Lo sciamano – Salvatore Esposito
Chi viene abitualmente a trovarci al Thriller Cafè, avrà sicuramente familiarità con la serie “Gomorra”. E ne avrà ancor di più con il suo protagonista Gennaro Savastano, interpretato dall’attore Salvatore Esposito. Proprio quest’ultimo ha appena consegnato alle stampe il suo romanzo di esordio: “Lo sciamano”. Già dal titolo si intuisce che si tratta di un’opera che appassionerà in particolar modo tutti coloro che sono attratti dall’elemento magico-rituale e dalle pratiche esoteriche. In questo caso però, tali atmosfere si intrecciano in modo assolutamente riuscito con la classica indagine di polizia e con tutto il portato “classico” dei thriller investigativi.
Il protagonista è il profiler Christian Costa, figura dai contorni quasi epici e mistici, circondato da un alone di mistero e molto richiesto dalle polizie di tutto il mondo proprio perché in grado di divincolarsi con maestria nei temi che più hanno a che fare con l’occulto, i riti esoterici e iniziatici e la sapienza arcaica legata a questi ambiti. Anche il “look” di questo personaggio (sempre vestito di nero e poco incline all’eleganza formale), contribuisce a conferirgli uno status di “personaggio misterioso”. Finanche la suoneria dello smartphone: “Notte sul Monte Calvo” di Musorgskij sembra adatta a un personaggio oscuro, quanto infallibile.
Tutto comincia da due omicidi, che in un primo momento sembrano totalmente slegati tra loro, ma che, a un’analisi più attenta, si riveleranno connessi. E l’elemento che li unisce avrà proprio a che fare con i rituali tipici dell’inquisizione medievale. Questi due omicidi saranno l’occasione per indagare tutta una serie di attività, nelle quali le conoscenze di Christian sui rituali delle sette esoteriche si riveleranno indispensabili. Il tutto guidato da un intreccio molto ben costruito, che cattura il lettore e lo tiene incollato alle pagine, fino all’epilogo che risulta anch’esso assai ben congegnato.
Esposito si rivela uno scrittore di talento. La sua opera prima è sicuramente avvincente. Certo, qui e là compaiono alcune parti della narrazione che tradiscono ancora un po’ di inesperienza, ma sono decisamente trascurabili rispetto al romanzo nel suo complesso. Soprattutto, ciò che poteva risultare poco convincente in un’opera come questa, è la riuscita dell’accostamento tra la componente “horror” (talvolta si indulge un po’ troppo su componenti che definirei cinematografiche e questo potrebbe trasformare a tratti il romanzo quasi in una sceneggiatura) e quella “thriller”, cosa che invece si può dire sia perfettamente riuscita. In particolare, la riuscita di questa sintesi è tutta contenuta nel personaggio di Christian, molto ben tratteggiato e descritto (Esposito pensava a sé stesso come attore?).
Ne viene fuori un eroe di stampo quasi hollywoodiano (lo dico in senso positivo). Che a tratti, come per esempio nelle sequenze finali, non ha nulla da invidiare ai migliori personaggi di Tarantino. Ma questa sua caratteristica è sapientemente bilanciata dall’ambientazione napoletana e campana, più in generale, e da un attenzione ai particolari narrativi che sono capaci di ben collocare Christian nel contesto sociale italiano.
Trovano spazio nel romanzo anche alcuni temi di carattere sociale, trattati senza artificiosità e senza la pretesa di essere troppo ingombranti, ma introdotti per criticare chiaramente una certa deriva dei nostri tempi. Collocati quasi sullo sfondo, in modo da non rovinare la sequenza principale, ma allo stesso tempo ben presenti nella narrazione. Due su tutti: la condizione femminile e il rapporto tra la nostra civiltà post-moderna e la natura.
In ultimo non si può non citare un aspetto che sembra pervadere tutto il romanzo, disvelato da una battuta che Esposito fa pronunciare a uno dei suoi personaggi (negativi) nella parte finale. “Io credo nella tradizione, Sciamano. La tradizione è la base della civiltà”. Non parliamo di una tradizione formale e vuota, cieca e reazionaria. Ma della tradizione che genera la custodia del passato intesa come rispetto di ciò che ci ha generato. Una tradizione e un passato senza i quali non saremmo in grado di costruire un futuro.
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