Musica dalla spiaggia del paradiso – John A. Lindqvist
John Ajvide Lindqvist è ormai un beniamino dei lettori italiani che questa estate, grazie alla consueta opera meritoria di Marsilio, potranno godersi in vacanza il suo nuovo libro, Musica dalla spiaggia del paradiso, un romanzo che, se ce ne fosse ancora bisogno, conferma l’assoluta statura di questo grande autore svedese, sia all’interno del genere horror che nella narrativa tutta.
E dopo aver esplorato e ri-narrato figure chiave come il vampiro o lo zombie, Lindqvist si inoltra in territori più sperimentali e interessanti e propone una trama tutto sommato poco vista nel genere, in grado di attirare anche la curiosità del lettore più smaliziato.
Cerchiamo di scoprire quali saranno gli orrori e le situazioni anomale che ci riserva questo suo Musica dalla spiaggia del paradiso.
Estate, tempo di vacanze e villeggiature, così perlomeno pensano gli ospiti di un campeggio poco distante da Stoccolma, persone di vario tipo che stanno godendosi la natura fra lago, alberi e aria pura.
Ma un mattino, ad attenderli al loro risveglio, c’è tutta altra natura, ben diversa da quella che avevano salutato prima di andare a dormire.Dieci villeggianti, insieme a un cane e un gatto, si risvegliano in un luogo che non hanno mai visto, una terra che non offre molto alla vista, solo un prato rasato alla perfezione che sembra estendersi all’infinito. Sotto di loro il verde uniforme dell’erba, sopra loro il blu altrettanto uniforme di un cielo dal quale manca il sole.
Dove si trovano? Come ci sono arrivati? Come è possibile fuggire da quel posto? E che funzione ha la strana stazione radiofonica che continua a mettere in onda, imperterrita, una serie infinita di canzoni pop?
Non sarà facile per nessuno di loro trovare le risposte a queste domande mentre l’anormalità della situazione comincia a provocare reazioni di ogni tipo, molte delle quali violente e irrazionali…
È ben appropriato e coerente che John A. Lindqvist, prima di diventare noto per i suoi romanzi, abbia lavorato a lungo come prestigiatore, perché i suoi scritti son sempre, in qualche modo, opere di magia e prestidigitazione.
L’autore svedese ha infatti il grande, enorme merito di aver assorbito, metabolizzato e ristrutturato parecchi stereotipi e archetipi del genere horror, rivisitandoli con una sensibilità nord-europea che porta quindi queste storie a distinguersi in maniera decisa dalle loro sorelle statunitensi.
Dopo aver affrontato morti viventi, nosferatu e spettri, ecco che Lindqvist si avventura in una impresa ancora più difficile e mette in scena quello che sembra essere, in apparenza, il contrario del kammerspiele: al posto di pochi personaggi in un ambiente limitato ecco che piazza ben dieci villeggianti (e non dimentichiamo cane e gatto) in uno spazio che sembra infinito.
Eppure i risultati sono molto simili e al centro della scrittura c’è sempre l’essere umano e la condanna all’impossibilità di sfuggire a se stesso, alle sue paure, colpe e fantasmi.
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