
“Resa dei conti” è un giallo investigativo profondamente connesso con la storia, la politica e la situazione sociale greca.
Petros Markaris, nelle sue trame non dimentica mai la Grecia, la rende protagonista, ne racconta storture e miserie, mettendo in luce la diversa umanità che vive, o meglio sopravvive sotto l’azzurro cielo di una nazione con tanti problemi. In questo teatro crea storie poliziesche vive, vibranti, interessanti e dove non c’è mai un confine netto tra vittime e colpevoli, ma un’intensa scala di grigi che fa riflettere, per soluzioni malinconiche dove si ha le sensazione che, sebbene si sia arrivati alla verità, non ci sia un vincitore, ma solo sconfitti.
Protagonista è lui, il commissario Kostas Charitos che in “Resa dei conti” si trova alle prese con il delitto di un imprenditore, padre di un cliente di sua figlia Caterina, avvocato, che si trova in carcere con l’accusa di spaccio.
L’indagine si rivela da subito complicata, anche dalle sollevazioni popolari per lo situazione economica del paese, dove gli stipendi dei dipendenti pubblici sono stati bloccati. In un clima d’incertezza, di violenze di piazza pronte a scoppiare in ogni momento, con un governo assente e in attesa di tempi migliori, Charitos ha un solo punto fermo: il delitto è connesso con la rivolta studentesca del Politecnico nel 1973. Ma cosa può portare a un delitto, quarant’anni dopo le sollevazioni universitarie? Quando poi da un omicidio, si passa a due e poi a tre, c’è solo una cosa da fare: trovare il colpevole prima che la situazione diventi ingestibile.
Grazie a personaggi carismatici e interessanti, la storia risulta scorrevole, profonda e godibile in ogni sua parte, anche per una sottile ironia che si svela in parti precise, donando un po’ di leggerezza.
Il commissario Charitos è intelligente, umano, profondamente legato ai suoi affetti più stretti, grazie ai quali porta ai lettori un bel messaggio di famiglia, in grado di creare unione ed essere sostegno in ogni tempo. Colonna portante della famiglia è senza dubbio sua moglie Adriana, donna granitica, attenta, capace di vedere e trovare una soluzione a ogni problema. Con fermezza, ma senza dimenticare mai un po’ di dolcezza, la donna si rivela fondamentale in molte decisioni, mostrando sempre un grande senso pratico.
Con due genitori così, Caterina non poteva essere da meno. È una figlia attiva, che con la sua professione lavora soprattutto con gli umili, con chi è in difficoltà: che siano immigrati o connazionali, dove c’è bisogno lei è pronta a esserci.
Un trittico di personaggi forti, ai quali si affiancano amici e compagni che rappresentano il bello e il buono di gente che sa darsi da fare, senza mai perdersi d’animo.
Il caso poliziesco viene sviluppato dall’autore nel modo più classico del genere investigativo: raccolta prove sulle scene del crimine, ricerca di indizi, audizioni con possibili testimoni e persone informate sui fatti, attenzione alle prove scientifiche e alla psicologia di coloro che orbitano intorno al morto, senza mai dimenticare la vittima stessa.
L’indagine procede così per gradi, con un ritmo che si mantiene sempre su un andante con brio, inframmezzato alle situazioni più personali del protagonista che, in un modo o nell’altro, sono comunque legate al caso. Grazie alla narrazione in prima persona dalla voce del commissario, si rimane sempre dentro l’azione, nei ragionamenti, nei vicoli ciechi come nelle piccole conquiste che porteranno alla soluzione.
“Resa dei conti” parla di ideologia, di politica e intrallazzi, ma soprattutto è un’opera sui rapporti famigliari, quelli che funzionano e quelli che mostrano distonie complesse. È un romanzo umano, che scatena emozioni e fa pensare, tanto, sulle ragioni dei crimini. Forse sono proprio le vittime, quelle che non smuovono l’empatia: sono persone grette, avide, egocentriche, lo dice lo stesso commissario che stavano antipatiche a tutti.
Come in “Titoli di coda” anche “Resa dei conti” si sofferma su legge e giustizia, che non sempre vanno a braccetto, in una dimensione dove chi è colpevole non ha per forza un’anima nera e chi muore non è sempre un santo.
Bello il messaggio di cui le pagine sono intrise: nonostante i tempi brutti e duri, non bisogna mai perdere la speranza, perché ci sarà sempre da fare per chi ha volontà.
Il commissario Charitos è protagonista di una serie di romanzi che, sebbene siano legati e procedano in evoluzione sul piano delle relazioni personali, si possono leggere in maniera indipendente, trattando comunque casi sempre nuovi.
Petros Markaris, armeno naturalizzato greco (88 anni), è anche drammaturgo, sceneggiatore e traduttore. Parla e scrive in greco, turco e tedesco e ha all’attivo numerose opere tra libri e film.
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Articolo protocollato da Tatiana Vanini
Libri della serie "Commissario Kostas Charitos"

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