Lo abbiamo atteso per quasi due anni, ma finalmente Brian Panowich è tornato nelle librerie italiane con Hard Cash Valley, pubblicato da NN Edizioni. Ne parliamo oggi al Thriller Café.

Il romanzo si apre con un uomo che suda nell’aeroporto di Atlanta. Sta aspettando che il nastro trasportatore gli restituisca il bagaglio. Dentro alla valigia c’è mezzo milione di dollari in contanti. Solo pochi passi lo separano dalla ricchezza sfrenata, ma…

Dane Kirby, invece, sta pescando a mosca in un torrente. In una tasca dei suoi pantaloni cargo ci sono delle analisi che non ha voluto mostrare alla sua compagna. Alle sue spalle c’è una vita felice, cancellata da una pallottola di fucile .30-30. Dane è un pompiere, un esperto di incendi: si sorprende quando il nuovo sceriffo di McFalls lo convoca in montagna. Un uomo è stato freddato in una baita con due colpi di pistola alla schiena, e lì vicino è stato trovato un suo amico di infanzia, nudo e in stato confusionale.

Di lì a poco, però, Kirby viene prelevato in elicottero dall’FBI e portato ad Atlanta, per una perizia su un incendio in una stanza di motel. Dentro c’è un uomo carbonizzato, sventrato con un bastone di bambù.

Inizia così un’indagine tesa, che porterà Kirby e la scontrosa agente speciale Roselita Velazquez su strade sterrate in mezzo ai boschi, tra combattimenti clandestini di galli e gangster filippini psicopatici, alla ricerca di un bambino scomparso.

Hard Cash Valley è il terzo romanzo di Brian Panowich e fa parte della saga di Bull Mountain. Il primo libro, Bull Mountain, appunto, racconta la storia dei Burroughs, tre generazioni di banditi. Vite violente e rabbiose appese alle pendici di una montagna della Georgia, producendo prima moonshine, poi erba e infine metanfetamine.

Il secondo capitolo, Come leoni, si focalizza invece su un figlio “degenere” di questa stirpe criminale: Clayton Burroughs, che sceglie la legge e diventa sceriffo della contea. C’è poi un racconto breve, The Broken King, che non è ancora stato tradotto e chiarisce un passaggio della vita del “patriarca” Gareth Burroughs.

Con questo terzo libro, invece, Panowich abbandona i Burroughs e la montagna per spostarsi a valle. Hard Cash Valley si svolge all’ombra di Bull Mountain, ma racconta una storia diversa, indipendente.  Chi vuole, quindi, può anche iniziare da qui, perché i riferimenti ai libri precedenti sono molto sfumati e poco importanti ai fini della storia in sé.

Un po’ come Kent Haruf con la contea di Holt, o come William Faulkner con Yoknapatawpha, Panowich sta dando vita a un suo paesaggio, immaginario ma di grande potenza archetipica perché, come ha acutamente scritto Ida Bozzi sul Corriere della Sera: “L’attenzione di Panowich è tutta nel cuore dei suoi eroi e dell’America profonda. È il vecchio West, anzi il vecchio Sud, da afferrare per un lembo prima che tramonti.

Rispetto ai romanzi precedenti, Hard Cash Valley ha un carattere più “letterario”. Sia chiaro, non mancano la suspense, e neanche la violenza e i colpi di scena, ma sembra che l’autore abbia utilizzato la maggior parte delle sue energie per scolpire in profondità i personaggi. È così che Dane Kirby diventa tridimensionale, qualcuno che si ha quasi l’impressione di poter chiamare per una birra. È un uomo a cui la vita ha sbriciolato il cuore. Ma è anche un uomo che non dubita che “tutta la crudeltà e la violenza del mondo non hanno alcuna possibilità di fronte all’umile potenza di una luce lasciata accesa sulla veranda per dare a un uomo il bentornato a casa”. E sì, è quasi impossibile non volergli bene. Tra parentesi, Panowich stesso fa di professione il pompiere (dopo essere stato musicista itinerante per molti anni), quindi Kirby attinge in parte dal suo vissuto.

Intorno a lui, poi, ci sono personaggi altrettanto complessi e azzeccati: inutile mettersi a fare un inventario, ma la sua “spalla”, l’agente Rosalita Velazquez è anch’essa degna di nota, caratterizzata con grande finezza nella sua aggressività. Anche la traduzione di Matteo Camporesi merita un plauso, perché riesce a riprodurre sfumature per niente facili da rendere in una lingua diversa.

La prosa di Panowich viene spesso definita “country noir”, ma la descrizione più accurata di questo libro la fornisce lo scrittore stesso nei ringraziamenti alla fine del libro: “Questo romanzo parla di amore e perdita, e di come questi due elementi vadano spesso a braccetto”.

Se vi serve una colonna sonora per avventurarvi tra queste pagine di ombra e di luce, di amore e di morte, potete provare con le strane note, country ma non troppo, dei 16 Horsepower di David Eugene Edwards. Li trovate qui.

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Articolo protocollato da Gian Mario Mollar

Classe 1982, laureato in filosofia, Gian Mario Mollar è da sempre un lettore onnivoro e appassionato. Collabora con siti e riviste di ambito western e di recente ha pubblicato I misteri del Far West per le Edizioni il Punto d’Incontro. Lavora nell’ambito dei veicoli storici e, quando non legge, pesca o arranca su sentieri di montagna.

Gian Mario Mollar ha scritto 96 articoli: