Buio d'estate - Mons KallentoftA circa un anno di distanza dal fortunato esordio di Sangue di mezz’inverno, torna in libreria in Italia Mons Kallentoft: recensiamo oggi Buio d’estate, il suo nuovo thriller che vede di nuovo protagonista l’ispettrice Malin Fors.

Titolo: Buio d’estate
Autore: Mons Kalletoft
Editore: Nord
Anno: 2011

Trama in sintesi:
Io… mi chiamo… Josefin Davidsson. E’ l’unica frase che riesce a pronunciare quella ragazzina quindicenne, trovata nuda nel parco. Vagava senza ricordare nulla di ciò che le avevano fatto, aggredita e violentata. L’ispettrice Malin Fors, guardando gli occhi spenti di Josefin, pensa a sua figlia della stessa età e si immedesima nei genitori che riceveranno la gravosa notizia.
Sa che deve cercare i colpevoli e riscattare quel corpo che ancora deve trasformarsi in una donna adulta. Sa anche che il suo futuro è già compromesso.
Ma nel giro di pochi giorni, Theresa Eckeved, anch’essa adolescente, scompare nel nulla e quindi viene ritrovata morta, sepolta sotto la sabbia, vicino al lago di Linkoping, città della Svezia meridionale. Le indagini si concentrano principalmente su alcuni extracomunitari, accusati in passato di stupro, ma anche su una comunità lesbica, a seguito di segnalazioni sulla presunta aggressività di alcune donne.
I media sono subito pronti ad accusare il corpo di polizia di razzismo e di intolleranza verso le diversità, aumentando i disagi e le tensioni di un’indagine così delicata, sullo sfondo di un caldo torrido che scioglie l’asfalto e le idee..

Un libro incentrato sul rapporto genitori/figli adolescenti, in cui Mons Kallentoft pone al lettore alcune domande fondamentali: “Sei sicuro di sapere cosa fa in questo momento tuo figlio? Sai chi frequenta? Sai dove va?”
L’adolescenza è il periodo peggiore, forse, nella vita di una persona. E’ il momento in cui si prende consapevolezza della propria coscienza e del proprio carattere. Si tende a nascondere ai genitori il primo amore, le prime sigarette, i propri stati d’animo. Si contesta ogni frase detta da un adulto o, al contrario, ci si chiude dietro un muro di silenzio che comporta la difficoltà d’interpretare questi segnali. Un genitore può solo avere molta pazienza, ma l’amore fa superare ogni difficoltà. Anche se non è sempre tanto facile.
Così, quando Josefin Davidsson viene violentata e trovata nuda all’interno di un parco di Linkoping, in Svezia, e Theresa Eckeved scompare, ci si rende conto di quanto poco si sappia di loro, con chi passino il tempo, dove e con chi vadano.

Si dice che i bambini rappresentano un passaggio di consegne, che ora bisogna lasciare il posto a loro: li si mette al mondo e si mette il mondo nelle loro mani. I bambini rappresentano un’ascesa, il sentimento che ci fa capire che noi esseri umani siamo una cosa sola. Il bambino è il primo portatore di questo mito. Il bambino vero, quello sono io.

Così il padre di Theresa esprime la sua disperazione.
Le ragazzine hanno la stessa età della figlia di Malin Fors, ispettrice anticrimine che insieme a Zacharias Martinsson (soprannominato Zeke) indaga su questi due crimini, all’apparenza due atti distinti, ma che avranno dei risvolti inimmaginabili.
Gli indizi si diramano soprattutto verso chi, in passato, ha commesso lo stesso crimine ed è come scoperchiare un bidone di marciume, che stordisce per la violenza contenuta. L’amara consapevolezza per i poliziotti è che la loro missione è estirpare e far rinascere: ”..la violenza e la sofferenza gli danno lavoro e quindi in un certo senso gli mettono allegria (…) Uno di quei sentimenti senza nome che prima o poi tutti i poliziotti provano, di quelli che non ti fanno sentire a posto con la coscienza (…).

Stupro.
E ti metti in moto.
Delitto.
E ti accendi di entusiasmo.

Originale, da parte dello scrittore, il dialogo tra le vittime – imprigionate in una sorta di limbo dove attendono che venga fatta loro giustizia – e i viventi, genitori e forze di polizia.
Kallentoft punta il dito su altri temi scottanti, quali la razza e l’omosessualità e ci racconta come, solo per pregiudizi o modi di dire, ci si possa far condurre verso una pista sbagliata. Solo lasciando alle spalle i preconcetti e liberando la mente si può arrivare ad essere liberi.
Il ritmo del romanzo è incalzante e le frasi brevi e incisive. Sicuramente uno stile vincente anche se, come già scritto in merito ad altri scrittori del Nord, noto una certa ripetitività di argomenti come lo stupro o la violenza, e credo sia un campanello di allarme che ci dovrebbe far riflettere sulle condizioni di questi Paesi, da sempre decantati per la libertà sessuale, che al contrario nascondono molte contraddizioni.

Se comunque avete già letto il precedente romanzo di Kalletoft saprete già se il suo stile e le sue storie fanno per voi o meno; nel caso invece non conosciate questo autore e vogliate saperne di più, vi segnalo l’intervista che ci ha concesso lo scorso settembre.
Se poi qualcuno ha già letto Buio d’estate e vuole condividere con noi il suo parere, ovviamente sarà ben gradito!

Articolo protocollato da Cecilia Lavopa



Cecilia Lavopa ha scritto 12 articoli: