Il crocevia delle tre vedove - Georges SimenonSiamo arrivati al settimo appuntamento della saga di Maigret. La nuit du carrefour fu scritto nell’aprile del 1931, nel castello de La Michaudière di Guigneville-sur-Essonne, nei pressi di La Ferté-Alais (Francia); fu pubblicato nel giugno dello stesso anno dall’editore Fayard.
In Italia, Mondadori pubblicò il romanzo tre anni dopo, nel 1934, con il titolo Il mistero del crocevia (traduzione di Marise Ferro), nella collana “I gialli economici Mondadori”. Mondadori ripubblicò il romanzo col titolo Maigret e la casa delle tre vedove nel 1961 (I° edizione “Omnibus Mondadori – L’ispettore Maigret” – volume II) e, negli anni successivi, con lo stesso titolo ma tradotto da Elena Cantini (I° edizione “I Romanzi di Simenon”, agosto 1962; I° edizione Le Inchieste del Commissario Maigret Omnibus, 1966; I° Edizione “Le inchieste del Commissario Maigret”, maggio 1968¸ I° Edizione “Gli Oscar”, novembre 1970). Sempre Mondadori nel 1989 ripropose il romanzo con il medesimo titolo e con una nuova traduzione di Lea Grevi (I° Edizione “Oscar Gialli”, gennaio 1989). Nel 1996 l’editore Adelphi ha riproposto il romanzo con il titolo Il Crocevia delle Tre Vedove (traduzione di Elena Muratori), nella collana “Adelphi – Le inchieste di Maigret”.

Trama

Il romanzo inizia con l’interrogatorio di Carl Andersen negli uffici della polizia di Parigi. Nel suo garage è stata trovata un’auto con dentro un uomo ucciso da un “colpo d’arma da fuoco in pieno petto£. Si tratta di Isaac Goldberg, un commerciante di diamanti di Anversa. Maigret è costretto a rilasciare Andersen per mancanza di prove e l’indagine si sposta da Parigi a Arpajon, dove è stato ritrovato il cadavere, e precisamente nella località chiamata il Crocevia delle Tre Vedove.
Il Crocevia delle Tre Vedove è un luogo sperduto che deve il suo nome e la sua fama a una vecchia leggenda:

È per via della casa di Andersen… Risale alla Rivoluzione… Una volta era l’unica, qui… Poi, una cinquantina d’anni fa, pare che ci abitasse una tale con due figlie, tutte e tre vedove…

(Tratto daIl Crocevia delle Tre Vedove, collana Adelphi – Le inchieste di Maigret)

Presso il crocevia si trovano solo tre case sperdute: “una pretenziosa villetta in pietra molare”, un’autorimessa con alcune pompe di benzina, la casa delle Tre Vedove, vecchia di almeno un secolo. Quest’ultima è abitata dal sospettato Carl Andersen e dalla sorella Elsa. I due fratelli sono di origini aristocratiche, ma finanziariamente privi di mezzi.
Il commissario Maigret decide di far sorvegliare tutte le abitazioni del crocevia. Nonostante gli appostamenti della polizia, la vedova del gioielliere viene assassinata, Carl Andersen viene gravemente ferito e la sorella Else scampa per miracolo ad un tentativo di avvelenamento.
L’atmosfera inquietante del luogo, l’antico mistero che si nasconde dietro le mura della casa e l’incontro con i due singolari fratelli Andersen metteranno a dura prova le capacità e la flemma di Maigret, che però, alla fine, svelerà una verità molto più concreta e prosaica…

Perché leggere Il Crocevia delle Tre Vedove?

Rispetto ad altri romanzi della saga Maigret (che iniziano con il delitto o con la scoperta del cadavere), Simenon inizia la storia con l’interrogatorio di Carl Andersen, sospettato di avere ucciso un commerciante di diamanti. Lo scrittore non rivela subito perché il commissario lo sta interrogando; preferisce attirare la nostra attenzione sul rapporto che si sta creando tra Maigret e il sospettato, un personaggio che colpisce subito la nostra immaginazione di lettori:

Forse quel che più lo impressionava in Andersen non era la sua resistenza fisica e morale, ma la sconcertante eleganza, la distinzione che aveva conservato fino all’ultimo. Un uomo di mondo che esce dal locale delle perquisizioni senza cravatta e che poi passa un’ora completamente nudo negli uffici della Scientifica in mezzo a cento malviventi, trascinato dalla macchina fotografica agli apparecchi di misurazione fra spintoni e battute di bassa lega, perde quasi sempre quella sicurezza che, nella vita privata, faceva parte della sua personalità…
Carl Andersen non era affatto cambiato. Malgrado l’abito sgualcito conservava un’eleganza che raramente gli uomini della Polizia giudiziaria hanno occasione di ammirare: un’eleganza aristocratica, con quel tanto di riserbo e di freddezza, con quella punta di sussiego che sono una prerogativa dell’ambiente diplomatico.

(Tratto da Il Crocevia delle Tre Vedove, collana Adelphi – Le inchieste di Maigret)

In questo romanzo, Simenon si concentra, molto di più che in altre sue opere, sull’atmosfera e sulla psicologia dei personaggi piuttosto che sul plot giallo. Lo stesso Maigret rimane colpito dall’ambiente e dalla personalità dei due fratelli, soprattutto da Elsa Andersen:

Teatrale? No, troppo insinuante, piuttosto, come il profumo che aveva invaso la stanza da quando Else era entrata … Compreso l’abito di Else, che non era di quelli che si vedono per strada, e neppure a teatro od ai ricevimenti…
Ma da cosa dipendeva quell’impressione? Probabilmente da come lei lo portava, perché il taglio era semplice…

(Tratto da Il Crocevia delle Tre Vedove, collana Adelphi – Le inchieste di Maigret)

Simenon riesce a creare con sapienza un clima di attesa nel lettore, che viene attirato e avvolto nella nebbiosa atmosfera del Crocevia delle Tre Vedove. Tutta questa prima parte del romanzo avrebbe potuto essere scritta da John Dickson Carr: la misteriosa storia o leggenda della casa dove sono morte le tre vedove; la figura enigmatica di Elsa Andersen; l’atmosfera inquietante che aleggia attorno al crocicchio. Soprattutto la villa tenebrosa e dimessa è un’invenzione più da Carr che da Simenon. Si legga questo brano che pare evocare i romanzi gotici:

Scesero l’uno dietro l’altro nel cerchio danzante della lampada a petrolio. Nel salotto l’unico chiarore era la punta incandescente di una sigaretta.
Man mano che Andersen procedeva, la stanza si riempiva di luce. Apparve Else, semisdraiata su una poltrona, lo sguardo indifferente …

(Tratto da Il Crocevia delle Tre Vedove, collana Adelphi – Le inchieste di Maigret)

L’altro punto di forza è la coppia costituita dai fratelli Andersen, due personaggi che si muovono come se si trovassero sulle tavole di un palcoscenico: Carl si distingue per il suo carattere freddo e distinto; Elsa appare, invece, sensuale e trasgressiva.
Ritorna anche in questo romanzo l’antipatia di Simenon per gli aristocratici, gente fredda e priva di scrupoli. Simenon critica, però, in generale il desiderio dell’uomo di arricchirsi facilmente: l’assicuratore e sua moglie sono tentati da un affare illecito e per questo vengono puniti; il meccanico dell’autorimessa appare sin dall’inizio un tipo losco, abituato ad agire per puro interesse; ma sono tutti i personaggi che si aggirano nello spazio circoscritto del crocevia ad essere ambigui.
Nella seconda parte del romanzo, Simenon descrive un Maigret hard-boiled e spettacolare, molto simile a quello già incontrato nel primo romanzo Pietr il lettone: un commissario che spara e tira pugni sul naso, si tuffa spericolatamente dentro un pozzo e si salva per miracolo da una raffica di colpi. Con Il Crocevia delle Vedove, Simenon dimostra ancora una volta la duttilità e ricchezza narrativa di un personaggio come Maigret. Ma Simenon non si ferma qui: il Maigret raccontato in questo romanzo è un personaggio che, durante gli incontri con l’attraente Elsa Andersen, mostra tutta la sua fragilità e umanità. Il Maigret, fedele e conservatore che conosciamo, mostra chiaramente di cedere di fronte al fascino ambiguo (“Era donna e bambina insieme”) di Elsa. Simenon osserva questa femme fatale con gli occhi di Maigret e indugia morbosamente nel descrivere il vestito attillato, la voce suadente, il “seno piccolo e tondo“, il suo corpo disteso sul divano nero coperto solo da una “vestaglia color granata“. In questo romanzo, Maigret/Simenon mostra il suo odio/amore nei confronti delle donne: la violenta attrazione sessuale che prova per i loro corpi e, allo stesso tempo, il fastidio per quel sentirsi inerme di fronte al potere che hanno su di lui e al peccato che essi rappresentano. Non dimentichiamo che Simenon ebbe una educazione cattolica: tra il 1908 e il 1914, presso l’Institut Saint-André des frères des écoles chrétiennes, e nel 1914, il collège Saint-Louis, gestito dai gesuiti. Vale la pena citare un passo, tratto dall’autobiografia Pedigree:

… quando ha incontrato Lucile, la figlia dell’erbivendola di Rue Jean-d’Outremeuse, una ragazzina un po’ strabica che si nasconde sempre negli angoli coi maschi.
Roger è appena uscito dal confessionale e la sua anima, come il suo corpo, è purificata per l’indomani; ma ecco che segue Lucile come un cane all’usta, in preda a una curiosità divorante, le parla con voce timida, inventa un gioco da fare accoccolati per vederle in mezzo alle gambe e finalmente non riesce più a dominarsi e la supplica, rosso come la cresta di un galletto:
“Lasciami toccare!”…
C’è un ricordo che vorrebbe cancellare dalla memoria, come vorrebbe dimenticare la storia del catechismo e quella della figlia dell’ortolana cui aveva chiesto supplichevolmente, alla vigilia della prima comunione, di lasciarsi toccare.
Una volta sola… con un dito!…

(Tratto da Pedigree, edizioni Adelphi, 1997)

Pare quasi che Simenon, nel descrivere il disagio di Maigret alla presenza di Elsa e la tentazione che prova per il suo corpo, si voglia vendicare mostrando come neppure lui sia perfetto. Certo, alla fine, il commissario dimostrerà ancora una volta la sua fermezza e solidità morale, ma come sostiene la stessa Elsa ciò che è accaduto non può essere cancellato:

… Solo ieri, quando era qui e le ho fatto intravedere un seno, lei aveva la gola secca e la fronte sudata, caro mio… Adesso è ovvio che non le fa più nessun effetto… Eppure io non sono certo più brutta…».
Inarcava la schiena, godendo nel guardare il suo corpo flessuoso che la sottoveste velava appena.

(Tratto daIl Crocevia delle Tre Vedove, collana Adelphi – Le inchieste di Maigret)

E allora sorge spontanea una domanda: Maigret e sua moglie sono fedeli l’uno all’altro e “sembrano felici”, ma lo sono veramente o sono solo vittime delle convenzioni sociali? A questa domanda cercherà di rispondere lo stesso Simenon nel romanzo successivo, Un delitto in Olanda, di cui parleremo nel prossimo articolo dedicato alla saga Maigret.

Film – La nuit du carrefour di Jean Renoir

Al romanzo è ispirata una pellicola cinematografica del 1932, dal titolo omonimo La nuit du carrefour. Jean Renoir girò il film con Pierre Renoir (suo fratello), nel ruolo di Maigret.
Si tratta di uno dei lavori dimenticati di Renoir, tanto che lo stesso André Bazin, nella sua biografia dedicata al grande regista, non cita La nuit du carrefour (Jean-Luc Godard inserirà il film solo nelle note alla fine della biografia: Andrè Bazin, Jean Renoir, London & New York 1974, pp.229-231). Il film non ha mai avuto una versione italiana e nemmeno inglese, per cui ho dovuto vederlo in quella originale francese.
Fu lo stesso Renoir a comprare i diritti del romanzo da Simenon.

Un mattino, mentre sta scrivendo sul ponte dell’Ostrogoth, arriva Jean Renoir sulla sua Bugatti. «Simenon, finalmente!» esclama e gli domanda subito se i diritti de La nuit du carrefour sono liberi. Simenon risponde di sì e accetta immediatamente i cinquantamila franchi che Renoir gli offre… E pressappoco in questo periodo che Renoir lo raggiunge in Costa Azzurra per lavorare a La nuit du carrefour, in cui il fratello maggiore Pierre reciterà nel ruolo di Maigret: «Il miglior Maigret – dirà Simenon -, ha capito che il commissario è, innanzitutto, un funzionario». Le riprese sono ritardate da alcune complicazioni finanziarie e dalle delusioni personali di Renoir … Per queste ragioni non vengono girate alcune scene essenziali e, al momento della presentazione in anteprima, qualche critico sottolinea la difficoltà di seguire lo svolgimento della storia.

(Tratto da Stanley G. Eskin, Georges Simenon, Marsilio 2003, p. 133)

Dopo aver lavorato con Renoir, Simenon scriverà la sceneggiatura e i dialoghi di Le chien jaune per il regista Jean Tarride, che ha comperato i diritti del romanzo. Purtroppo Tarride e Simenon non si sopportano e, alla fine, lo scrittore si ritirerà dal progetto. Successivamente a Simenon verrà proposto di scrivere la sceneggiatura de La tète d’un homme ma anche questa esperienza si rivelerà fallimentare.
Renoir, nel trasporre su pellicola il romanzo di Maigret, sembra concentrarsi più sull’atmosfera e sui personaggiche sull’intreccio, ma forse questa sensazione è dovuta anche alla perdita di due delle bobine (le notizie sulla perdita di parte della pellicola sono discordi), che rendono il film alquanto frammentario e di difficile lettura. Certo la regia di Renoir ha sicuramente prediletto la resa dell’atmosfera misteriosa che scaturisce dal testo stesso di Simenon. Lo scopo è raggiunto grazie ad un uso superbo della fotografia: le luci espressioniste scarnificano il buio e caricano l’atmosfera di significati simbolici. Molte sono le immagini che rimangono impresse: le notti squarciate da luci che richiamano i chiaroscuri rembrandtiani; le strade e i campi fangosi immersi nella bruma; le case isolate e bagnate da una pioggia insistente. Ed è soprattutto attraverso le immagini più che con il testo che Renoir ambiva ad evocare il senso di un romanzo come La nuit du carrefour. Il regista raggiunge vertici di astrazione poetica soprattutto nella ripresa delle lunghe strade nebbiose, che sembrano condurre verso il nulla assoluto: simbolo di un’umanità che, al di là della vuota ed egoistica esistenza di quel crocevia, non sembra avere una vera ragione per continuare a vivere.
Nel film c’è uno dei primi esempi sonori di inseguimento in auto (un altro esempio si può vedere nel film Scarface, sempre del 1932, di Howard Hawks), stupendamente girato di notte per le strade della campagna, passando attraverso villaggi francesi addormentati. Renoir gira la scena in soggettiva, utilizzando solo i fari delle auto e i riflessi degli spari ed è un esempio della creatività del regista (limitato dal basso budget a disposizione), della bravura di Georges Asselin e Marcel Lucien, incaricati della fotografia del film, e del montaggio di Marguerite Renoir.
Notevole e anticipatore dei tempi è il sonoro del film: Renoir usa in modo realistico i suoni così che le voci appaiono mescolate con tutti i tipi di rumori, senza alcun filtraggio. In questo modo, risulta alcune volte difficile comprendere i dialoghi, coperti dal motore delle auto o dal rumore di una lima.
L’attrice Winna Winfried, con la sua carica erotica, fu la grande rivelazione del film. Pare che avesse solo 17 anni. Secondo Jonathon Rosenbaum, La nuit du carrefour è un noir di grande atmosfera, che anticipa i tempi, e senza dubbio il film più erotico di Renoir, grazie soprattutto all’interpretazione di Winna Winifried. L’attrice interpreta magistralmente il ruolo di femme fatale, in un drammatico alternarsi di innocenza femminile e lasciva amoralità.

Perché una donna può essere bella ma non seducente, mentre altre dalle sembianze meno perfette risvegliano immancabilmente il desiderio o un senso di romantica nostalgia.
Else li suscitava entrambi. Era donna e bambina insieme. Attorno a lei l’atmosfera si caricava di sensualità. Eppure, quando guardava qualcuno negli occhi, ci si sorprendeva delle sue pupille limpide e fanciullesche.

L’attrice Winna Winfried è bellissima: ha un viso d’angelo e due occhi profondi, un corpo sinuoso da dea greca. La prima volta che Pierre Renoir (Maigret) la vede, indossa un abito lungo che le copre braccia e collo, eppure non è facile per il commissario come per lo spettatore staccare gli occhi dalle forme messe in evidenza dal vestito attillato. Elsa ha i capelli raccolti pudicamente all’indietro, la sua voce è adolescenziale; ma il modo in cui la ragazza si muove per la stanza e ostentatamente si avvicina a Maigret è molto provocante. Durante il secondo incontro con Maigret, nella stanza da letto di Elsa, l’attrice riempie la scena della sua immagine: si stende provocatoriamente sul letto, invitando lo stesso commissario a sedersi; accarezza Maigret con la sua voce, lo seduce con i movimenti del corpo, lasciando casualmente scoperte le lunghe gambe avvolte da calze scure.

La sera prima l’aveva trovata soltanto misteriosa. In quella penombra quasi solenne gli era parsa simile a un’eroina dello schermo, e anche la conversazione si era mantenuta su un tono teatrale.
Ora, però, mentre cercava di scoprire il lato umano di quella creatura, era un’altra la ragione del suo disagio: e stava tutta nell’intimità del loro colloquio.
Una camera profumata, la donna in vestaglia, sdraiata sul divano, che dondolava una pantofola sulla punta del piede nudo, e lui, un uomo di mezza età, il viso un po’ arrossato, la bombetta posata a terra…

In un’altra scena, Elsa non si nasconde più dietro una finta e verginale ritrosia: i capelli sono scarmigliati, il vestito non lascia quasi più nulla alla fantasia, tanto che Maigret scopre, appena poco sopra il seno scoperto, una cicatrice.

Si chinò con un flessuoso movimento di tutto il corpo per far cadere la cenere della sigaretta nella coppa di porcellana posata sul tavolino. La vestaglia, come al mattino, si aprì e per un istante rivelò un seno piccolo e tondo. Non fu che un lampo, eppure Maigret fece in tempo a vedere una cicatrice.

(Tratto da Il Crocevia delle Tre Vedove, collana Adelphi – Le inchieste di Maigret)

Ho inserito tre citazioni dal libro per evidenziare come Renoir si sia ispirato quasi testualmente al romanzo di Simenon. Lo scrittore e il regista furono grandi amici e questo film è una testimonianza del rispetto e della stima di Renoir nei confronti dell’opera del belga. È da sottolineare come, rispetto al libro, la Elsa di Renoir sia molto più eccitante. Il regista sfrutta magistralmente le scene degli incontri di Elsa e Maigret, indugiando sull’ambiguo rapporto che nasce tra i due e creando almeno tre scene intensamente erotiche.
I primi piani dell’attrice Winna Winfried colgono uno sguardo distante, che emerge dallo sfondo attraverso una illuminazione che non ha nulla di celestiale: la luce (luciferina!) serve a rendere affascinante il male, a ghermire chi gli si avvicina troppo, per poi condurlo con sé nel buio. Il film meriterebbe di essere visto solo per ammirare la bravura e la bellezza di questa giovane attrice.
L’aria pacifica ma astuta di Pierre Renoir creerà un’eredità difficile per tutti coloro che dopo di lui interpreteranno il personaggio di Maigret. Jean Renoir utilizza con abilità la macchina da presa, per mostrare allo spettatore come Maigret si muova nello spazio, cogliendo attorno a sé dettagli utili all’indagine, tramite un uso inconsueto dello zoom.
Godard ha celebrato La nuit du carrefour come il film più misterioso di Renoir, nonché il più grande di tutti i thriller di polizia francesi. Forse il giudizio è un po’ esagerato, ma si tratta comunque di un’opera ingiustamente dimenticata che ispirerà grandi registi francesi come Marcel Carné e Jean-Luc Godard.
Termino sottolineando come il film di Renoir sembra non condurre ad una liberatoria ascesi verso la luce: il film inizia in una giornata di sole, con l’occhio della cinepresa in soggettiva che riprende l’arrivo al Crocevia delle Tre Vedove; si prosegue con la scena ambientata nella fumosa stanza senza finestre degli interrogatori; tornati al crocevia, si alternano notti ventose a giornate piovose e nebbiose; si termina con le immagini claustrofobiche e scure delle ultime sequenze. Nel piccolo e soffocante cosmo del crocevia, Simenon e Renoir radunano la specie umana con i suoi molti difetti e rari pregi. I protagonisti della storia vagano attraverso lunghe notti e giorni senza luce. Dalla storia scaturisce un senso di sventura, una rivelazione di come forse l’umanità non abbia speranza di redenzione; nessuno sembra privo di peccato e tutti sono colpevoli di qualcosa … persino Maigret!
Ultima nota: il finale del film è diverso da quello del romanzo…

Curiosità – Maigret a fumetti

In Francia, nel 1950, fu pubblicato il primo fumetto “Le Chien Jaune”, sul quotidiano Le Télégramme de Brest. La serie chiamata “Maigret” continuò ad essere stampata fino al 1953, con strisce giornaliere su molti quotidiani francesi.
Nel 1959, le edizioni “LA FRECCIA” (Roma) fecero uscire quattro fumetti dedicati alle inchieste del Commissario Maigret:
– n° 1 – 1/2/1959 – La ragazza morta
– n° 2 – 1/3/1959 – Il cane giallo
– n° 3 – 1/4/1959 – I gangsters
– n° 4 – 1/5/1959 – Il revolver di Maigret
Gli albi furono ripubblicati nel 1963 per le edizioni “AMERICANE – LA FRECCIA” (Roma). Entrambi i tentativi non ebbero fortuna.
Nel 1992 ci riprovarono i francesi Lefranq – Le Rocher, con il proposito di pubblicare l’opera omnia di Maigret, ossia 123 titoli in strisce, ma lo scarso successo li fece desistere dopo cinque numeri (la Mondadori ripropose alcune di queste pubblicazioni anche in Italia, sempre all’inizio degli anni novanta). Curiosamente Maigret non ha il volto di Jean Gabin o Gino Cervi, ma quello del suo creatore, ossia Georges Simenon.
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, scoprendo come i due testi quello letterario e quello fumettistico si differenziano, può leggere il curioso saggio di Matteo Rima, Parole e nuvole. Holmes, Marlowe e Maigret dal romanzo al fumetto, pubblicato da Ombre Corte, nel 2009.

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Il crocevia delle tre vedove
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Il crocevia delle tre vedove
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: