9k=“Bollettino 184 della Sala Stampa vaticana del 5 maggio 1998. […] Il Comandante del Corpo della Guardia svizzera Pontifica, Capitano Colonnello AloisEstermann, è stato trovato privo di vita nella propria abitazione insieme alla moglie Gladys Meza ed al vice caporal Cedric Tornay. […] Da una prima sommaria ricognizione è possibile affermare che tutti e tre sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco. Sotto il corpo del vice caporale è stata rinvenuta l’arma di ordinanza del medesimo. […] I dati finora emersi permettono di ipotizzare un raptus di follia del vice caporale Tornay” (pag. 46)

La verità dogmatica

L’unico incipit possibile per la recensione di Sacro Sangue – Storie di svizzeri, menzogne e suicidi di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani, è la dichiarazione rilasciata da Joachim Navarro Valls, l’allora direttore della Sala Stampa della Santa Sede, a poche ore dal ritrovamento dei cadaveri del Colonnello Estermann, della moglie Gladys e del Vice caporale Tornay. Quell’asciutto comunicatoracchiude in sé, infatti, tutte le criticità che ancora alimentano dubbi sull’accaduto, spianando la strada ad una verità che, privata di ogni contraddittorio, si palesa come dogmatica.
Qualsiasi reato che avvenga tra le sacre mura vaticane, d’altronde, è di competenza del Giudice Unico vaticano, il quale ha gli stessi poteri del Pubblico Ministero italiano.Per reati particolarmente gravi però – rari, ma non assenti dalla storia del piccolo Stato – é previsto il coinvolgimento nelle indagini delle Forze di polizia italianeattraverso un’apposita rogatoria. La prima stranezza dell’indagine evidenziata da Sanvitale e Palmegiani è proprio la mancata richiesta di collaborazione di personale formato appositamente per indagare su crimini efferati. Senza un reparto di polizia scientifica, quindi,i tre cadaveri furono rimossi dalla scena del crimine, deposti su barelle allineate lungo un corridoio e coperti con lenzuola bianche. L’esame autoptico, poi, fu effettuato la mattina successiva, sempre all’interno delle sacre mura, senza aver messo nessuno dei tre corpi nelle celle frigorifere.

Una procedura inconcepibile a meno che non sia prevalsa “una logica diversa, che non era quella di accertare urgentemente la verità, quanto quella di risolvere rapidamente l’incidente” (pag. 197)

Questo è il “triplice incidente” che ha costituito una sfida per due fuoriclasse come Sanvitale e Palmegiani (al loro quinto riuscito sodalizio letterario), per risolvere il quale hanno costruito un pregevolissimo resoconto di un’investigazione condotta a tutto campo: dalla perizia balistica su uno dei proiettili della pistola di ordinanza di Cedric Tornay a quella grafologicasulla sua lettera di addio indirizzata alla madre, dalla comparazione delle relazioni mediche degli esamiautoptici alla ricostruzione della scena del crimine grazie ad una piantina rocambolescamente acquisita, tanto per citare alcuni punti chiave della vicenda.

Gli Autori hanno paragonato nel libro l’impenetrabilità dello Stato Vaticano ad un muro di ghiaccio.

Chiediamo loro quali arpioni o picozze hanno usato per scalarlo…

Sanvitale: Stavolta è stata veramente dura perché mancavano gli atti ufficiali dell’indagine. Però era possibile lavorare di logica e acquisire informazioni in altro modo: dai testimoni. E allora abbiamo cercato gente più persone che potevamo, siamo andati anche fuori Italia per trovarli e farci raccontare quello che sapevamo. Poi bisognava lavorare su un altro livello, la comprensione del contesto culturale delle indagini vaticane. Senza capire  quello non sarebbe stato possibile nulla, perché ogni delitto non ha solo una matrice investigativa. Crediamo alla fine di esser riusciti a capire la verità.

Palmegiani: Questo libro, infatti, rispetto ai precedenti ha una diversa impostazione di ricerca. Siamo sempre abituati ad iniziare con gli atti giudiziari le nostre “indagini”. Indagini finalizzate alla ricerca di come si sono svolti i fatti. I nostri sforzi questa volta sono stati finalizzati, almeno nella prima parte, a cercare gli atti, le testimonianze, gli elementi e poi, solo successivamente una volta ricomposto il puzzle, a determinare cosa sia successo.

La realtà dei fatti

Al di là di comunicati stampa più o meno opportuni, esistono comunque delle realtà oggettive dalle quali non si può prescindere per gettare le fondamenta di un’investigazione a posteriori. Come ha appena accennatoPalmegiani, avete sofferto la mancanza dei fascicoli processuali del caso, vere miniere d’oro di informazioni. Penso all’assenza delle foto e dei rilievi sulla scena del crimine, tanto per dirne una, come pure le trascrizioni delle escussioni testimoniali.

Qual è stata l’ambito criminologico di analisi che vi ha creato maggiore difficoltà tecnica in quanto mancante e/o incompleto?

Sanvitale: Io ho sentito molto la mancanza della visione della scena del crimine, dell’accesso ai luoghi. Abbiamo dovuto capire le dimensioni della stanza esaminando la palazzina da fuori, prendendo informazioni da chi ci era entrato e dai verbali dell’indagine. Poi per fortuna siamo riusciti a recuperare una piantina, questo ci ha salvato. Ma certo avremmo voluto leggere le perizie fatte fare dalla Santa Sede, tanto per dirne una.

Palmegiani: Vorrei essere sintetico: tutto. Non avevamo il fascicolo processuale, non una immagine della scena (almeno all’inizio), i testimoni oculari o presunti tali vivevano ormai all’estero, così come gli avvocati. Chi ci poteva dare qualche informazione o non voleva risponderci o non ricordava o dava versioni fantasiose senza un motivo. Ecco, l’inizio della nostra ricerca non è stato male…

Necessità fa virtù è un vecchio adagio che ben si attaglia alle difficoltà che avete incontrato anche in assenza di appigli processuali, diciamo così. Tutto sommato, però,Sacro Sangueritengo abbia un peso specifico maggiore rispetto ai precedenti libri, proprio perché vi ha consentito di intervistare personaggi molto interessanti: la madre di Cedric Tornay, il Monsignore che ha voluto rimanere nell’anonimato, i vaticanisti Antoine Izoard, Bruno Bartoloni e Marco Politi, il commilitone di Cedric, Bernard Moret, il fotografo ufficiale del vaticano Arturo Mari, AloisJehle, il Cappellano della Guardie Svizzere, lo stesso Navarro Valls e altri ancora.

Ebbene, chi vi ha colpito maggiormente e da chi siete riusciti a carpire di più?

Sanvitale: Per me sono stati decisivi Bernard Moret e Bruno Bartoloni. Il primo è stato una vera miniera di informazioni sugli ultimi giorni di Cedric e su come vive, si comporta e pensa una Guardia Svizzera. Ci sono cose che non avremmo mai capito senza Bernard, né saremmo riusciti a spiegarle. Bruno Bartoloni è stato fondamentale per quel famoso contesto culturale. Chi meglio di lui poteva farci capire come ragionano in Vaticano?

Palmegiani: Il fotografo Guido Mari, il fotografo dei Papi, un professionista vero ed una persona eccezionale. Quando ci ha raccontatol’impatto che ha avuto sulla scena del crimine nel momento in cui si è trovato a fotografare i corpi dei sui amici è stato molto toccante e ci ha aiutato a dare una spiegazione a molti particolari che sarebbero rimasti, forse, un mistero. Non lo aveva mai raccontato a nessuno.

Alla ricerca di una verità processuale

L’unica possibilità per giungere ad un dibattimento in un’aula di tribunale sembra essere riposta nell’attivismo dell’avvocato della signora Baudat, la madre di Cedric Tornay, che Armando Palmegiani ha incontrato a Parigi. Da sempre convinto che la verità ufficiale non corrisponda ai fatti, l’avvocato LucBrossollet ha esplicitato a Palmegiani quale sia la sua convinzione: Cedric Tornay è stato ucciso altrove con un colpo di karate che gli ha provocato la frattura della rocca petrosa cranica e successivamente portato nell’appartamento degli Estermann dove è stato inscenato il suicidio con il colpo sparato dalla sua pistola d’ordinanza in bocca.

In tutto sincerità (e forte del tuo fiuto), Armando Palmegiani, pensi che Brossollet abbia qualche asso nella manica?

Sinceramente? No. Non credo che Brossollet, a parte in un primo periodo “mediatico” dove ha seguito il caso, abbia poi seguito la vicenda come meritava. Mi è sembrata una persona sostanzialmente sincera ma che comunque si trova a 1000 chilometri e più di distanza. Abbiamo avuto problemi noi ad “attraversare il Tevere” figuriamoci a seguire un caso da Parigi. Non credo che ci saranno ulteriori evoluzioni, almeno per suo impulso.

In conclusione, Fabio Sanvitale, quanto sentite di esservi avvicinati alla Verità con la vostra ricostruzione?

Pensiamo di averla centrata. E come sempre è più semplice e deludente di quanto si pensava. Bisognava resistere alle sirene dei complottisti a tutti i costi, ma la loro posizione l’abbiamo esaminata e, se da una parte diverse cose sono spiegabili in modo molto semplice, altre sono del tutto inverosimili o impossibili, mentre altre ancora sono teorie che nascono dalla più assoluta mancanza di informazioni reali, appunto, su come funzioni il Vaticano, la sua polizia, la sua procedura, il suo modo di pensare. Molti hanno calunniato Cedric senza sapere nemmeno chi fosse, per puro anticlericalismo, tanto oggi parlano tutti. Fare le indagini è un’altra cosa.

Titolo: Sacro Sangue – Storie di svizzeri, menzogne e omicidi
Autori: Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani
Anno: 2015
Editore: Sovera Edizioni
Una notte di maggio, in Vaticano. Echeggiano degli spari. Qualcuno, dalla porta di un appartamento, intravede un cadavere. Grida. Inizia il giallo delle Guardie Svizzere: tre morti. Cedric, vice caporale, è accusato di avere ucciso il Comandante e sua moglie e di essersi suicidato subito dopo. La versione ufficiale della Santa Sede, diffusa dopo pochissime ore, va a sbattere contro quella di Muquette, la madre di Cedric, che pensa piuttosto che suo figlio sia rimasto vittima di un gioco più grande. E’ andata così? Da anni le due tesi si scontrano. Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani indagano senza pregiudizi su tre morti difficili da decifrare, incontrano personaggi silenziosi, disegnano la stanza del delitto, leggono le perizie, si muovono tra Roma, Parigi e la Svizzera a caccia di documenti e informazioni e danno la loro soluzione.

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Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 99 articoli: