Atlante freddo – Luigi Bernardi
Luigi Bernardi è un autore di culto per gli appassionati di gialli, fumetti e letteratura di “frontiera”. Scrittore, saggista, editore, attivo nella scena bolognese dalla seconda metà degli anni settanta del Novecento, ha lanciato molti autori che oggi sono personaggi autorevoli. Per fare solo due nomi Carlo Lucarelli e Pino Cacucci. E ha sdoganato la crime fiction all’italiana, collaborando a lungo con Loriano Macchiavelli e insistendo su una pista che allora era considerata ancora di nicchia. Bene ha fatto quindi Rizzoli a ripubblicare il suo “Atlante freddo”, sottotitolo “Trilogia criminale”, pubblicato originariamente nel 2006 e ambientato alla fine degli anni novanta del secolo scorso.
Il romanzo è preceduto da un’interessante introduzione di Tommaso De Lorenzis, che racconta chi era Luigi Bernardi dal suo punto di vista, esaltandone la vicenda di “marginale creativo”, sempre ai limiti e sulla frontiera, mai appagato, odiatore del successo. Una disamina completa di quanto scrive De Lorenzis, che scava anche in profondità nel mondo del giallo e del noir italiano, ci porterebbe lontano e non è questa la sede per farla. Ma, a chi legge Thriller Café, varrà la pena tenere a mente questo breve spunto. Un po’ per mettere in discussione le proprie certezze, un po’ per confermarle di fronte a una punta di “ipernichilismo” che muove la penna di Tommaso.
Luigi Bernardi è uno straordinario narratore. Raffinato. Suadente. Tagliente. Non ama gli svolazzi e le descrizioni ampollose, ma preferisce far parlare direttamente i fatti delle sue storie. Descrive scarnamente i luoghi dell’azione e i protagonisti. Le tre storie che compongono “Atlante freddo” sono l’essenza della sua poetica anche per la trama: estreme, nette, chiare fino quasi all’eccesso. Nel primo capitolo della trilogia, una banda improvvisata di giovani “banditi”, di cui fa parte anche la giovane Chiara, rapisce la figlia di un imprenditore di successo, legato a traffici poco chiari. Siamo a Bari, ma nello stile di Bernardi potremmo essere ovunque. Non c’è spazio per il calore del contesto e della normalità (per questo l’atlante è freddo).
Le tre storie mantengono nel personaggio di Chiara un anello di congiunzione. Attraverso i suoi spostamenti viene ripercorso il Paese da Sud a Nord. Dopo Bari, Chiara si sposta infatti a Bologna e quindi a Torino. A Bologna, Chiara incrocia un losco personaggio, Benfenati, amante delle armi e dedito al commercio di minutaglie vendute per strada da bambini e immigrati irregolari, mentre a Torino si imbatte in Abdellah, che vuole controllare con ogni mezzo il business dei call center per stranieri e trova sulla sua strada i ragazzi dei centri sociali e un gruppo di ex-terroristi molto agguerrito.
Bernardi ci mette di fronte al crimine nella sua cruda naturalità. Non esiste la razionalità dell’investigazione e la figura, calda e rassicurante, di un commissario nel quale identificarci e, in fondo, anche consolarci rispetto alla tragicità degli eventi. Le persone sono rappresentate in tutta la loro bestialità, completamente prive di un quadro di relazioni sociali. Si potrebbe quasi dire che siamo di fronte allo sguardo di un etologo, più che di uno scrittore. Immortalato nella sua animalità, l’essere umano si abbandona ai suoi istinti e, talvolta, fa emergere anche i suoi sentimenti. Solo da questo può derivare una minima consolazione. Sullo sfondo, la massa informe della folla, che si muove come un branco e i cui istinti, spesso in particolare quelli più deteriori, sono abilmente manovrati da pochi geniali guidatori, che operano unicamente a proprio vantaggio. Esemplare in questo senso è l’illustrazione delle dinamiche dell’informazione, attualissima.
Uno sguardo di ghiaccio, quello di Bernardi, che ci lascia un po’ attoniti, ma che sicuramente ci fa pensare. Uno sguardo che non concede molto alla speranza, ma che in fondo, a ben guardare, tiene sempre accesa un piccola fiammella. Nelle pieghe delle vicende narrate nella sua trilogia, a volte in modo non troppo manifesto e chiaro, si intravede la possibilità che le cose possano andare diversamente da come ci si era immaginati prima (c’è un libro per esempio che rimane “vivo” nel romanzo insieme a Chiara): “dopo ogni arrivo, c’è una nuova partenza, bisogna dosare le forze, pensare che c’è un dopo, qualcosa del genere” dice Chiara a un certo punto. Ed è proprio questa prospettiva a darci il gusto di esplorare nuovi territori.
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