Non c’è nulla da dire: Paola è una vera forza della natura. Briosa, esplosiva, trascinante senza mai eccedere o uscire dal suo posticino nel mondo, oggi in libreria presenta la sua ben terza versione scritta.

Dopo le Squinzie di cui pubblica le avventure coi Fratelli Frilli e molte apparizioni in varie raccolte di racconti (tra cui le antologie in noir sempre con gli editori genovesi e quelle lacustri di Ambretta Sampietro – a breve sui nostri schermi) eccola tornare con due nuovi personaggi per Todaro.

Sono Pino e Marietto, il primo un ginetto buono, un po’ tocco, un po’ indrìo di comprendonio, l’altro virile e gommista, di stanza al bar William (si pronuncia con la V di Verona) a bersi non uno spritz (quello ve lo fate servire a Verona) ma due belle biciclette, che poi sono lo stesso aperitivo ma come lo si chiamava a Milano nei tempi in cui non c’era la movida e al bancone- se andava bene- coi bicchieri arrivavano due patatine cada avventore… e guai a dire che non si ordinava Niente, perché il papà del Viliam produceva un intruglio casalingo di erbe a cui aveva dato proprio quel nome per evitare scrocconi nel suo bar.

E che ritorno, per la Varalli… che si è vinta un bel po’ di premi con questo suo Tira, Molla e Messèda che non significa Tira molla e mi siedo, come uno sprovveduto Mazzavillani ipotizzava a Risolto Giallo), bensì qualcosa come tira il can per l’aia.

In effetti di catseggio in questa storia così retrò ce n’è parecchio, complice quella vita di quartierino che si viveva in quegli anni, quando a Milano la zona di via Paolo Sarpi non era ancora (troppo) Chinatown, ma il Borg de Scigulatt o degli Ortolan, perché lì era tutto un coltivare (forse anche quel glicine straordinario recentemente oggetto di attentato) e le persone trovavano sempre il tempo per quattro cicere al bar, rigorosamente in dialetto. E c’era più attenzione gli uni per gli altri, forse perché si correva meno, si guardava di più e si ascoltava il giusto, anche quando arrivava una richiesta di aiuto.

Questo accade al Pino, destinatario attonito di un pacchetto postale contenente una cassetta che pare aver registrate le voci degli alieni e che invece nasconde un message in a bottle tipicamente di Save our souls. E lui – o meglio- lui, il virile e gommista e la loro amica Edmonda de Amicis, una uoma – troncia che guida il Trotter Guzzi e fa la buttafuori nei locali notturni, con l’orecchio vigile e attento del Villiam, incaricato di alleviare le arsure che indagare comporta alla gola- si butta a capofitto nell’inchiesta sino ad un happy end degno di un happy hour che, per fortuna, all’epoca si chiama ancora aperitivo.

Non va detto altro perché questo romanzo è una mattina di pioggia cristallina che non infreddolisce ma anzi, ti rallegra l’anima, ti fa tornare indietro ad un’epoca che molti di noi, sia pur all’epoca bambini o ragazzi, hanno visto e vissuto e poi hanno registrato il suo declino, stroncata dal clamore e dal fragore di tante altre cose, arrivate dopo, dal compiuter (con la i, me racumandi) in su. Ma in fondo la rimpiangono. Delizioso. Semplice. Fresco. Eppur giallo. Bello.

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Tira mòlla e messèda. Le indagini del Bar William
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Articolo protocollato da Alessia Sorgato

Alessia Sorgato, classe 1968, giornalista pubblicista e avvocato cassazionista. Si occupa di soggetti deboli, ossia di difesa di vittime, soprattutto di reati endo-famigliari e in tema ha scritto 12 libri tra cui Giù le mani dalle donne per Mondadori. Legge e recensisce gialli (e di alcuni effettua revisione giuridica così da risparmiarsi qualche licenza dello scrittore) perché almeno li, a volte, si fa giustizia.

Alessia Sorgato ha scritto 103 articoli: