alexander mccall smithCompletiamo oggi il racconto di Alexander McCall Smith la cui prima parte avevo pubblicato lunedì scorso. Ecco quindi la seconda e ultima metà…

Come sempre, buona lettura.

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Come si entusiasmò all’idea, cominciò a immaginare una trama. Ci sarebbe stata tensione all’interno del dipartimento di parcheggio. Ci sarebbe stata rivalità per chi fosse riuscito a dare agli automobilisti più multe. Vi sarebbe stata una storia d’amore in erba tra due agenti che sarebbe stata ostacolata dal soprintendente della polizia. Gli amanti avrebbero dovuto incontrarsi in segreto, alla fine congestionata della strada, forse, dove gli automobilisti parcheggiano sempre in posti sbagliati e vengono multati.

George sorrise al pensiero di tutto ciò. Ma c’era un fatto importante da prendere in considerazione – avrebbe dovuto conoscere il mondo degli agenti di parcheggio. Sarebbe dovuto andare al dipartimento del traffico del suo quartier generale di polizia locale e ottenere il permesso per stare un giorno o due con uno degli agenti. Non avrebbero dovuto esserci difficoltà. La polizia di Perth aveva sempre collaborato con lui ed egli, a sua volta, aveva sempre dipinto un quadro lusinghiero di loro. Nei libri di George, la polizia Perth metteva sempre nel sacco i detective in trasferta da Sydney o Melbourne. A loro piaceva.

Disse alla sua Frizzie della nuova trama. Era l’unica persona con cui discuteva delle sue storie prima che fossero pubblicate. Lei era una surfista, come lui, e a volte giacevano sulle loro tavole, oltre le onde, parlando dei pro e dei contro di qualsiasi libro su cui egli stesse lavorando al momento. Era un rapporto sereno. Mentre parlavano, l’acqua che lappava contro la loro tavole, George sperava che non ci fosse niente di sotto, in ascolto, per così dire.

Il dipartimento di polizia gli organizzò un’uscita con un agente di parcheggio venerdì. I venerdì erano buoni giorni, gli avevano spiegato, perché gli agricoltori spesso andavano in città e poi parcheggiavano illegalmente.

“Si dimenticano che sono in una città,” ironizzò l’ufficiale che era con lui. “Pensano che sono ancora in campagna e possono parcheggiare ovunque! Noi li mettiamo in riga di sicuro!”

George notò il taglio punitivo della sua osservazione. Gli agricoltori meritavano simpatia, pensò, con le loro lotte contro la siccità e i parassiti e i bassi prezzi agricoli. Ma non disse nulla; registrò solo il commento per un uso futuro. Guardò l’ufficiale. Era un uomo piccolo con un aspetto piuttosto deludente. Ovviamente il lavoro con i parcheggi non era per gente brillante. Quelli intelligenti finivano alla omicidi, pensò.

Passarono la mattina andando su e giù per una lunga strada piena di negozi. L’ufficiale prese nota di diverse violazioni, spiegandole in maniera molto dettagliata.

“Questo guidatore è un grave criminale” disse, puntando a una Holden ammaccata. “Il disco orario è scaduto. Non si è neppure preso la briga di mettere i soldi nella macchinetta, e…” La ‘e’ era sottolineata, come se l’ultima parola in una litania di peccati potesse dare un peso extra. “Ed è oltre la linea. Guarda qua! Crea un pericolo per gli altri conducenti. Spudorato!”

“Che cosa farai?” chiese George guardando l’auto incriminata. Era un veicolo familiare, molto amato, sospettava. Sul sedile posteriore c’era un giocattolo, un orsacchiotto.

“La multerò per tutto”, disse il funzionario, tenendo il suo taccuino e cominciando a scrivere l’elenco delle violazioni.

Dopo che lui ebbe terminato il suo lavoro burocratico, si allontanarono, a piedi, lungo una stradina secondaria. Era una stretta corsia di accesso, con indicazioni esposte in maniera visibile che avvertivano che il parcheggio era vietato. Tuttavia c’era un’auto parcheggiata a metà strada.

“Guarda là,” disse l’agente. “Sfacciati. E sono seduti nel veicolo. Che faccia tosta.”

I due uomini nell’auto, presi in quella che sembrava essere un’animata conversazione, non ci avevano visto e furono sorpresi quando il funzionario picchiettò aspramente sul finestrino mezzo abbassato dal lato del conducente.

“Si rende conto che ha parcheggiato illegalmente, signore?” chiese l’agente con voce ferma. “Mi vuole mostrare la sua patente di guida, per favore.”

Il conducente aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono. Sembrava sconvolto.

“Forza, signore,” disse l’ufficiale. “Non mi faccia perder tempo”.

Le cose successero piuttosto velocemente. Il conducente si sporse in avanti, avviò il motore, e mise l’auto in marcia. Poi, con un ruggito, fuggì via. George balzò indietro per la sorpresa, mentre l’ufficiale si frugava in cerca della sua radio.

Fu allora che videro il corpo sotto l’auto, che giaceva a braccia tese, con una brutto macchia rosso-nera sulla parte anteriore della camicia. Era il tipo di corpo che gli scrittori di crime amano descrivere in grande dettaglio. Occhi ma che non vedevano. Dita strette. Capelli arruffati. Piedi in una strana angolatura. E così via.

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Dunque, vi è piaciuto? Va da sé il fatto che la trama non sia chissà quanto articolata, ma l’idea mi pare simpatica, e il finale ancor di più. Voi che ne dite?

In ogni caso, ci saranno altri racconti da leggere in futuro: se non volete perderveli, continuate a seguire Thriller Cafè, e meglio ancora, registratevi gratuitamente ai feed, ricordando che potete ricevere gli aggiornamenti anche via email!

Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

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