riccardi“La vita non torna indietro ad offrirti di correggere uno sbaglio. Lei è già altrove, a decidere per qualcun altro, che come te, si crede eterno ed è solo l’ennesimo granello nella polvere del tempo. La vita non torna indietro, non lo fece neppure quel giorno.”

Diciamo chiaro e subito che “Venga pure la fine” di Roberto Riccardi è veramente un buon libro.
Ritorna il tenente dei Carabinieri Rocco Liguori e per chi l’ha amato nel precedente Undercover, è un piacevole ritrovarsi. Questa volta però, a differenza del precedente romanzo, il nostro protagonista non gira mezzo mondo, infiltrandosi nelle organizzazioni criminali. Non ha rapporti con  ndrangheta, droga, soldi. Non ha un’indagine con momenti di tensione altissima con una sequenza di colpi di scena imprevisti e continui. Questa volta Rocco Liguori, in Venga pure le fine torna più maturo, con una personalità più definita, melanconica, esperta e completa.  L’irruenza, l’impulsività, l’inesperienza, gli ideali ed anche gli stessi sogni presenti in Undercover, lasciano il posto a un uomo  ragionevole, e quieto, in continua analisi con se stesso e la propria coscienza; in lotta contro i fantasmi del suo recente passato di quando era in servizio durante il conflitto nell’ex Jugoslavia. L’indagine lo costringe a rielaborare le sue presunte colpe o responsabilità professionali, e lo inchioda a rivivere il suo vissuto con la maturità del tempo trascorso. Ma la rielaborazione è generale e tocca anche le corde del cuore perché Liguori rincontra Jacqueline, la bellissima funzionaria della Croce Rossa che a suo tempo e a suo modo ha amato e forse ama ancora. Ricordi e riflessioni ad ampio raggio sia di natura personale che politica popolano i pensieri del tenente Rocco Liguori, ma nel frattempo l’indagine prosegue, gli intrighi di potere aumentano, la politica sporca fa sentire il suo peso, e le situazioni s’ingarbugliano  più del solito, finché Liguori è costretto a rischiare nuovamente la sua vita, nell’incalzare del tempo e del ritmo dell’azione che nelle ultime pagine diventa di notevole spessore letterario.

Personalmente ho apprezzato tantissimo questa evoluzione introspettiva del protagonista, rispetto al suo romanzo d’esordio, e soprattutto sono rimasto affascinato dallo stile di Roberto Riccardi che ho trovato più maturo, curato, riflessivo e, mi si consenta di usare anche il termine, “delicato”. Le molte e brevi riflessioni raccontate in prima persona durante tutto il corso della storia, a me non hanno dato l’idea di spezzare il ritmo dell’indagine o dell’azione stessa, e le ho amate molto, dato che oltre ad essere piuttosto belle e mai inopportune, hanno dato uno spessore umano e disincantato al protagonista;  ma ho potuto godere di questa lettura solo perché ho cercato di vivere Liguori nel suo contesto presente e passato, senza farmi influenzare dalla sua precedente fisicità espressa in “Undercover”. Ho voluto vivere il protagonista nella sua elaborazione, nel suo travaglio interiore o meglio, nella sua crescita mentale e credo siano queste le giuste basi per godersi un thriller atipico, con un Roberto Riccardi a volte superlativo.

Mi si consenta anche una breve battuta contro l’esterofilia imposta dai supermarket dell’editoria, e dai supercritici e supertecnici prezzolati: se aveste letto lo stesso libro, con lo stesso titolo, credendolo scritto da un autore americano o svedese,  magari con un bel nome tipo Donald, Peter, John al posto del nostro classico Roberto, vi sarebbe piaciuto lo stesso? Io dico di sì e anche molto e magari, poi, dopo aver buttato a terra come di consueto la produzione letteraria italiana, avreste consigliato la lettura di questo straniero di turno. Leggiamo italiano, gente. Meditate.

Articolo protocollato da Ivo Tiberio Ginevra

Scrittore giallo noir - Ornitologo - Giudice esperto FOI (Federazione Ornicoltori Italiana) specializzazione Ibridi, Esotici, Indigeni. Fondatore della casa editrice “I Buoni Cugini editori“.

Ivo Tiberio Ginevra ha scritto 73 articoli: