La recensione di oggi è per L’Adepto di Massimo Lugli, un thriller che purtroppo cerca invano di coinvolgere il lettore attraverso il tema dei culti satanici e il regno dell’occulto, ma che in realtà si rivela una semplice carrellata di fatti senza alcuna valida caratterizzazione, tanto quasi da annoiare per tutta la durata della narrazione.

Titolo: L’Adepto
Autore: Massimo Lugli
Editore: Newton Compton(collana Grandi Tascabili Contemporanei)
Anno: 2012

Recensione:
Alla conclusione di questo romanzo la prima immagine che mi è balzata alla mente è stata quella di un elettroencefalogramma piatto. Nonostante una prosa scorrevole e veloce infatti, il romanzo di Massimo Lugli risulta a chi lo legge una semplice successione di fatti di cronaca nera, dai delitti in famiglia ai suicidi, totalmente privi di qualsiasi emozione.
Il tema centrale del libro poi, quello che dovrebbe monopolizzare la narrazione delle 280 pagine, viene trattato in modo sommario, quasi dimenticato.
Marco Corvino, il giornalista di “nera” protagonista del romanzo, si ritrova ad inseguire un’inchiesta che dovrebbe portarlo ad indagare nel lato oscuro di una città, tra maghi, stregoni vudù e culti satanici. Dovrebbe. Lo sviluppo della storia invece smentisce il tutto.
Oltre ad una caratterizzazione banale del protagonista che viene presentato al lettore venti anni dopo il suo più grande successo giornalistico( fatti narrati in un altro romanzo di Lugli dal titolo “il carezzevole”) come un uomo che ha fallito su tutti i fronti, dalla sua carriera alla famiglia, il lettore si ritrova a vivere più le sue turbe psicologiche dovute alla relazione clandestina che intrattiene con una donna, di nome Lidia, che non alle vicissitudini della sua inchiesta giornalistica. Gli stessi personaggi che fanno da contorno alla storia, dai colleghi giornalisti a tutti “i rappresentanti” del mondo dell’occulto appaiono come delle comparse anonime che non aiutano affatto lo sviluppo e l’identità del romanzo stesso.
A prova di ciò il libro ha una conclusione che definire deprimente è un eufemismo: brusca, senza alcun colpo di scena( in questo forse rimane coerente con tutto il flusso del romanzo) totalmente anonima.
Il più grosso neo che si può riscontrare nella lettura di questo romanzo è il fatto forse di essere troppo autobiografico: ricordando che M.Lugli è giornalista di “nera” dal 1985 presso il quotidiano “La Repubblica”, sembra quasi che abbia voluto “frullare” in un unico calderone tutte le sue passioni, compresa quella delle arti marziali praticata ovviamente anche dal Corvino con l’unico risultato di rendere totalmente anonimo e banale il protagonista del romanzo.

Giorgio Picarone

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