La grande scrittrice canadese Rebecca Godfrey, prematuramente scomparsa a cinquantacinque anni nel 2022, con questo libro ci ha lasciato una coinvolgente e appassionante narrazione, che possiede tutte le componenti del romanzo thriller ma che, purtroppo, romanzo non è. Questo libro racconta una storia tragica e vera, accaduta in un quartiere di lusso di Victoria, nella Columbia Britannica, Canada, nel novembre del 1997.

Il giorno 14 di quel mese e di quell’anno, Reena Virk, quattordicenne figlia di un’agiata famiglia del posto, non fece ritorno a casa. Subito furono avviate estese e accurate ricerche con squadre di poliziotti, volontari, cani molecolari, sommozzatori, elicotteri. Ma furono necessari otto giorni per ritrovare il suo cadavere in un canneto lungo un fiume. L’autopsia rivelò che la morte risaliva alle ore stesse della scomparsa e che il decesso era stato causato da percosse, quasi un linciaggio. La comunità di Victoria, borghese, prospera, orgogliosa del proprio benessere e della tranquillità che circondava la propria vita dorata, rimase sconvolta. Ma ben più  atroce e dilaniante fu scoprire, dopo rapide indagini, che ad uccidere Reena non era stato un bruto di passaggio, un estraneo, bensì un gruppo di suoi coetanei, appartenenti, almeno in parte, alla stessa gioventù dorata e privilegiata di cui era componente la povera vittima. Il movente dell’orribile omicidio? Sostanzialmente nessuno: la noia, l’indifferenza, il sadismo che spesso si nasconde sotto l’anaffettività figlia di un benessere avulso da ogni valore morale, etico, umano. Reena era stata uccisa per gioco, per divertimento, per ammazzare il tempo.

Quando questa mortificante verità emerge dalle cronache, Rebecca Godfrey, allora ventinovenne scrittrice e giornalista, comincia a farsi mille domande. Un’atrocità di questo livello, un crimine così assurdo e immotivato non possono rimanere senza una vera risposta, bisogna capire, approfondire, immergersi in quella realtà così intrisa di dolore e insanità. Rebecca si reca sul posto, esamina i luoghi, incontra la gente, fa domande, riesce anche a intervistare gli autori dell’assassinio. Balza agli occhi, a questo punto, l’inquietante parallelo con il capolavoro di Truman Capote “A sangue freddo”, uno dei romanzi di maggior successo del ‘900. La dinamica è la stessa: uno scrittore, colpito da un atroce fatto di cronaca decide di indagare sulle sue ragioni profonde e va sul posto per immergersi in quella realtà sociale che ha partorito un crimine così orrendo e privo di un movente razionale. Ma la similitudine si ferma qui: la strage di una famiglia benestante del Kansas nel 1959, su cui scrisse Capote, fu compiuta da due giovani delinquenti sbandati, che non conoscevano le vittime e fu frutto di un fallito tentativo di rapina, condotto in modo idiota e crudele. Reena invece è stata assassinata dai suoi amici, da ragazzi e ragazze che la conoscevano bene, coi quali era solita trascorrere il suo tempo, giovani benestanti non rifiuti della società e in un contesto ben più evoluto e civile come il Canada di fine anni ’90, rispetto al sud agricolo degli States anni ’50.

La Godfrey dunque si cala nel profondo della tragedia, soprattutto parlando con i giovani autori del crimine, finendo col svelarne il vuoto esistenziale, l’abissale assenza di riferimenti e di valori che hanno portato a fare della gratuita e immotivata crudeltà verso un essere inerme, un’occasione di diletto e di piacere. Possiamo considerare allora questo romanzo/saggio sulla crudeltà, come una sorta di aggiornamento del magistrale lavoro di Truma Capote, dal quale apprendiamo che la violenza antisociale non nasce necessariamente dall’emarginazione, dalla miseria, ma anche dal benessere, dall’eccesso di appagamento se non alimentato da cultura, formazione, trasmissione di valori. In fine il lavoro della Godfrey ci guida validamente nell’interpretazione dei, purtroppo, sempre più frequenti fatti di cronaca odierna che testimoniano di una crescente casistica di episodi di disumana violenza irrazionale, insensata, fine a se stessa.

Il libro che alterna lo stile fiction alla tecnica di inchiesta giornalistica, consente una lettura avvincente, scorrevole, spesso emozionante.

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La notte rossa. Una storia vera
  • Godfrey, Rebecca (Autore)

Articolo protocollato da Fausto Tanzarella

Fausto Tanzarella è nato a Taranto nel 1951, dal 1975 vive a Siena; laureato in giurisprudenza ha lavorato nei servizi legali di un istituto di credito. Editore, pubblicista e scrittore, è autore di una serie di romanzi gialli ambientati nella Siena del XIV secolo: “I giorni del corvo” 2009; “Un’ombra nera”, 2011; “Il codice dei corpi”, 2015; “Affresco” 2017 e da ultimo, nel novembre 2021, “Prigionieri del sangue”; tutti editi dalla Pascal Editrice. Tanzarella ha pubblicato anche due gialli di ambientazione moderna: “Via delle Vergini” (Mauro Pagliai editore) con il quale è risultato finalista nel premio letterario “Garfagnana in giallo” 2014 e il “Il cerchio del fantasma”, Oakmond Publishing, 2018.

Fausto Tanzarella ha scritto 56 articoli: