avvenuto l’omicidio. Maigret, infatti, dovrà usare tutta la sua intelligenza per risolvere l’enigma che gli si presenta davanti, quando vede il corpo senza vita di Gallet. Purtroppo, chi leggerà il romanzo si renderà conto di quanto sofisticata e improbabile sia la spiegazione dell’omicidio, tanto da ricordare alcuni dei peggiori racconti di John Dickson Carr (autore che io amo molto e che scrisse alcuni dei maggiori capolavori dedicati all’enigma della camera chiusa, ma che in molti racconti offrì delle soluzioni del delitto alquanto macchinose).

Curiosità
– Perché Maigret non ha figli? Ecco la risposta dello stesso Simenon: “La cosa è dovuta al fatto che quando cominciai a scrivere le storie di Maigret, la mia prima moglie non voleva avere figli… Perciò non potevo raccontare di Maigret che torna a casa con due bambini che lo aspettano. Cosa avrebbe detto ai figli? Lo ignoravo. Di conseguenza, ho dovuto creare una coppia che non poteva avere figli.”
(tratto da MAIGRET E’ IL MIO GEMELLO, articolo scritto da Francis Lacassin e pubblicato da La Repubblica nel 1985)

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Il defunto signor Gallet
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: