Dopo aver recensito qualche giorno fa il suo ultimo romanzo Mediterraneo nero (Mursia), ospitiamo oggi al Thriller Café Gian Luca Campagna. Ecco quanto ci siamo detti…

Ciao Gian Luca, benvenuto al Thriller Café. Quanto sei stato influenzato dalla tua formazione e dalla tua professione nello strutturare questo romanzo?

È una domanda che mi pongo per ogni romanzo. A volte mi chiedo quando finisca il giornalista e quando cominci lo scrittore, poi però mi accorgo che tutto parte dalla divina curiositas. Senza di lei sarei nulla, non ci sarebbe stato il giornalista ieri e non ci sarebbe il romanziere oggi. La curiosità resta la molla che ti spinge a intraprendere un viaggio, fisico o interiore, a battere un sentiero che credevi non avresti mai percorso, a conversare con sconosciuti in un pub alla periferia del mondo: il desiderio di conoscenza è quello che ti spinge ad andare oltre le colonne d’Ercole. E da qui poi collego la divina curiositas con la ricerca ontologica, rifacendomi a una frase totemica di Ignazio di Loyola che influenza tutti i miei scritti: ‘Tomo modo para buscar la voluntad divina’, cioè ogni mezzo e strumento per ricercare la verità, che se ci pensiamo è la mission del cronista e non soltanto dei personaggi più o meno immaginari che vivacizzano le architetture narrative.

Dagli esordi a oggi: cosa è cambiato in te come scrittore?

La voglia di cambiare. La continua voglia di cambiare è una sorta di marchio di fabbrica interno che mi obbligo a seguire; lo faccio perché così stimolo me stesso a migliorare, a non fossilizzarmi o ad appiattirmi, quindi per migliorare il mio metodo di narrazione e seduzione verso il pubblico studio, leggo, viaggio, mi confronto, mettendomi sempre in discussione. Questo, credo che inevitabilmente poi accade anche ai miei protagonisti, sono rosi dai dubbi, hanno un demone socratico molto dinamico che li anima, che li spinge a raggiungere quella linea dell’orizzonte che molti vedono come traguardo mentre per loro (e per me) non è altro che uno stop and go. La ricerca continua di risposte alle domande ti lascia il senso dell’inquietudine e lo fonde con lo stato del desiderio: quelli sono i punti di partenza, che poi sono anche punti di arrivo e di ripartenza.

Hai avuto in mente casi di cronaca o persone reali?

Sono partito dalle navi a perdere, quelle vecchie carrette del mare che negli anni ’80 e ’90 la criminalità organizzata, i corrotti colletti bianchi e i servizi deviati dello Stato autoaffondavano lungo le coste italiane in un sofisticato disegno criminale ed economico, seppure la pratica era diffusa anche lungo le coste atlantiche. Avevo dei ricordi neanche tanto vaghi da ragazzo che ho conservato con me, le ricerche sul web hanno fatto il resto, qualche reportage mi è stato molto d’aiuto e poi ho viaggiato: nel romanzo tocco tanta Italia, e ho provato a riportare nelle pagine odori, armonie, sapori, colori, creando un affresco per poi catapultarci dentro il lettore. Il protagonista, il giornalista Francesco Cuccovillo, dà la caccia a un cargo misteriosamente sparito col suo carico, la Quadrifoglio Rosso, il cui nome evoca la Jolly Rosso mentre per rotta segue l’itinerario della Eden V, spiaggiata sulle coste del Gargano.

Nei ringraziamenti rendi omaggio a noti autori quali De Cataldo, Izzo e Carlotto. Vi sono anche altri scrittori, registi o specialisti che ti hanno ispirato?

Chiunque mi ispira. Anche la cameriera del bar all’angolo che mi serve il caffè e si sfoga con un cliente. Osservo e registro ogni cosa, poi è chiaro che ci sono delle letture che ti aprono i sentimenti, le mostre pittoriche e fotografiche mi stimolano particolarmente la creatività letteraria, al pari di alcune pellicole cinematografiche. Quentin Tarantino, i fratelli Cohen, Sergio Leone, Mario Monicelli sono maestri della narrazione visionaria: rimbalzano un’immagine che è capace di evocarti altre storie, all’infinito. Tra gli scrittori, al di là di quelli che ho ringraziato perché c’è un motivo diretto, la mia scrittura deve moltissimo a Manuel Vázquez Montalbán, a Guillermo Saccomanno, Niccolò Ammaniti e a Hunter Thompson. Ma se mi concedete un’altra pagina l’elenco potrebbe continuare…

Qual è la cosa che i lettori potrebbero apprezzare di più nel romanzo e perché?

La ricerca della verità. Sin dai primi romanzi ho sempre ripetuto come un mantra la frase di Bertold Brecht ‘Chi non conosce la verità è un ingenuo, ma chi la conosce e la chiama bugia è un criminale’. Ecco, lo scrittore ha un compito e dovere morale verso la società: farti vedere quello che tu non vedi, farti prendere coscienza, contribuire a crearti quel flusso di coscienza che non deve mai smettere di crescere. E lo deve fare attraverso l’arte: l’artista astratto uruguagio Carlos Páez Vilaró in questo è un punto di riferimento, l’artista deve far vedere al pubblico quello che non scorge, ma è anche vero che si deve pretendere di far vedere al pubblico quello che tu non vedi: in questo modo l’osmosi è continua, al pari del flusso di coscienze, esperienze, sentimenti. La letteratura può e deve contribuire a migliorare la società, farci vivere in un mondo più giusto, la narrativa non è solo evasione ma è anche formazione. È anche questo un modo per alzare l’asticella delle nostre produzioni letterarie e stimolare un pubblico sempre alla ricerca di cose nuove, distratto da tante offerte e da tante offerte usa e getta. Ecco, la grande sfida di uno scrittore è costringere un lettore a fermarsi per riflettere.

Il protagonista ha tic e abitudini simpatiche, facilmente identificabili (il sigaro, la passione per il tango / jazz di Piazzolla, quasi un’ossessione nevrotica). Pensi di rendere “seriale” Cuccovillo?

Questo personaggio nasce nel 2015, quindi vede la sua fioritura a distanza di 6 anni. Non che nel tempo Cuccovillo sia cambiato ma si è reso conto che il mondo non è come l’ha sognato lui, ma lui è rimasto un idealista, mosso dal sacro furore della verità. Lui alla fine è il genitore del mio personaggio ‘seriale’, il detective italoargentino José Cavalcanti, che nasce dalla costola proprio di Cuccovillo, ma il giornalista non possiede il suo nichilismo, il suo cinismo, la sua spregiudicatezza, la sua forza, la sua profonda disperata energia, la sua disillusione verso l’amore, è un personaggio convinto che lui possa ancora cambiare il volto del mondo con i buoni sentimenti, seppure sospetta che l’inevitabile fallimento sarà la sintesi finale.

A cosa ti stai dedicando adesso?

Sto portando avanti due romanzi, sempre con José Cavalcanti protagonista. Uno è terminato e lo sto correggendo: vede il mio detective impegnato a scortare nel rally Dakar in Perù addirittura due personaggi in carne e ossa, il motociclista Nicola Dutto e lo scrittore Andrea G. Pinketts. È un romanzo metafisico, dove si respirano le atmosfere del classico realismo magico sudamericano: ecco, questo è un romanzo di buoni sentimenti, con Eros e Thanatos facce della stessa medaglia.

C’è qualcosa che vuoi dire ai tuoi e nostri lettori?

Di continuare a seguire il sito web Thriller Café, perché concede le stesse chance a ogni autore e permette ai lettori di essere aggiornati con piccole e grandi novità. E questo è un grande merito.

Grazie per essere passato al Thriller Café, e in bocca al lupo per i nuovi progetti.

Cuccovillo il lupo lo avrebbe accarezzato, Cavalcanti gli avrebbe messo il guinzaglio e lo avrebbe portato a spasso spacciandolo come guardia del corpo. Evviva il lupo!

Intervista a cura di Claudio Mattia Serafin.

Articolo protocollato da Claudio Mattia Serafin

Nato nel 1989. Autore di narrativa e saggistica (Il sangue e la sua memoria, Cortocircuito culturale), insegna deontologia giuridica e letteraria presso la Luiss. Editorialista per Formiche.net, Thriller Café, Sugarpulp e altre riviste, interviene come ospite o moderatore in numerose tavole rotonde a carattere culturale. E' appassionato di cinema e di musica soul.

Claudio Mattia Serafin ha scritto 25 articoli: