Un passato da spia – John Le Carré
Mondadori pubblica, nella collana Omnibus, Un passato da spia, di John Le Carré. Il volume è uscito in lingua originale nel 2017 con il titolo di A Legacy of Spies ed è il ventiquattresimo romanzo dell’autore inglese, che a ottantasei anni ha ancora molto, molto da dire sullo spionaggio e riesce a farlo con una freschezza che ha dell’incredibile, giocando fra presente e passato e quindi fra quello che era il mondo allora e quel che è diventato adesso.
Una nuova opera di John Le Carré è già di per sé, automaticamente, una grande notizia, ma se aggiungiamo il fatto che si tratta di un titolo nel quale spunta nuovamente George Smiley beh, allora la notizia diventa epocale e ci obbliga ad abbandonare qualsiasi altra lettura per divorare Un passato da spia.
L’ultima volta che abbiamo avuto notizie di Smiley è stato nel 1990 con Il visitatore segreto: sono passati più di ventisette (!!!) anni, come diavolo farà Le Carré a presentarci nuovamente l’agente segreto più famoso del mondo (ok, ok, il più famoso insieme a quell’altro tizio, quello che s’ingozza di vodka martini agitato e ha un po’ più di successo con le donne)?
Semplice: ce lo presenta come un centenario. Un vecchietto che non è ancora rimbambito e che anzi, è riuscito a perdere, nel corso degli anni, un po’ di angoscia e amarezza ed è diventato un tifoso dell’Unione Europea, quasi a volersi accomiatare su note più positive.
E Un passato da spia sembra, in effetti, un commiato, scritto con grande lucidità e con il solito, alto stile al quale ci ha abituato l’autore: un passaggio di testimone a chissà chi, da parte dello scrittore che più di tutti è riuscito a trasformare la spy story come specchio e indagine sul post-imperialismo e sulle sue conseguenze.
Ma non è tanto Smiley il protagonista quanto Peter Guillam, suo collega e discepolo e, in questo caso, anche alter ego dell’autore: entrambi si sottopongono a un autoesame e autocritica della loro vita e carriera, così come accaduto a John Le Carré anche nella biografia scritta da Adam Sisman, risalente al 2015.
Per chi vi scrive, la verità è una domanda, non una risposta, e alla fine di questo esame retrospettivo ci sono più dubbi, esitazioni e quesiti che certezze, ed è giusto così.
I commiati presuppongono anche un passaggio di testimone e di metodi, lo si vede anche in Un passato da spia, con un Guillam talvolta insofferente davanti alla mole di documenti e dati, quando un tempo si era forse abituati a un maggiore tasso di azione.
Lo stesso Guillam che, con azzeccata intuizione creativa, a inizio storia viene convocato tramite lettera e non per e-mail.
Ma lo spionaggio odierno, ce lo dimostrano la cronaca e le rivelazioni più o meno volontarie, è fatto di un enorme flusso di dati, è anche in questo l’ottantaseienne si dimostra ancora lucidissimo nello scorgere i mutamenti e applicarli inesorabilmente.
E allo stesso modo, il nostro pianeta non è più quello della Guerra Fredda: cambiano gli attori, gli equilibri di potere e i metodi con i quali questo potere viene mantenuto, usurpato, controllato, gestito, distribuito, infine spiato. I nuovi agenti sono diversi da quelli di un tempo. Non migliori o peggiori, soltanto creature diverse, che si pongono domande differenti.
Chi sarà l’erede di John Le Carré, così come di George Smiley, lo lascio decidere a voi lettori, che invito però ad acquistare questo romanzo e studiarlo, proprio per avere in libreria l’anello di congiunzione fra passato, presente e futuro della spy story.
Vi lascio con qualche cenno di trama di Un passato da spia, che per certi versi può essere considerato una sorta di prequel di quanto accaduto nel capolavoro assoluto La spia che venne dal freddo.
Da anni ritiratosi dall’attività spionistica e tranquillamente in pensione nella sua tenuta in Bretagna, Peter Guillam viene improvvisamente convocato nel quartiere generale dell’Intelligence, a Londra. Il fedele collega e discepolo di George Smiley è interpellato riguardo alcune operazioni di spionaggio condotte a Berlino Est durante la Guerra Fredda, operazioni che coinvolgono agenti del livello di George Smiley, Alec Leamas e Jim Prideaux.
Nel corso di una di quelle missioni Alec Leamas e Liz Gold morirono sacrificandosi, ma ora il loro figlio vuole una indagine sui fatti, in cerca di giustizia, o di vendetta. E i nuovi vertici dell’M16 non hanno la mentalità dei precedenti e non conoscono nemmeno bene i fatti: ecco perché Guillam dovrà scavare nella memoria e nel passato, tanto faticosamente quanto dolorosamente, in una ricerca di verità che è anche scontro e confronto fra vecchi e nuovi agenti, fra Guerra Fredda e nuovo ordine mondiale.
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